Voto: 
8.5 / 10
Autore: 
Davide Mazzoni
Genere: 
Etichetta: 
Century Media
Anno: 
2005
Line-Up: 

- Devin Townsend - voce, chitarra
- Jed Simon - chitarra
- Byron Stroud - basso
- Gene Hoglan - batteria



Tracklist: 

1. Imperial (02:17)
2. Skesis (06:42)
3. Shitstorm (04: 22)
4. Love? (04:53)
5. Shine (05:13)
6. We Ride (02:37)
7. Possessions (04:12)
8. Two Weeks (03: 28)
9. Thalamus (03:58)
10. Zen (05:02)

Strapping Young Lad

Alien

Una grossa palla compatta, che può essere districata per trovare ogni volta qualcosa di nuovo, suoni e arrangiamenti, passati inosservati in precedenza; Ecco ciò che ci si deve aspettare dall’ultima uscita targata Strapping Young Lad, così come affermato in una recente intervista proprio dal frontman e mastermind Devin Townsend.
In generale aspettiamoci comunque da Alien la tipica furia della band canadese, che ha prodotto oggi il degno successore di City, datato 1997.

Si parte alla grande con Imperial, con un Gene Hoglan alla batteria in ottima forma a condurre il gioco ad un ritmo da subito veloce e furioso, accompagnato dal basso di Byron Stroud, e le chitarre di Jed Simon e Devin a completare il tutto. Dopo questo assalto iniziale il ritmo va rallentando per introdurre le urla indemoniate di Townsend, che si alternano ad un cantato che a tratti ha un che di epico, che però ritorna furioso sul finire del pezzo.

E anche in Skesis la parte dominante è occupata dalla batteria di quella drum-machine umana di Hoglan, contornata da armonie quasi spaziali. Si prosegue poi con una melodia psicotica, quasi giocosa (per quello che può valere questa definizione nel contesto in cui ci troviamo) e un Devin infuriato alla voce, accompagnato anche da cori che si affiancano bene alla sua tonalità. Cori di cui si è servito per buona parte del disco, ma non in modo costante ed eccessivo, al punto giusto insomma.
Le chitarre ci aprono la strada in Shitstorm, in cui la prova vocale del frontman è ancora maggiore e migliore, per le varie sfumature che riesce a ottenere. La sensazione globale che si ha è proprio quella di una tempesta pronta a spazzare via tutto (magari non la tempesta di cui parla il titolo), pronta quasi a calmarsi circa a metà della sua durata, con un rallentamento che da spazio alla voce pazzoide, ma che torna in tutta la sua furia fino a terminare.

Quella che da titolo potrebbe sembrare una canzone d’amore o sentimentale, si rivela poi non essere proprio così. Love? si apre con un riff orecchiabile, e prosegue ad un ritmo leggermente meno spedito delle precedenti, delle urla più controllate e meno rabbiose, fino ad arrivare ad un chorus melodico in cui queste ultime si ammorbidiscono fino a diventare un canto in voce pulita. Sembra quasi voler simboleggiare un amore imposto a tutti i costi.
Ed ecco che Shine accentua ancora la violenza, con uno screaming in tutta la sua potenza, che segue i rintocchi della batteria, vero e proprio orologio atomico, come è soprannominato Gene.
Anche le chitarre suonano più indurite, quasi a contrastare i cori presenti anche in questa traccia.
Ed ecco che il pezzo più heavy nel senso stretto del termine fa la sua comparsa, We Ride parte con il rombo di una moto e continua con una batteria sempre più veloce e disumana; per buona parte del brano le chitarre si esibiscono in assoli veramente taglienti.
Possessions invece punta più su un incedere cadenzato, in cui chitarre, basso e batteria formano quasi un blocco unico, arrivando ad introdurre un coro di voci femminili in contemporanea al grido furioso di Devin, che sembra volerle dirigere.

Un po’ di tranquillità arriva finalmente con la strumentale Two Weeks, con ottime melodie di chitarra e atmosfere cosmiche, e una voce che pare arrivare da tutta un’altra persona rispetto all’indemoniato che abbiamo avuto modo di ascoltare finora.
Ci avviciniamo alla fine con Thalamus, altro pezzo piuttosto cadenzato, con un ritmo di batteria e di chitarre regolare, che accelera solo a tratti.
Fine che arriva con Zen, in cui, per terminare al meglio, la violenza non poteva mancare. Ecco ritornare così ai suoi massimi livelli il nostro Gene, come pure la schizofrenia delle parti vocali.
Un pezzo che mantiene bene l’equilibrio tra velocità e parti melodiche, abbastanza omogeneo nel suo incedere. Una riflessione filosofica, si, ma molto probabilmente quella di un folle.

Chissà cosa penserebbe un alieno se ascoltasse questo disco; riconoscerebbe la genialità di quest’uomo chiamato Devin Townsend oppure la sua pazzia?

NUOVE USCITE
Filastine & Nova
Post World Industries
Montauk
Labellascheggia
Paolo Spaccamonti & Ramon Moro
Dunque - Superbudda
Brucianuvole
Autoprod.
Crampo Eighteen
Autoprod..
BeWider
Autoprod..
Disemballerina
Minotauro
Accesso utente