Voto: 
7.0 / 10
Autore: 
Matthias Stepancich
Genere: 
Etichetta: 
Interscope
Anno: 
2011
Line-Up: 

Tunde Adebimpe – vocals, loops, keyboards
Jaleel Bunton – drums, bass guitar, guitar, programming, organ, synthesizer, vocals
Kyp Malone – vocals, guitar, bass guitar, synthesizer, clarinet, flute, viola
David Andrew Sitek – programming, synthesizer, guitar, bass guitar, samples, vocals
Gerard A. Smith – bass guitar, organ, samples, synthesizer, vocals

Additional musicians
Priscilla Ahn – background vocals
Stuart Bogie – horn
Peter Hess – horn
Dan Huron – percussion
Michael Irwin – horn
Kevin Moehringer – horn
Gillian Rivers – strings
Todd Simon – horn
Kenny Wang – strings
Lauren Weaver – strings

Production
Jaleel Bunton – programming
Rich Costey – mixing
Steve Fallone – mastering
David Andrew Sitek – producer, programming
Zeph Sowers – engineer

Tracklist: 

1. Second Song – 4:22
2. Keep Your Heart – 5:43
3. You – 4:05
4. No Future Shock – 4:03
5. Killer Crane – 6:15
6. Will Do – 3:46
7. New Cannonball Blues – 4:34
8. Repetition – 3:46
9. Forgotten – 3:40
10. Caffeinated Consciousness – 3:21

TV on the Radio

Nine Types of Light

Nine Types of Light (Interscope, 2011), quinto album dei TV on the Radio, chiarisce i dubbi sul corso musicale della band: il precedente Dear Science pare fosse proprio il capostipite di un loro nuovo approccio musicale, più pop e catchy. Allo stesso tempo, il disco suona tuttavia ben più immerso in umori cupi ed esistenzialisti rispetto al più frizzante e gioioso predecessore, tale differenza evidentemente derivata dalla grave malattia del bassista Gerard A. Smith, presente alle sessioni di registrazione ma purtroppo morto di cancro dieci giorni dopo la release. In un tale clima è comprensibile l'assenza di leggerezze come Dancing Choose o Golden Age, ciononostante la band ha proseguito a battere le strade del pop melodico e accessibile, rileggendolo attraverso le proprie bizzarre, contaminate e visionarie idee.

Gli hook melodici immediati si contano in misura minore rispetto a Dear Science, ma il disco parte scodellando subito una trascinante Second Song, già colma di idee sonore: partenza in sordina con timide percussioni e desolato crooning vocale su di un denso tappeto d'organo che potrebbe provenire dagli Arcade Fire, ingloba improvvisamente degli spasmi chitarristici ed esplode poi in un soul-funk cantato con falsetto alla Prince, arrangiato ai fiati, e tanto ballabile quanto tinto di malinconia; si tratta però forse anche dell'unico momento relativamente spensierato in tutto il disco.
La loro devastante capacità di amalgamare senza sbavature generi musicali distanti non è sparita, come dimostra You, ritmata come un trip-hop, arrangiata con un mix di tappeti elettronici-industriali, synth dance-punk, stratificazioni drammatiche e giochi chitarristici post-rock.
I battiti bombastici spariscono per i 6 minuti di Killer Crane, la traccia più lunga e più ipnotica, che si dilata nello spazio grazie a languide stratificazioni strumentali, con la voce di Adebimpe prima avvolta da un drone d'organo e poi da un'unione di chitarre acustiche folkeggianti (con pizzichi orientali) e arrangiamenti d'archi.
I TV on the Radio sembrano cercare anche la hit con Will Do, un lento pezzo di (nella sostanza) romantico revival new-wave che però suona troppo radiofonico per gli ascoltatori più esperti, e troppo stravagante per il pubblico mainstream, sebbene curato con il solito buon gusto e potenzialmente lanciabile per scalare qualsiasi chart, ben più di tutte le imbarazzanti ballad che vi si trovano solitamente.
Altrove l'album non riesce altrettanto bene, e nella prima metà particolarmente Keep Your Heart e No Future Shock suonano piuttosto deboli, la prima costruita senza troppa fantasia sulla falsa riga di alcuni pezzi dei precedenti dischi (particolarmente Let the Devil In e Province), diluiti e resi più generici, la seconda un caotico accumulo di sonorità eterogenee che non riescono a trovare armonia e spontaneità.
Questi due pezzi vengono parzialmente riscattati da un'ultima parte d'album più disorientante e psichedelica, anche se non al livello dei loro migliori dischi. I quattro pezzi finali sono difatti una dimostrazione di quanto la band abbia ancora voglia di sperimentare e stratificare in maniera maniacale: il battito electro e i synth ruvidi e angolari (con qualche tocco perfino electroclash) di New Cannonball Run riescono ad amalgamarsi alla perfezione con l'ingresso dei possenti fiati (un po' in stile James White & The Blacks) verso metà della traccia; allo stesso modo, la voce in Repetition si unisce perfettamente ai trilli chitarristici nel catchy e ritmato chorus, prima di un cambio ritmo improvviso alla Faith No More, con organo e voce gotica, cui segue un nuovo climax di shredding chitarristici e slogan declamato ripetutamente in modo quasi hip-hop; il cupo e inizialmente spoglio trip-hop metropolitano di Forgotten si tramuta in un carnevale di fiati, melodie fischiettate, falsetti e percussioni; la conclusiva Caffeinated Consciousness alterna strofe di rock bombastico e distorto (ma ben meno rispetto ai loro primi dischi) con un chorus riflessivo avvolto da arrangiamenti vellutatamente dissonanti, terminando in una coda di stratificazioni che resta uno dei momenti migliori in tutto il disco.

Questo ritorno vagamente in sordina dei TV on the Radio non riesce a gareggiare con i precedenti lavori, ma prosegue in maniera non scontata il discorso di Dear Science, mostrando ancora una volta delle capacità d'arrangiamento e mescolamento d'influenze nettamente superiori e più creative rispetto a quelle di tutto il panorama indie-rock a loro contemporaneo, e, anche se a volte ricalcando e banalizzando i propri marchi di fabbrica, riesce a costruire del pop-rock piuttosto catchy nonostante le poderose iniezioni di pessimismo. Purtroppo, però, stavolta c'è assai poco di interessante per chi li segue fin dagli esordi.

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