Voto: 
7.6 / 10
Autore: 
Corrado Penasso
Genere: 
Etichetta: 
Regain Records
Anno: 
2009
Line-Up: 

 
- Micke Jansson – Voce
- Johan "UFO" Bohlin – Chitarra
- Richard Cabeza – Basso
- Peter Stjärnvind – Batteria
 

Tracklist: 

 
1. Ascend With The Stench Of Death 01:49 
2. Retribution In Blood 06:43 
3. The Endless Beyond 05:50 
4. Diabolic Voices 04:52 
5. In The Light Of Darkness 04:52 
6. The Unconquered One 03:36 
7. Enemy Of The Sun 05:48 
8. Serpent's Curse 04:44 
9. Death To Life 05:22 
10. Strategia Luciferi 02:10 

Unanimated

In the Light of Darkness

I veri amanti del vero death metal melodico di scuola svedese staranno per svenire, lo so già. Il ritorno di un gruppo come gli Unanimated è una cosa che non si poteva prevedere e non si poteva programmare, poiché tutto sembrava morto e sepolto. A distanza di quattordici anni dal loro grandioso Ancient God of Evil, i nostri padrini dello stile che univa la rozzezza e la cattiveria del death/black alle melodie del metal classico, sono tornati. Sembra incredibile, ma è vero e, in più, lo hanno fatto con un album a dir poco grandioso. In The Light of Darkness ci prende per mano e ci riporta indietro, fino alla metà degli anni 90. Tutto allora era in fermento in Svezia, poiché il fascino del mettere insieme dei generi apparentemente così distanti non stava spaventando più e persino gruppi come Centinex e Dismember ne furono affascinati, nonostante la loro attitudine che non sembrava dover mai strizzare l’occhio verso le innovazioni. Famosissima fu la svolta melodica di Massive Killing Capacity se parliamo dei primi, per poi non dimenticare Reflections per i secondi. 

La Svezia allora cominciò letteralmente a pullulare di bands che volevano unire la melodia alla brutalità. I maggiori esponenti si potevano rintracciare nei Gates of Ishtar, Sacramentum, The Moaning, Eucharist, Cardinal Sin e non ultimi, gli immortali Dissection. La vena gelata e dissacrante dei riffs, sempre a metà strada tra il black e il death, si stava fondendo con punte di melodia che spesso ricalcavano l’umore stesso della band nello scrivere i brani. Paesaggi invernali, Satanismo, solitudine ed oscurità sono gli elementi essenziali per un tale approccio lirico a sostenere una musica volutamente veloce e grezza che, sorprendentemente, mostrava aperture sinfoniche o semplicemente maggiormente accessibili. Bene, quest’ultimo disco degli Unanimated ricalca tutti questi elementi sia per quanto riguarda il sound che per i testi. In queste tracce non troverete luce, poiché l’approccio degli Unanimated ha radici nell’estremo e non si lascia andare a partiture “sognanti” o elettroniche come, purtroppo, la scuola di Goteborg ci ha abituato in questi ultimi anni. I Nostri vengono da Stoccolma e qui si tratta di tutt’altra cosa.  

Le dieci tracce racchiuse in quest’ottimo lavoro hanno il solito taglio oscuro e depressivo che gli Unanimated ci proposero con i loro due precedenti lavori degli anni 90. La componente black metal è sempre importante per loro e ciò lo si può notare dall’introduzione maestosa e raggelante di Ascend With The Stench Of Death. Presto le chitarre soliste si ritagliano il loro spazio tra gli arpeggi distorti e le furiose partenze della successiva Retribution In Blood. Una cosa che mi preme segnalare è la produzione perché essa finalmente riesce a donare quel qualcosa in più in termini di potenza che gli album passati non avevano. Gli strumenti sono potenti, ma ciò non vuol dire che il gruppo si stia modernizzando, giacché lo stile e la brutalità sono rimasti al decennio trascorso e il solito taglio grezzo delle chitarre è sempre lì ad ammantarci di gelo come pochi altri riescono a fare al giorno d’oggi. La batteria è semplice nel suo stile ed anche questo fa in modo che tutto rimandi ancora una volta ad un passato in cui bastava poco, come la semplicità al fine di fare capolavori. Persino i semi-blast beats rimandano ad un’epoca di scoperte non ancora completamente ultimate e il loro stile primordiale ce lo dimostra. 

Le chitarre soliste si mescolano alla perfezione con la sezione ritmica al fine di donare la giusta carica melodica, la quale, tuttavia, non sfocia mai nell’abusato e nel commerciale. Tutto è nero e i pochi bagliori sono solamente grigi. La predisposizione epica di Endless Beyond racchiude elementi freddi ed evocativi che solo una grandiosa Diabolic Voices può battere. La voce vira costantemente passando attraverso varie sfumature di growl e scream, mentre la batteria martella senza sosta dopo l’introduzione a base arpeggiata. Qui la vera aura black si mostra maggiormente, anche se spesso le partiture soliste mostrano un tocco epico tutto particolare. I riffs leggermente più groove della title track non ci devono ingannare perché ecco che vediamo la comparsa di linee melodiche e sfido chiunque ascolti i vari Duskfall e Divine Souls a non trovarci delle somiglianze. Qui l’atmosfera è solamente più oscura, anche se la bellezza di tali sezioni rimane immutata. The Unconquered One è l’ennesima conferma della bontà di uno stile che risale ad anni fa e tuttora riesce a farci venire la pelle d’oca per il suo approccio così triste ed evocativo.

Le chitarre soliste molte volte si fanno notare maggiormente anche se la brutalità e la velocità fanno spesso capolino. Enemy of the Sun ci affascina con i suoi arpeggi e il vento nordico che spazza le piante, le fa ondulare alla luce della Luna, dallo stesso singer marchiata come l’unica luce che si possa sopportare. Le chitarre si assestano persino su melodie al limite del folk per poi sempre ricadere nella più bieca oscurità. La tristezza, la rassegnazione di un’anima votata solamente all’oscurità sono elementi essenziali per capire lo stile musicale. Serpent's Curse marca il ritorno di melodie black metal alla vecchia maniera, poi pozzo dal quale tante bands avrebbero attinto nell’immediato futuro, Dark Funeral in primis. I tremolo riffs si fanno sostenere da tempi più veloci anche se improvvisamente ricadiamo in aperture melodiche che ci stupiscono per semplicità e per come riescano a colpire nel segno. In pochissimo tempo ci si trova al cospetto di Death to Life, ovvero una lenta marcia a base di riffs dal groove sinistro e dissacrante con la voce straziante ad accompagnarci. 

Strategia Luciferi ci saluta con le note di una chitarra acustica e in sottofondo le onde del mare che si infrangono sulla spiaggia, portando con loro voci sinistre e l’immagine di eterno grigiore che avvolge un ritorno raro per bellezza e convinzione. In The Light of Darkness racchiude tutto ciò che il vero melodic death metal creò negli anni 90 e se lo tiene ben stretto, come a volere preservare un piccolo pezzo d’Eden incontaminato, in un mare di uscite discografiche che non stupiscono più anche se zeppe di innovazioni. Sovente un ritorno alle origini è essenziale, anche per l’ascoltatore e quale occasione migliore di farlo con un album targato 2009?   

 

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