Voto: 
6.5 / 10
Autore: 
Edoardo Baldini
Genere: 
Etichetta: 
Regain Records/Self
Anno: 
2006
Line-Up: 

- Pär Johansson - vode
- Christian Älvestam - chitarra
- Mikael Degerman - basso
- Henrik Schönström - batteria
- Patrik Gardberg - chitarra


Tracklist: 

1. Dark Clouds Gathering (05:24)
2. Last Line Of Defence (02:37)
3. Burial Waters, Deepsome Graves (04:32)
4. Swift Turns Of War (04:30)
5. The Stale Drownings (02:18)
6. Battlespawn (04:04)
7. Where Night Is Total (03:43)
8. Sealer Of Fates (02:36)
9. The Blunt Weapon (04:47)

Torchbearer

Warnaments

Due anni sono passati dall’esordio Yersinia Pestis per gli scandinavi Torchbearer, formazione che raccoglie ottimi musicisti provenienti dalla scena estrema svedese, tra cui il cantante dei Satariel Pär Johansson e il chitarrista degli Scar Symmetry Christian Älvestam: giunti nel 2006 dopo un cambiamento di casa discografica, i cinque decidono di pubblicare il secondo full-lenght per la Regain Records, mantenendo quasi del tutto invariato lo stile che contraddistingueva il precedente platter, ovvero un Death/Thrash dai numerosi inserti Black, che non stupisce a causa della sua direzione confusionaria e poco omogenea.
Ciò che è notevolmente mutato dal debutto su Metal Blade è l’impianto lirico, poiché i testi di Warnaments non trattano più della peste nera medievale, ma si riferiscono a due episodi della Prima Guerra Mondiale, quali il conflitto navale nello Jutland tra Gran Bretagna e Germania e l’affondamento di un sottomarino tedesco al largo della costa inglese nel 1915.

Sicuramente affascinati dalla storia antica e moderna, i Torchbearer non si dimostrano però attenti a curare con efficacia il song-writing, molto contorto nelle strutture quanto difficile da comprendere: la registrazione e la produzione sono eccezionali e le doti tecniche del gruppo sono più che lodevoli, ma poca importanza viene conferita all’approccio di ciascuna canzone all’interno del full-lenght.
La violenza emanata dai riffs di chitarra, unita all’impetuosità della batteria ai limiti tra Death e Black, tramortisce l’ascoltatore, atterrito anche dall’impatto garantito dalla voce growl/scream del maligno Johansson.
Avviatosi con Dark Clouds Gathering, devastante nella sua cavalcata tagliente ed epica, Warnaments presto si perde nelle tracce successive, troppo caotiche e disorganizzate, dotate di pochissimi stacchi e quindi a dir poco insostenibili per la loro lunghezza.
Quando i Torchbearer cercano di far prendere respiro all’ascoltatore, le idee sgorgano abbondanti, grazie anche all’intervento della tastiera che regala toni atmosferici ed avvolgenti, ma più ci si addentra nei vari brani di Warnaments, più si comprende la difficoltà di sviluppare tali spunti iniziali: riff che hanno un sapore di già sentito si accavallano o si rincorrono, amorfi ed acerbi, ripetitivi e non uniformi.
Le tastiere giocano un doppio ruolo nell’album: spesso sono loro a guidare le composizioni, dando un aiuto consistente all’evoluzione del singolo brano, a volte invece il loro inserimento risulta banale e inorganico.

Da rivedere in molte sezioni, questo Warnaments non aggiunge nulla di nuovo a ciò che è già stato prodotto all’interno del panorama estremo scandinavo: originale la stesura di un concept sulla Prima Guerra Mondiale, ma totalmente scarna quella musicale. Il disco è consigliato agli irriducibili della scena, a quelli che, memori delle lezioni dei maestri dei Novanta, amano ancora lasciarsi trascinare su timbri proposti in tutte le salse.

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