Voto: 
9.7 / 10
Autore: 
Roberto Boasso
Genere: 
Etichetta: 
Century Media
Anno: 
1996
Line-Up: 

- Skoll - Basso

- Garm - Voce

- AiwarikiaR - Batteria

- Aismal - Chitarra

- Haavard - Chitarra




Tracklist: 

1. Hymne I - Wolf And Fear (06:16)

2. Hymne II - Wolf And The Devil (06:21)

3. Hymne III - Wolf And Hatred (04:47)

4. Hymne IV - Wolf And Man (05:21)

5. Hymne V - Wolf And The Moon (05:14)

6. Hymne VI - Wolf And Passion (05:48)

7. Hymne VII - Wolf And Destiny (05:32)

8. Hymne VIII - Wolf And The Night (04:38)

Ulver

Nattens Madrigal

Già noti all'interno della scena Black Metal per i due precedenti album, i norvegesi Ulver decidono di mostrare la parte più grezza e minimalista del loro suono, abbandonando quasi completamente le chitarre acustiche, che invece avevano fatto da colonna portante in Kveldssanger e in parte anche in Bergtatt. Il risultato è anche in questo caso un disco straordinario, che tocca una delle vette più alte nella storia del genere. Le sonorità grezze ricordano i Darkthrone, ma solo in parte, perché mentre il gruppo di Fenriz punta tutto sulla malignità, invece gli Ulver riescono a creare atmosfere evocative anche con suoni che non si prestano ad esse. Questa infatti è una delle caratteristiche che rendono eccezionale il gruppo di Garm.
Gli accurati testi rappresentano un concept sulla licantropia, molto cupi e malinconici, perfettamente abbinati alla musica.

Il primo capitolo, Wolf and Fear parte subito molto violentemente, con riff particolarmente aggressivi che però sorprendono per la quantità di melodia che contengono. Uno stupendo intermezzo acustico fa subito pensare a una copia di Bergtatt, fatta di continui passaggi da metal a folk, ma non è così. Infatti una volta terminato le uniche interruzioni alla velocità del black metal più estremo saranno brevi intervalli tra un capitolo e l'altro, costituite da rumori in sottofondo, che aiutano sicuramente a creare un'atmosfera di tensione. Non c'è più spazio per le melodie dolci dei precedenti album, e il glaciale scream di Garm è perfetto nel rendere ancora più cattive le composizioni, mettendo da parte la splendida voce pulita che aveva mostrato in precedenza.

Dopo la prima interruzione atmosferica parte la seconda traccia, Wolf and the Devil tra le migliori dell'intero album, soprattutto per la bellezza disarmante dei riff, sostenuti da ritmi molto ripetitivi e da un basso praticamente inesistente. Eppure sembra non manchi niente nel suono di queste canzoni, perché riescono a trascinare la mente in un'altra “dimensione”, facendo quasi dimenticare che si sta ascoltando solo un disco. Anche i riff sono (da tradizione Black) ossessivi, ripetuti consecutivamente decine di volte nella stessa canzone, riuscendo però a non annoiare.
Sullo stesso stile è Wolf and Hatred, di bellezza pari ai primi due, se non superiore. Melodie qui forse più cattive, a rappresentare benissimo il testo, incentrato proprio sull'odio. Durata minore rispetto alle precedenti tracce, che si aggira intorno ai cinque minuti.

In seguito ad un altro breve intermezzo si apre il quarto capitolo, Wolf and Man ed ancora la qualità compositiva è altissima, anche se leggermente inferiore alle tre tracce precedenti, soprattutto per le melodie meno trascinanti rispetto a quelle dei primi tre brani.
Si torna invece al livello iniziale con Wolf and the Moon; lo schema è sempre lo stesso: pochi riff ripetuti fino all'esasperazione, ritmi uguali in tutta la canzone e cantato in scream che non accenna a placarsi. Schema che in teoria avrebbe già dovuto stancare l'ascoltatore, ma che invece riesce a far chiedere il bis.

Si passa a uno dei capitoli più apprezzati, Wolf and Passion, ed in effetti è uno dei migliori dell'intero disco. Qui le melodie sono meno cariche d'odio, in favore di sonorità più “leggere”, ma comunque sempre aggressive e veloci. Anche i tempi in alcuni punti sono leggermente più lenti in confronto a quelli del resto dell’album, pur rimanendo molto più violenti rispetto al resto della produzione del gruppo norvegese.
Wolf and Destiny invece è forse il brano meno riuscito, più che altro per la troppa ripetitività dei riff, che non rappresentano melodie all’altezza di quelle presenti in tutti gli altri capitoli, risultando per la prima volta un po’ noiosi. È comunque l’unica traccia a non raggiungere “l’eccellenza”, perché anche il capitolo finale, Wolf and the Night è stupendo, con motivi di nuovo all’altezza di quelle precedenti al settimo capitolo. Per la prima ed unica volta fa la sua comparsa anche la tastiera, seppur per un breve tratto.

Finisce dunque uno dei più grandi capolavori del Black Metal, al pari dei più accreditati In The Nightside Eclipse o De Mysteriis Dom Sathanas, troppo spesso però sottovalutato dagli ascoltatori.

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