Voto: 
7.6 / 10
Autore: 
Marco Lorenzi
Genere: 
Etichetta: 
Hollywood
Anno: 
2006
Line-Up: 

- Jim Ward – voce, chitarra
- Keeley Davis – chitarra
- Matt Miller – basso
- Tony Hajjar – batteria


Tracklist: 

1. Untreatable Disease (03:19)
2. Crawl (03:54)
3. Unstitch Your Mouth (03:07)
4. Taking Back Control (03:41)
5. Erase It Again (03:37)
6. Atlas (04:30)
7. The Most Vicious Crime (06:20)
8. False Start (03:51)
9. Weather the Storm (04:43)
10. Red.Right.Return. (Straight in Our Hands) (04:30)
11. Without a Sound (03:18)
12. Translations (04:33)

Sparta

Threes

Alle porte del 2007 gli Sparta giungono al terzo appuntamento con i negozi di dischi, quello fondamentale (che significa “conferma” oppure "grazie e tanti saluti"), con il nuovo full-length Threes.
E’ un passo importante per la band di El Paso (Texas) che, dopo aver esibito a tutti le proprie spiccate tendenze emocore, in questo episodio inizia ad evolvere il suono verso atmosfere dalle molteplici interpretazioni. Siamo parecchio lontani dalle schizofreniche note del loro album d’esordio, Wiretrap scars (2002). Così come gli Sparta si allontanano con decisione dalle melodie sperimentali di Porcelain (2004), suo successore. Dove, ad onor di cronaca, sono le sperimentazioni ispirate ai Radiohead a disegnarne la fisionomia.

Dopo l’addio di Paul Hinoijos e l’avvicendamento con il chitarrista Keely Davies (ex Engine Down, emoband della scena d’oltre ocenano), gli Sparta hanno optato per un album più denso e melodico, che al meglio interpreta una ipotetica fusione dei due precedenti capitoli della loro discografia. Non sfocia nella banalità questo lavoro, segno che i quattro ragazzi ci sanno fare e riescono ad allontanare almeno un pò il nostalgico ricordo degli At The Drive In.
Singolo di lancio è Taking Back Control, a dire il vero il pezzo che meno efficacemente ritrae gli Sparta di Threes. Volendo trovare il pelo nell'uovo, cominciamo col dire che il giro di basso dell’incipit illude, per lasciare spazio ad una sezione ritmica ed armonica poco efficaci. Le quali, per giunta, finiscono col togliere brillantezza anche alla voce di Jim Ward, che negli altri undici pezzi è altrimenti tra le sorprese più gradite.
Untreatble Disease è la traccia d’apertura, che scopre il volto alla prima parte del disco. I quattro pezzi iniziali sono dispensatori di ritmo e velocità. Emergono fin dalle prime battute le somiglianze con altre band ispirate al genere indie/emocore della scena americana. Jimmy Eat World su tutti, tanto che se Crawl ed Unsistich World non li richiamano alla perfezione, poco ci manca.

Il registro sembra cambiare di punto in bianco con Erase It Again e con la successiva Atlas, nelle quali si vede emergere il lato sognante degli Sparta. Punto forte dell’intero full-lenght è, come anticipato, proprio la voce di Ward, che in questi due pezzi dà il meglio di sè. La chitarra di Keely Davies ci riporta addirittura agli U2 delle origini con Erase It Again, ma è l’esplosione di Atlas, dopo un inizio acustico che fa da preludio, a ricordarci le funamboliche melodie cantate da Mr Bonovox agli inizi della carriera della band dublinese. Agli Sparta va il merito di aver colorato con fantasia un quadro che alterna momenti di tensione e malinconia ad altri caratterizzati da profonde scosse emotive. Emozioni che, volente o nolente, si riflettono nei versi della lirica. Well i got a feeling inside / It's gonna happen again / There's a fire deep in your eyes / That i've never seen before fa da preludio alla scintilla finale, con cui il pezzo si infiamma in un susseguirsi di note urlate da Ward e dettate dalla violenta scarica elettrica della chitarra di Davies.
The Most Vicius Crime sembra seguire la falsa riga dei due pezzi precedenti, ma le note distorte e in riverbero della chitarra lasciano presto spazio alla furia di batteria e basso, che come una tempesta in piena estate, lasciano presto spazio alla tranquillità del finale, in cui un pianoforte ovattato accompagna Ward negli ultimi passi di un cammino tortuoso. E’ il brano forse più particolare di Threes, in cui gli Sparta danno prova delle loro evolute abilità compositive.

La parte finale dell’album ci presenta False Start, tra le più orecchiabili, che potrebbe far pensare alla canzone ideale per lanciare il disco sul mercato. Il ritornello è semplice ma efficace.Weather The Storm fa da cuscinetto, con la chitarra ora violenta, ora malinconica e la batteria in evidente stato di alterazione. Prima di Red.Right.Return., Without a Sound e Translations che sembrano colpire come tre ganci consecutivi in pieno stomaco. Da togliere il respiro, dopo le ballate sognanti di metà percorso e dopo le sensazioni contraddittorie dei pezzi precedenti. Difficili da descrivere, questi tre brani rappresentano la svolta definitiva in Threes verso una conclusione che impreziosisce il cammino intrapreso.

Conferma, sussurravamo tra parentesi, all’inizio. Per gli Sparta è arrivata, non v’è dubbio. A questo disco, che senza riserve ammette la band alla classe successiva, va l’onore ed il merito di rappresentare una delle più gradite novità nella scena indie/emocore degli ultimi tempi.

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