Voto: 
8.5 / 10
Autore: 
Iacopo Fonte
Genere: 
Etichetta: 
Eibon Records/Audioglobe
Anno: 
2006
Line-Up: 

:
- Jori Sjoroos - voce, chitarra, programmazione
- Niko Sirkia - tastiera, testi
- Aku-Tuomas Mattila - basso


Tracklist: 

Disc 1
1. Nowafter
2. Useless
3. Stream
4. Towards Distant
5. Snow Blind
6. Distress
7. (But I Am) Still
8. Sweet Bloom of Night Time Flowers

Disc 2
1. Serpents
2. Highest of the Angels
3. The 14th
4. (But I Am) Still [disco demo version]
5. Untitled
6. Distress (version 0.2)
7. See Nothing
8. Nevermore
9. Untitled
10. Distress (version 0.1)
11. The Circle Did Close Indeed

This Empty Flow

The Album

La Eibon records si propone come obbiettivo quello del rilancio della band finlandese dei This Empty Flow. Questa è una realtà musicale che negli anni ’90 aveva fatto innamorare tantissime persone delle sue atmosfere dark introverse, molto raffinate ed evanescenti. Così la label italiana giunge nel 2006 a proporre al pubblico The Album, versione rimasterizzata di Magente Skycode del lontano 1996. Il lavoro è un double-cd costituito da un primo disco corrispondente all’effettivo album, più un secondo cd con diverse versioni dei brani registrati.
Il sound è molto sfumato e fragrante, grazie alla componente elettronica, che potenzia l’atmosfera dark, in una soluzione che sta tra gli ultimi Katatonia e i Cure di Disintegration. Nowafter apre la sessione del primo disco con effetti spumeggianti e riff di guitar molto riflessivi. Il vocal è caldo, avvolgente. Culla la mente dell’ascoltatore in una situazione onirica che diventa più ritmata con la scansione di drums. Poi una svolta centrale segna il passaggio da toni bassi e trattenuti a una carica più decisa di tutto l’apparato strumentale, con gli stessi effetti estranianti di keyboards che stanno ad esempio alla base di Lights Out degli Antimatter. Si ha a che fare con una miscela tra la malinconia del gothic nord-europeo e le sfumature del dark atmosferico. Infatti su questi toni si sviluppa anche la struggente Useless, di quasi nove minuti, che incanta l’ascoltatore con voci sfumate, addolorate. Da questa perla di sofferenza autunnale (“ like a leaf in a autumn river i am carried by a useless vortex with no return to thr tree once strong with no destination”), si passa allo scenario di oscurità decadente di Stream, che trascina in uno stato di malinconia latente dal quale sembra impossibile riemergere. Tutto ciò è reso magistralmente grazie a un intreccio drums-guitar alla Brave Murder Day (Katatonia) e in particolare alla voce penetrante e incantatrice di Jori Sjoroos (“cold stream of cold souls once so warm and loved”).

Arrivando alla track centrale dell’album, Towards Distant, ci si permette un relativo alleggerimento dell’atmosfera, con un brano fortemente influenzato da suoni electro orbitanti, stellari. Il dinamismo in questo modo introdotto sfocia poi in un bellissimo giro di piano che cadenza un’evoluzione sonora di rara carica evocativa. Con l’inizio di Snow Blind invece ci si illude per un attimo di sentire i Cure del periodo 1985-89 con un vocal sussurrato, gelido, appena pronunciato in uno spiraglio di vita. Questa è forse la canzone di maggior stampo dark-wave, nonostante proceda verso un finale incalzante più tradizionalmente gothic. Da qui, la successiva Distress prosegue questi toni più energici, rafforzandoli con un vocal sorprendentemente simile a Robert Smith. Anche le lyrics si allineano decisamente al prototipo dark eighties (“ this world is a deceiver, it is thirsty for my blood, the rain is liquid nitrogen to my soul of a wrong color”). Il Sound della band poi in (But I am) Still si eleva in un vortice di vento e riff concentrati, ma spumeggianti. Il tocco darkwave non manca anche qui nel vocal, seguito da patterns di chitarra onirici che sembrano interminabili nella loro purezza. A chiudere il primo disco sta la dolce e malinconica Sweet Bloom of Night Time Flowers: canzone poetica, piena di drammaticità, in una visione della vita estremamente cupa e priva di qualsiasi aspettativa per il futuro (“ i want rusty nails to penetrate my skin, to cut a wound and realease this death, to let it all pour out..collapsed under the light of a violet pain i lie alone still”).

Il secondo disco raccoglie invece un’ora di brani che vanno da versioni differenti di quelli già ascoltati, ad altri successivi a Magenta Skycode. Questi erano stati registrati quando la band cominciava a nutrire un folto gruppo di ammiratori, nonostante non raggiunse più il livello del debut album del 1996. Questi brani stilisticamente sono meno cristallini nella registrazione. Il sound è pertanto molto più artigianale, ma trova, magari nei suoi contrasti, un ulteriore punto di forza. I primi tre brani, Serpents, Highest of the Angels, the 14th, sono quindici minuti di pura darkwave. I suoni sono sfumati, a volte bilanciati in modo che si venga a creare un effetto di stordimento. Il vocal è molto espressivo, carico di drammaticità. Gli intrecci strumentali sono gelidi e avvolgenti. Si delinea in generale un prezioso e raffinato connubio di sensazioni, sofferenze, sogni. L’aspetto poetico e onirico viene ad esempio approfondito in See Nothing e Nevermore con evoluzioni sonore fuori dal tempo, tragiche, ma anche rilassanti. La componente atmosferica raggiunge così l’apoteosi, con una fusione di grandissima qualità tra linee vocali e riffing. Riflettendo sulla portata di The Album nel suo complesso, ci si rende conto innanzitutto del riuscito intento della Eibon che va a rispolverare il passato di una band eccellente. Tutti gli aspetti che compongono questo lavoro sono sfruttati al massimo, e nel modo più produttivo. E’ un disco elegante che esercita una potente influenza emotiva sull’ascoltatore. Un concentrato di sensazioni e pensieri che poggia su ricamate sfumature scure. Capita raramente di poter ascoltare un album con questi caratteri; per gli amanti del dark e delle atmosfere strazianti è doveroso provare personalmente The Album.


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