Voto: 
7.0 / 10
Autore: 
Edoardo Baldini
Genere: 
Etichetta: 
Massacre Records/Audioglobe
Anno: 
2006
Line-Up: 

- Robert Lowe - voce
- John Perez - chitarra
- Steve Moseley - chitarra
- James Martin - basso
- Steve Nichols - batteria


Tracklist: 

1. Scent of Death (09:40)
2. Waiting for the Light (04:39)
3. Blessed Be the Dead (05:01)
4. Sightless (04:22)
5. Upon Within (07:54)
6. Burning (08:40)
7. Is There (07:59)
8. Tomorrows Dead (06:26)
9. Essence of Black (05:35)

Solitude Aeturnus

Alone

Padri del Doom americano con Trouble, Saint Vitus, Pentagram e Candlemass, i Solitude Aeturnus riemergono a distanza di ben otto anni da Adagio, proponendo un ritorno alle radici del proprio stile attraverso dieci lunghe e complesse canzoni che affascineranno gli amanti del Doom vecchio stampo. Attivo ormai dal 1987, il progetto texano ha visto intercambiarsi negli anni numerosi membri ma sembra che l’attuale line-up non abbia perso il contatto con la realtà passata.
Pubblicato sotto Massacre Records, Alone introduce già l’ascoltatore nella dimensione di morte tipica del Doom con l’efficace copertina realizzata da Travis Smith.

Ad aprire il disco è Scent Of Death, caratterizzata da melodie di sapore quasi orientale, sostenute da un riffing costante e massiccio, che riscava nella tradizione degli Ottanta, sia per l’approccio vocale adottato dall’abilissimo Robert Lowe (singer anche degli stessi Candlemass), sia per le sezioni musicali concepite.
Anche Waiting For The Light mantiene diversi elementi in comune con la tradizione dei Candlemass, mentre Blessed Be The Dead appare come capitolo dotato di un’atmosfera alquanto contemporanea nel settore del Doom, conferita grazie alla valida produzione e registrazione.
Sightless forse è l’episodio chiave del disco, capace di ritrovare conferma nelle sonorità epiche di capolavori del genere come Nightfall o Tales Of Creation dei sopra citati Candlemass: in particolare poi Robert Lowe ripercorre i meandri vocali esplorati negli splendidi Into the Depths of Sorrow o Beyond The Crimson Horizon.
Caotico e solido nel suo mastodontico incedere è poi Is There, dove le sezioni ritmiche acquistano centralità e dove viene quindi messo in luce il lavoro svolto da Steve Nichols, batterista capace di rendere variegato lo stile lento dei Solitude Aeternus.
Il punto di forza della band statunitense è da ricercare nel deciso tono vocale, che a distanza di anni riesce ancora a trascinare l’ascoltatore nel vortice di dolore e di vuoto creato dalle pesanti chitarre: Doom ed Heavy si rifondono dopo tempo in un unico genere, che funge da collegamento con le pietre miliari di Black Sabbath, Pentagram e Saint Vitus.

Potrebbero sembrare scontate le soluzioni concepite dai Solitude Aeturnus in Alone, poiché non viene plasmato nulla di innovativo o di alternativo rispetto alla tradizione: tuttavia, si può considerare Alone anche come l'attesa rinascita di una formazione lontana dal mercato internazionale dal 1998 e desiderosa di ritrovare se stessa con il sesto album di studio della propia carriera. Pertanto, consigliamo l'opera ai nostalgici dei timbri Doom old style, quello della prima ondata che investì un’America e un’Inghilterra in via di evoluzione nella scena Metal: gli appassionati del Doom però dovranno completamente dimenticarsi delle rivisitazioni più contemporanee del genere, quelle ricche di tastiere e di atmosfere più votate al Gothic poiché la cornice di Alone è il puro Heavy Metal degli Ottanta.

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