Voto: 
7.5 / 10
Autore: 
Paolo Bellipanni
Genere: 
Etichetta: 
Seahorse Recordings
Anno: 
2008
Line-Up: 

- Francesco Fucà - Chitarra, Effetti
- Marco Zampoli - Chitarra, Voce
- Riccardo Romagnoli - Basso
- Lorenzo Perferi - Batteria, Percussioni

Tracklist: 

1. I Hate Candies
2. Leg Godt
3. It's So Hard To Think
4. Puccettino!
5. Mammoth's Sleep
6. Love For Sunday Driver
7. Experimental Man With A Horse
8. Under The King's Control

So!

Stolen Time

Sono nati nel 2005 in Toscana, dopo la pubblicazione del primo EP sono entrati in contatto con la Seahorse di Paolo Messere (oramai indiscutibile scovatore di talenti italici), fanno post rock strumentale e verso la fine del 2007 hanno registrato il primo full lenght per poi rilasciarlo per Marzo 2008. Sono i So! e sono tra i migliori gruppi sperimentali che l'Italia ha sfornato in questi ultimi anni. Perchè è giusto dire che il fermento musicale "di nicchia" si è notevolmente espanso nella nostra penisola, ma è anche vero che da questa ricca ondata ne sono usciti integri davvero in pochi. I So!, come già molti gruppi italiani, hanno intrapreso la strada del post rock, ma a differenza degli altri acts, hanno rielaborato il genere in maniera personale, non rischiando di diventare l'ennesimo gruppo clone dei 65daysofstatic o l'ultima riproposizione in stile "copia incolla" del post rock nordamericano.
Stolen Time, primo full lenght del gruppo toscano, è infatti un inno alla libertà compositiva e alla creatività: certo, distaccarsi dall'influenza che i mostri sacri del post rock giocano costantemente su tutte le nuove leve del genere è cosa ardua, ma la musica dei giovani toscani non si ferma di fronte a nessun tipo di limite stilistico e si slega così in una dimensione instabile, traballante e dinamica.

Non solo post rock, perchè le sterzate jazz, i riferimenti all'indietronica, le strizzate d'occhio al noise e le (spesso troppo timide) cavalcate hardcore rendono sfaccettata e travolgente la carica espressiva del gruppo: melodie che si incastrano con sinuosa leggerezza (Experimental Man With A Horse), progressioni e crescendo ritmici in stile Mogwai (Leg Godt), o ancora contorte evoluzioni sonore (Puccettino!) e possenti evocazioni atmosferiche (da notare la terza It's So Hard To Think). Rifinita in maniera eccellente attraverso arrangiamenti curatissimi, la musica di Stolen Time si presenta sempre compatta e mostra sin da subito la sapienza del combo nel dirigere l'ensamble strumentale ma soprattutto la sfera emotiva che riesce a non scomporsi per tutta la durata del disco: le chitarre, che passano dalla lentezza degli arpeggi a penetranti scaricate melodiche, gli arrangiamenti elettronici e l'ossatura ritmica (che da semplice accompagnamento si evolve in fasi jazz di pregevole fattura), sembrano cellule che si scontrano e si separano in continuazione, producendo contrasti cromatici spessi e saldamente orchestrati. Emblema e, di conseguenza, canzone che al meglio riassume la trama del disco è la conclusiva Under The King's Control, una scalata continua tra lo sperimentale e l'emotivo, un brano dalla grande efficacia discorsiva che sa abbinare alla ricercatezza stilistica un'avvolgente vena melodica e che, inevitabilmente, mette in risalto l'abilità compositiva del quartetto di Montevarchi, soprattutto per quanto riguarda la sensibilità atmosferica e la precisione tecnica anche se, in generale, sussistono comunque alcune pecche in certe fasi compositive, il riffing a tratti si dimostra lievemente ingenuo e il mood a volte perde la carica e il vigore con cui

In ogni caso i So! sono la sorpresa che tutti gli appassionati di post rock si aspettavano, sono la risposta all'apparente mancanza di dinamismo della scena sperimentale italiana, perchè se c'è un gruppo che ha saputo rielaborare e rappresentare in maniera originale un genere così controverso come il post rock, allora si tratta dei So!, e su questo non ci piove. La Seahorse ne ha indovinata un'altra e ciò non può che essere una buona notizia per un panorama come quello italico che per rinascere e farsi apprezzare in ambito internazionale ha necessariamente bisogno di questi progetti che nasceranno pure dal nulla ma, magari, un giorno, diventeranno importanti per dimostrare che anche l'Italia ha una sua buona fetta di musicisti.
Sperando soltanto che l'underground da rampa di lancio non si dimostri come una restrizione per questi gruppi che, diciamocelo, tutt'ora rappresentano la sola nostra fortuna.

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