Voto: 
7.5 / 10
Autore: 
Stefano Magrassi
Genere: 
Etichetta: 
Dead Serious Records
Anno: 
2006
Line-Up: 

Michael Speidel - Voce
Felix Grammer - Chitarra
Peter Bastian - Basso
Michael Dester - Batteria


Tracklist: 

1. Intro
2. All time low
3. Over & out
4. Fist of flesh
5. Touched by the cursed
6. Interlude
7. Swelter
8. Clones / clones
9. Drowning
10. Overpower
11. Rest in peace
12. War machinery
13. Last nails

Teamkiller

Bad Signs

Grazie al successo che oggigiorno sta avendo il metal-core in tutte le sue svariate forme, anche l'hard-core più tradizionale sta uscendo da un periodo non di difficoltà vera e propria ma di staticità, che per molto tempo ha segnalato una mancanza ancor prima che di idee, più semplicemente di dischi. Pare adesso, invece, che la riscoperta delle sonorità 'core stia sempre più interessando le case discografiche, tanto da portarle ad investire in gruppi giovani è potremmo quasi dire alle prime armi, con produzioni veramente degne di nota (nonchè con immenso piacere di chi è sempre interessato ad ascoltare un pò di sano hard-core).

Tocca quindi alla semisconosicuta Dead Serious Records permetterci di scoprire i Teamkiller, giunti con Bad Signs al loro primo full-length dopo, come da tradizione, un buon numero di mini, ep e demo. Il combo tedesco si ispira chiaramente ai grandi nomi dell'hard-core newyorkese anni '80 e '90, come Agnostic Front e Cro-Mags, ma non disdegna un più generale suond moderno e imbastardito con sane dosi di metal, tanto da essere debitore agli ormai immancabili Hatebreed. Stupisce quanto in fondo siano vicini ai loro cugini statunitensi Since The Flood, recensiti in questa sede qualche tempo fa, cosa che ci fa capire come a livello mondiale si stia "mobilitando" (tanto per usare una parola che calza a pennello col genere) un ritorno alla scoperta della filosofia hard-core.

E' quindi logico che le coordinate siano ben precise e che ogni ascoltatore nell'avvicinarsi a questo disco sappia già in anticipo che di spazio per commistioni di generi, ricerca di sonorità tanto uniche quanto di difficile comprensione, soluzioni a cavallo tra lo sperimentale e l'etereo (tutte cose con cui produttori e band sembrano riempirsi la bocca negli ultimi anni) qui non ce n'è. Qui c'è solo del puro, intransigente, ignorante hard-core. Nessun fronzolo, nessun abbellimento barocco, ma solo quattro ragazzi che hanno come unico intento quello di smuoverci e buttarci in facca la loro attitudine.

Anche se si viaggia su toni e riff simili all'interno di tutto il disco, ci sono un bel pugno di canzoni che emergono dalle altre: l'opener All Time Low, scelta anche come pseudo-singolo della band, che unisce chitarre cariche di distorsione ad un andamento tipicamente 'core, la furiosa Drowing, forse quella che del lotto ha un sound meno moderno, la 100% Hatebreed Overpower a anche l'altra velocissima War Machinery.

Insomma, amanti della ricerca sonora e dell'innovazione astenersi. Difficilmente potrà piacere a chi un genere come l'hard-core non lo capisce e lo evita come una malattia mortale. Però vale lo stesso discorso fatto con i Since The Flood: è proprio grazie a prodotti così ben fatti che ci si può magari accorgere che l'hard-core non è così male ed degno di essere ascoltato.

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