Voto: 
6.5 / 10
Autore: 
Alessandro Mattedi
Etichetta: 
Jester Records
Anno: 
1999
Line-Up: 

- Kristoffer Rygg
- Tore Ylwizaker
- Håvard Jørgensen

Tracklist: 

1. Of Wolves and Vibrancy
2. Gnosis
3. Limbo Central (Theme from Perdition City)
4. Of Wolves and Withdrawal

Ulver

Metamorphosis

Dopo la pubblicazione dell'album Themes from William Blake's The Marriage of Heaven and Hell, negli Ulver capitanati da Kristoffer Rygg (alias Garm) rimangono solamente lo stesso Rygg e il produttore/collaboratore Tore Ylwizaker, vista la crescente differenza d'intenti musicali fra loro e gli ex compagni - Håvard Jørgensen fa giusto da session-man prima di lasciare, Hugh Steven James Mingay si trasferisce definitivamente negli Arcturus e Erik Olivier Lancelot tornerà solo nel 2005 con i Code.
Sotto queste premesse i due realizzano così Metamorphosis, che già dal titolo fa da preludio alla trasformazione a cui sta andando incontro la formazione norvegese.

L'EP segna un punto di svolta decisivo nella discografia degli Ulver. Se già il precedente album aveva rotto con la tradizione black metal dei norvegesi per approdare verso lidi avanguardistici, elettronici e progressisti (pur rimanendo in ambito metal), con questo mini il gruppo recide definitivamente ogni legame con il passato e anche con la stessa scena metal, realizzando quattro traccie all'insegna dell'elettronica sperimentale, glitch, drum & bass e ambient.
Le composizioni sono tutte oscure ed inquietanti, con suoni alieni e dissonanze abbinate a tappeti claustrofobici di tastiera sui quali vengono adagiate ritmiche di drum machine meccaniche col fine di ricreare un'atmosfera moderna e post-industriale disumanizzante.
Emergono i riferimenti a gruppi come Coil, The Future Sound of London, Tangerine Dream e Orbital, ma il sound degli Ulver è ancora incerto: sembra più un esercizio di stile per sperimentare nuove sonorità e soluzioni atmosferiche inedite per il gruppo in previsione di un futuro coinvolgimento più profondo, per contro ha dalla sua un'atmosfericità inquietantemente interiorizzata.
Quello che gli Ulver paiono abbozzare è come un viaggio angosciante fra le strade notturne e desolate di una metropoli, forse alla ricerca di sè stessi, ma accompagnati solo da un terrificante senso di solutudine che pervade le traccie e da dei metaforici lupi (ulver in norvegese, per l'appunto), citati nei brani, probabilmente a rappresentare le emozioni più oscure e i meandri più bui della psiche umana (un primo assaggio di quello che troverà forma definitiva nel successivo Perdition City).

L'iniziale Of Wolves and Vibrancy è scandita da veloci e ossessivi breakbeats, supportati sullo sfondo da synth techno-dnb e choirs atmosferici influenzati dal dark ambient. Non si tratta di qualcosa di particolarmente innovativo, inoltre può suonare anche un po' ripetitivo come brano, ma è spiazzante in confronto agli album passati del gruppo.
La seguente Gnosis è più cadenzata e atmosferica, comincia come un electro/space ambient sostenuto, con campionamenti di strings e spruzzi elettronici futuristici di contorno, ma poi ad un certo punto si fa avanti adagio un ripetuto battito rallentato downtempo (che ricalca l'incedere di Risingson dei Massive Attack, tuttavia con timbriche e atmosfere differenti), accompagnato dai consueti choirs spettrali e da sintetizzatori più raffinati, che trasforma il brano in una via di mezzo fra dark ambient, trip hop elettronico e frammenti di glitch, con un'atmosfera di decadenza urbana e tecnologica tutta intorno. La coda finale vede anche l'unica prova vocale di Garm, mesta e vissuta, che recita una personale parafrasi del poema Bad Blood di Rimbaud.
Limbo Central suona meno interessante, le ritmiche più uptempo sono maggiormente incalzanti ma si sposano meno al tessuto atmosferico/elettronico che dovrebbero assistere che fra l'altro non aggiunge niente a quanto già esplorato con i brani precedenti se non strings dissonanti e droni cacofonici - purtroppo poco approfonditi.
Infine abbiamo Of Wolves and Withdrawal, puro ambient minimale e rarefatto, nient'altro che umori appena accennati in un agghiacciante silenzio e abbozzi di suoni spettrali prolungati per quasi 9 minuti - il che rende anche la traccia poco longeva, risultando soporifera dopo il primo ascolto.

Il disco, di per sè, non inventa nulla, ma risulta particolarmente significativo alla luce della totale deviazione musicale del gruppo (dal black metal all'elettronica sperimentale ce ne passa) e delle personali atmosfere e sensazioni che gli Ulver stanno iniziando a concepire.

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