Voto: 
6.5 / 10
Autore: 
Alessandro Giustiniano
Genere: 
Etichetta: 
Amaranth
Anno: 
2005
Line-Up: 

- Trond Engum: chitarra elettrica ed acustica, basso, programmazione, voce e tastiere
- Rune Hoemsnes: batteria
- Berit Stensland: voce su "Fall", "Monyon", "Lie", "Til Ungdommen" e "Reflections of Broken Glass"
- Frank Stavem: basso su "Monyon", "Black"
- Arild Folstad: piano Rhodes su "Monyon" e synth su "Waiting"
- Tommy Dahlen: basso su "Fall"
- Jorgen Orheim: tromba su"Waiting"
- Bjarne Iestra: sassofono su "Waiting"
- Peter Drege: trombone su "Waiting"
- Leif Henning Storvik: samples su "Til Undgommen"


Tracklist: 

1. Fall
2. Monyon
3. Addiction Complete
4. Lie
5. Waiting
6. Water
7. The Line
8. Til Ungdommen
9. Reflections Of Broken Glass
10. The Dark

Soundbyte

Rivers of Broken Glass

Trond Engum, mente dei Third and the Mortal, nel 2004 pubblicò un album solista sotto il nome Soundbyte (nome non convenzionale per una musica non convenzionale). Pubblicato dalla label Aural Music, il lavoro possiede un artwork che rappresenta perfettamente la musica proposta: sound cupo e scuro, melodie profonde, linee vocali epiche e cavernose (per quelle maschili di Engum) o soavi e fini (per quella della cantante ospite Berit Stensland), strumenti effettati. Il genere che il musicista propone è un post-gothic rock unito a vari elementi del metal, che, anche se non vengono posti in primo piano, si fanno notare (questo deriva forse dal fatto che il polistrumentalista Engum proviene da un ambiente musicale metal); il musicista suona insieme a degli ospiti (la già citata Stensland alla voce, poi Rune Hoemsnes alla batteria, Frank Stavem al basso, Arild Folstad al piano Rhodes e ai synth, Tommy Dahlen al basso, Jorgen Orheim alla tromba, Bjarne Iestra al sax, Peder Drege al trombone e Leif Henning Storving per i sample) che non sono e non fanno niente che faccia urlare al miracolo anche se svolgono abbastanza bene il loro lavoro.

Rivers of Broken Glass, un album ruvido, freddo, invernale, è stato considerato dagli esperti di metal come una delle migliori uscite di quell'anno, mentre è stato completamente ignorato dai critici indie (che in teoria avrebbero dovuto notare, data la piccola, ma pur sempre presente, dose di eccentricità del lavoro): questo è accaduto visto che è stato pubblicato dall'Aural Music, etichetta che propone essenzialmente metal; se fosse uscito per una casa discografica underground, avrebbe ricevuto un buon numero di consensi positivi anche da parte degli esperti di quella musica.
Registrato su una nave in un mare del nord, l'album inizia con l'oscura Fall. Le chitarre suonano lente melodie, piene di effetti, il rullante della batteria ha un suono spettrale, mentre la voce forse ricorda quella di Dave Gahan dei Depeche Mode; la voce femminile risulta eterea, così come gli effetti per l'intro e l'outro del brano.
Segue Monyon, caratterizzata da un cantato femminile simile a quello delle ninfe e una voce maschile profonda, invernale e cupa, soprattutto nel ritornello: la voce è molto bassa, sembra quasi che non sia naturale. L'assolo chitarristico non si sbilancia, quindi niente distorsione e scale impossibili (che spesso sono di cattivo gusto, se inserite in un contesto non appropriato), solo note melodiche molto evocative. Le atmosfere create dalla produzione e dagli effetti utilizzati sono professionali e magistrali.
Addiction Complete è forse il pezzo più potente, con una batteria che utilizza spesso il crash e con chitarre, che nonostante siano sempre effettate, risultano più potenti e distorte, così come la melodia, dark ma influenzata dal metal. La voce, che qui assomiglia a quella di un guerresco vichingo, raggiunge livelli inumani di tonalità: è così bassa che quasi sembra un growl. Gli arrangiamenti degli archi ci stanno a pennello, così come il rumore acuto e imprevedibile che ogni tanto passa tra le casse.
L'inizio di Lie assomiglia a quello di un brano forse vagamente commerciale, così come la canzone, dato che è forse un po' meno oscura e segue la classica impostazione del brano da hit, anche se resta comunque di buon livello e molto evocativa (così come tutto l'album), capace di trasmettere emozioni profonde.

Waiting
è probabilmente il pezzo migliore dell'album, forse la melodia non è molto in tema con il resto dell'album (influenzata dal blues), ma certamente è una grande canzone, con una chitarra elettrica distorta ed effettata al punto giusto e dei fiati (Waiting è infatti il brano ove partecipano Iestra, Drege e Orheim), che creano un tema vagamente poliziesco. Il ritornello è splendido, caratterizzato da un'atmosfera di mistero, soprattutto grazie al lavoro degli arrangiamenti degli archi. La batteria non è virtuosa, perfetta in questo contesto ove non ci starebbe affatto qualcosa di iperveloce e spettacolare, mentre l'assolo di chitarra, forse un po' sporco, chiude la traccia con gran stile. Grandissima.
I rumori quasi industriali di Water introducono un brano dalle tonalità veramente basse. Forse una delle peggiori traccie del lavoro, si salvano solo la voce monacale e distorta dagli effetti, mentre la batteria (il peggior difetto di Water) è troppo dinamica per un brano come questo.
The Line è forse la peggiore del lotto, ben fatta sotto il lavoro della produzione, ma per quanto siano ottimi i suoni non riesce a catturare l'ascoltatore a differenza dei brani precedenti.
Til Ungdommen, cantata dalla Stensland, è un rifacimento in versione dark (soprattutto per gli arrangiamenti molto profondi) di un brano di Otto Mortensen; la melodia vocale, di per sé epica, viene resa più soave grazie alla voce della cantante. Per il resto è una traccia da sorvolare, si tratta di un tributo alla patria di Engum, niente di più.

La strumentale (ad eccezione delle melodie vocali della cantante, che però si limita a cantare senza un testo) Reflections of Broken Glass è un capolavoro nel suo genere, le melodie sono molto evocative, tristi, passionali e cinematografiche, mentre la produzione (piena di suoni del luogo ove è stato registrato l'album ossia in un lago) si adatta perfettamente alle atmosfere, così come la voce di Stensland, che in quel contesto (e magari con un'ottava più alta) sembra quella di una sirena che vive in un piccolo lago. La batteria (che regala un ritmo fuori dalla norma), anche se è abbastanza potente, non risulta fuori luogo, entra in perfetta collisione con gli altri strumenti. Da ascoltare a volume esagerato, magari con le luci spente.
A chiudere l'album è The Dark...oblio eterno, danza della morte, queste sono le parole adatte per descrivere questa messa funebre, che senza quegli arrangiamenti di archi sarebbe nulla.
Rivers of Broken Glass è quindi un album con degli alti e bassi per quanto riguarda il livello qualitativo, che però si può classificare come un lavoro ascoltabile e piacevole. Dal punto di vista della produzione del suono praticamente perfetto, verrà sicuramente apprezzato (e non poco) dagli appassionati.

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