Voto: 
7.0 / 10
Autore: 
Gioele Nasi
Genere: 
Etichetta: 
Tursa
Anno: 
1990
Line-Up: 

- Tony Wakeford - Chitarra, Voce
- Ian Read - Tastiera, Voce
- Liz Gray - Violino, Cori
- Gary Smith - Basso
- Karl Blake - Basso

Tracklist: 


Against the Modern World
01. Angels Fall (2:53)
02. Raven Chorus (5:23)
03. Against The Modern World (1:56)
04. Long Live Death (3:19)
05. A Ship Is Burning (1:47)
06. Untitled (1:31)
07. Summer Ends (3:08)
08. Wolf-Age, Axe-Age (4:09)
In the Jaws Of the Serpent
09. Angels Fall (3:00)
10. Rise And Fall (2:21)
11. The World It Turns (2:53)
12. The Runes (2:12)
13. Gold Is King (2:24)
14. Twa Corbies (1:59)
15. Somewhere In Europe (3:13)
16. Media (1:51)
17. Abattoirs Of Love (5:15)
18. Raven Chorus (5:28)
19. The Joy Of The World (7:15)
Bonus Tracks (2006 re-issue)
20. Angels Fall (4:00)
21. Against The Modern World (2:03)
22. Summer Ends (3:00)

Sol Invictus

Sol Veritas Lux

Impossibile parlare dei primi sviluppi del Folk apocalittico senza citare i Sol Invictus, uno dei progetti più influenti ed importanti ad aver abbracciato questo genere, ed è impossibile parlare del suono dei primi Sol Invictus senza aver ascoltato “Sol Veritas Lux”, raccolta inizialmente pubblicata nel 1990 ma ristampata ed ampliata nel 2006.
Questo disco, cruda testimonianza dell’altrettanto rude stile adottato nei primi anni di vita da Tony Wakeford, è il risultato della combinazione di due diversi album: il debutto “Against the Modern World”, risalente addirittura al 1987, e il live “In the Jaws of The Serpent”, dell’anno successivo: nel corso degli anni s’è poi aggiunta una manciata di bonus tracks, ovvero “The Joy Of The World”, lunga ma poco interessante suite Industrial-Ambient, e i recenti rifacimenti dei più famosi brani di quell’epoca: tre brani del primo LP, precisamente “Angels Fall”, “Against The Modern World” e “Summer Ends” sono stati infatti rivisti e ri-registrati dall’attuale incarnazione dei Sol Invictus, ed incollati al fondo della tracklist: la resa è decisamente buona, e nonostante una parte del fascino atmosferico originario vada perduto, la maggior perizia di queste nuove esecuzioni dona nuova linfa e superiore brillantezza ai brani.
Vista l’eterogeneità del materiale, la recensione analizzerà distintamente i due album, sebbene oggigiorno trovarli ‘separati’ sia impresa impossibile e l’unico modo per apprezzare queste canzoni è appunto attraverso la recentissima ristampa ad opera della Tursa.

- AGAINST THE MODERN WORLD -
A metà anni ’80 Tony Wakeford, ex-compagno di Douglas Pearce sia nei Crisis che nei Death in June, prova a lanciare un nuovo progetto, gli Above the Ruins, con i quali pubblica un unico album (“Songs of the Wolf”) prima di abbandonare questa creatura e, insieme ad essa, quei suoni Dark-Punk che avevano caratterizzato i suoi percorsi musicali fino a quel momento.
E’ il 1987 e Tony Wakeford decide ch’è giunto il momento per affrontare nuovi panorami sonori: è il momento in cui vengono creati i Sol Invictus, la cui prima line-up comprende il bassista Gary Smith (che lascerà dopo pochi mesi per continuare con i No Remorse) e il vocalist e tastierista Ian Read, futura mente di un altro fra i più celebri progetti Neofolk, i Fire & Ice.

“Against The Modern World” mostra un Apocalyptic Folk ancora impregnato di pesanti venature Industrial e, talvolta, di DarkWave: il lato più Folk e cantautorale è espresso dalle splendide melodie cantate da un Tony Wakeford che si accompagna con la chitarra acustica, mentre a disegnare lo sfondo sono tetri incubi rumoristi, tastiere inquietanti o pianoforti appena accennati, mentre oscuri colpi di basso o concisi battiti delle percussioni elettroniche formano le essenziali ossature ritmiche delle canzoni. Già, le canzoni: “Against the Modern World” contiene alcune fra le musiche più belle scritte da Tony, a cominciare dalla storica title-track, il cui chorus tristemente evocativo (ed evoliano) illustra in pieno le idee che animano queste tracce: il disprezzo per la moderna società, l’avversione al Cristianesimo, la passione per le tradizioni del passato e le catastrofiche descrizioni del presente sono i temi che riempiono un album in cui si susseguono brani destinati a diventare classici: la nenia ossessiva e spettrale di “Long Live Death, il canto solitario che apre la splendida “Raven Chorus”, il salmodiante recitato di “Untitled”, le perversioni Martial Industrial di “Wolf Age, Axe Age” o ancora la meravigliose ballate “Angels Fall” e “A Ship is Burning”, nonché la Dark-oriented “Summer Ends” (vicinissima ai contemporanei Death in June di “A World that Summer” o “Brown Book”) sono tutti episodi che consacrano uno dei momenti di massima ispirazione dei Sol Invictus – un momento però, che non coincide con il periodo di massima abilità tecnica dei suoi componenti: se la produzione rugginosa non è da considerarsi necessariamente un difetto, risulta più difficoltoso esaltare la voce acerba e monotona di Tony nonché le prestazioni strumentali poco brillanti e iterate anche più del dovuto negli episodi più lunghi (“Raven Chorus”).

Le inflessioni industriali o prettamente 80s (si senta l’introduzione di “Long Live Death”), inoltre, sono contemporaneamente croce e delizia di questo disco, a seconda del background dell’ascoltatore: “Against the Modern World” è uno dei dischi più ispirati di Sol Invictus ed un monumento del Folk apocalittico quando esso era ancora in pieno sviluppo; tuttavia, il suono piuttosto grezzo e scostante sfavorisce l’approccio diretto se non si è avvezzi a suoni simili: “Against the Modern World” è tanto importante quanto imprescindibile, ma da avvicinare con cautela, solo dopo aver già avuto una prima infarinatura del genere – da sperimentare, magari, con gli splendidi lavori che lo stesso Wakeford pubblicherà negli anni ’90.
- Against the Modern World - 85/100

- IN THE JAWS OF THE SERPENT -
Questo live-album datato 1988 è la diretta trasposizione in sede di concerto dello stile sonoro che abbiamo appena ascoltato, sebbene realizzato da una line-up leggermente dissimile, in quanto nel gruppo è entrato il carismatico bassista Karl Blake la posto del defezionario Smith.
La tracklist, oltre a comprendere alcuni episodi di “Against the Modern World”, è incentrata su brani che di lì a poco sarebbero entrati nel repertorio ‘da studio’ del gruppo, in quanto prossimi ad essere registrati su “Lex Talionis” o “Trees in Winter”; sono presenti anche alcuni brani tradizionali, come “Michael” (in futuro ri-registrata sia da Sol Invictus che da Fire & Ice) o “Twa Corbies” (riproposta quasi vent’anni dopo in “The Devil’s Steed”), per una scaletta sulla carta davvero interessante – in pratica però, ascoltare le ‘bozze’ di questi futuri classici in versioni leggermente diverse da quanto sentiremo in futuro è l’unica curiosità che può spingere all’ascolto di questo album. “In the Jaws of the Serpent” mette infatti a nudo tutte le carenze del gruppo, all’epoca ancora nettamente inesperto: la voce di Wakeford, se in studio era ancora accettabile, dal vivo risulta decisamente stonata e fastidiosa, mentre gli arrangiamenti, spogli e scarni, risultano spesso inefficaci nel proporre un’alternativa alle discutibili linee vocali; il livello della registrazione, inoltre, è scadente e penalizza la resa generale di un suono già privato del suo fascino dalla mediocrità degli esecutori.
Insomma i Sol Invictus, a questo stadio della loro evoluzione, erano penalizzati da evidenti limiti tecnici e se questo problema poteva essere circoscritto e smussato in studio, dal vivo questo non accadeva e “In the Jaws of the Serpent” viaggia sovente vicino alla soglia dell’inascoltabilità.
- In the Jaws of the Serpent - 40/100

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