Voto: 
6.6 / 10
Autore: 
Gabriele Bartolini
Genere: 
Etichetta: 
Merge
Anno: 
2011
Line-Up: 

- Michael Benjamin Lerner - Voce; chitarra elettrica eccetto 11; percussioni eccetto 11; basso in 1, 2, 3, 4, 7, 8; chitarra acustica in 1, 3, 9; piano in 1, 5, 11; Wurlitzer in 5.

- Chris Walla - Sinth in 1, 3, 7, 8, 12; basso in 3, 5, 6, 9, 10, 12; chitarra acustica in 4; piano in 12
 
- Thermals, The - Cori in 6, 12.
Tracklist: 

1. You Turn Clear in The Sun

2. Please Ask for Help

3. 50 Ways

4. I Cannot Love You

5. Dirty Thing

6. Car Crash

7. Palm of Your Hand

8. I Got You

9. Fever Chill

 

10. Country Lane

11. Patterns

12. Gotta Get it Right Now

Telekinesis

12 Desperate Straight Lines

A distanza di due anni tornano i Telekinesis, formazione proveniente da Seattle che convinse a suo tempo con l' album omonimo(aggiungete solo un punto esclamativo per il nome completo), una tra le più interessanti miscele di folk/rock alla Death Cab For Cutie. Innanzitutto bisogna precisare che parlare di Telekinesis dal 2011 significa trattare di una 'onemanband': Michael Benjamin Lerner, batterista e cantante del gruppo, dopo l' inaspettato successo ha infatti deciso di mettersi in proprio, sciogliendo ogni legame con gli altri membri della precedente line-up. Per l' occasione del suo secondo disco ha quindi assoldato due musicisti, uno dei quali cointestatario a pieno diritto dell' album e facente parte del tour insieme al terzo membro. Michael non sarà il primo ne l' ultimo a fare stravolgimenti di questo tipo, ma sarà da studiare nel dettaglio lo stampo che darà a queste dodici tracce, dotate di un prevedibile fattore rock che sicuramente avrà fatto aprire gli occhi anche agli addetti ai lavori nel genere.

 
Nei brani infatti sarà la batteria ad imperversare nelle esecuzioni, fresche ed esilaranti, dal tipico sapore soft-rock da radio americana, quello cui Iron & Wine ci ha abituato a sentire nel suo ultimo album, dal profilo decisamente più cantautoriale rispetto al Nostro. Niente di complicato quindi, questo l' avrete intuito anche voi: 12 Desperate Straight Lines, come il nome lascia prevedere, racchiude pezzi di vita, racconti sotto forma di tipiche canzoni indie/rock. Ma si sà, le cose più semplici alla fine sono le più complicate, soprattutto quando si è chiamati a mostrare qualcosa di diverso dal lavoro precedente. E quindi non appare per niente scontata la scelta di giocare su rapide esecuzioni, facili giri di chitarra e su una batteria possente. La sicurezza di Lerner aiuta poi nel mantenere invariata la diritta via, che come da copione si farà sempre più buia e meno convincente con il passare dei minuti, visto che trattandosi di armonie basilari si può facilmente incorrere in passi già sentiti.
 
Si parte con l' acustica di You Turn Clear In The Sun, che non può evolversi come Coast of Carolina( del precedente) perché al centro dell' attenzione c'è solo Lerner; passo cadenzato e piatti segnano quindi il proseguimento della canzone. Da sottolineare fin da subito come la voce sia più chiara, meno sfumata rispetto a Telekinesis!, dove si legava con la musica e quindi creava una sorta di effetto psichedelico alla Avi Buffalo. Ma adesso che gli amici se ne sono andati, rimangono solo le note dirette di Please Ask for Help, con la chitarra a tracciare passi di rock. Davvero senza fronzoli, come dimostra la carica emotiva che 50 Ways ci riversa contro: la migliore esecuzione, anche perché il credo del disco è tutto qui; partenza pop e ritornello devastante. Ma sicuramente 12 Desperate Straight Lines non può essere solo questo, e infatti ecco farsi avanti una ripresa dell' album di debutto( I Cannot Love You), la tastiera adottata dal dance di Dirty Thing e il college rock di Car Crash. Tutto qui? Naturalmente no, siamo solo arrivati a metà di un album in cui la line-up ha fatto il suo compito molto bene. Si riparte con Palm of Your Hand, che ripete a pappagallo la lezione di uno dei tanti gruppi in circolazione dall' attitudine lo-fi. Successivamente la più ritmata I Got You, una Country Lane che deve molto al southern rock dei Kings of Leon ed una Gotta Get it Right che parte con una struttura hard-rock per finire con un pop che non aggiunge niente rispetto a ciò che abbiamo ascoltato.
 
E quello che si è sentito è un buon indie/rock, quello che aveva in testa Michael Benjamin Lerner, dalla melodia semplice, a volte riproposta in maniera pedissequa, a volte invece perfetta nel motivetto. Un disco senza dubbio indicato per chi ama canzoni ritmate.
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