Voto: 
5.5 / 10
Autore: 
Alessandro Mattedi
Genere: 
Etichetta: 
Domino Records
Anno: 
2010
Line-Up: 

- Tricky - tutti gli strumenti

Guests:
- Frankie Riley
- Terry Lynn
- Bobby Gillespie
- Hakim Hamadouche
- Blackman
- Marlon Thaws

Tracklist: 


1. Every Day
2. Kingston Logic
3. Early Bird
4. Ghetto Stars
5. Hakim
6. Come to Me
7. Murder Weapon
8. Time to Dance
9. Really Real
10. Bristol to London

Tricky

Mixed Race

Il nono album in studio di Adrian Thaws (in arte Tricky) è all'insegna della contaminazione stilistica su di una base tetra e mesta che in parte si riaggancia ai primi lavori. Il titolo dell'album, Mixed Race, sembra intendere proprio questo gioco compositivo in cui Tricky prende in prestito stilemi vari da scene diverse, di volta in volta l'elettronica, il jazz, il reggae o anche la musica etnica. La base su cui vengono innestati i vari elementi consiste invece nella canonica formula trip-hop che l'artista britannico ha consolidato fin dagli esordi.

Purtroppo il risultato è lungi dall'essere ispirato e variegato come vorrebbe essere, ripristinando la parabola discendente del compositore che dura da ormai troppi album. Più che un disco eterogeneo e multisfaccettato, si tratta di un collage di stilemi messi nella mischia senza un vero connettore comune, spesso già sperimentati in passato con più efficacia dallo stesso Tricky che sembra così abbia confezionato senza particolare convinzione una raccolta di brani deboli basati su poche idee a volte riciclate.
Non si raggiungono neanche particolari vertici psicologici o atmosferici, le canzoni si rivelano innocue e i pochi momenti maggiormente efficaci rimangono comunque diluiti da degli arrangiamenti blandi, se non anche ripetitivi. Quest'ultimo fattore viene però mitigato dalla generale brevità delle canzoni, solo in due casi sopra i 3 minuti, che li rende tutti abbastanza immediati e scorrevoli, ma per contro questo rivela anche una generale scarsità di carne al fuoco, difatti l'album nella sua interezza non dura neanche mezz'ora.

L'iniziale Every Day è un blues/trip hop placido ma troppo scarno per incidere sul serio.
Kingston Logic è una parodia della famosa Technology dei Daft Punk, di cui imita ritmo, metrica lirica e versi, suonando così anche simpatica.
La successiva Early Bird gioca con atmosfere noir e tinte jazz, accompagnate da un umore paludoso che rievoca il periodo di Maxinquaye.
Uno dei brani migliori è Ghetto Stars, trip hop emozionante scandito dalle strings dark e dai sample oscuri di chitarra, a cui però segue un pezzo melodico ma banale: Hakim, cantata dall'omonimo cantante algerino, è un innocuo e soffuso trip hop dalle ritmiche più uptempo e contaminato da melodie arabesche, con l'intento di dare un tocco esotico al crogiolo stilistico del disco.
Gli elementi jazzy ritornano nella soporifera Come to Me, stavolta accompagnati da elementi ragga e cocktail/lounge che però non sono sufficienti a non far sì che il pezzo suoni troppo piatto e ripetitivo.
Il primo singolo Murder Weapon è una cover di Echo Minott, ma anche qui il risultato è troppo monotono anche perché dell'originale viene preso solo il motivo portante, che a sua volta cita invece la Peter Gunn Theme dei Blues Brothers.
Con Time to Dance invece veniamo catapultati nella disco dance anni '80, filtrata con un mood più mesto e soffuso influenzato dalle radici lounge del trip hop. Cerca di suonare suadente, ma alla fine è poco più che un piacevole riempitivo d'atmosfera.
Sembra un po' più caratterizzata Really Real, una specie di mezza via fra gli ultimi dischi di Massive Attack e Gorillaz usciti quest'anno, con synth acidi, beats vellutati ma costanti e voce dolente a rendere il tutto abbastanza sentito.
Infine abbiamo Bristol to London, accattivante mix di electro-pop, rap, jazz e big beat dove si incontrano Prodigy, Primal Scream e Mos Def. Peccato che duri troppo poco sembrando così incompiuta, come altre canzoni del full-lenght d'altronde.

Ancora una volta per la realizzazione del disco Tricky chiama una discreta schiera di ospiti, fra i quali spiccano Bobby Gillespie dei Primal Scream e suo fratello minore Marlon Thaws, che però incide poco nell'economia dell'album come se tutti si limitassero a timbrare il cartellino per un ruolo minimo e che attira l'attenzione più per il calibro dei nomi che per il risultato effettivo.

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