Voto: 
9.0 / 10
Autore: 
Paolo Bellipanni
Genere: 
Etichetta: 
Touch and Go
Anno: 
1991
Line-Up: 

- Brian Mecmahan - Chitarra, Voce
- David Pajo - Chitarra
- Britt Walford - Batteria
- Ethan Buckler - Basso

Tracklist: 

1. Breadcrumb Trail (5:55)
2. Nosferatu Man (5:35)
3. Don, Aman (6:28)
4. Washer (8:50)
5. For Dinner... (5:05)
6. Good Morning, Captain (7:38)

Slint

Spiderland

L'America d'inizio anni '90 era una meraviglia, seppur nelle sue insanabili fratture e nei suoi disagi esistenziali. Anzi, era meravigliosa proprio per questo. Sotto le inquietanti luci notturne di un paese alienato, tra le bottiglie di vetro rotte su marciapiedi dimenticati da Dio, nell'affanno e nello spasmo umano più profondo respirava un contro-mondo di diseredati artistici, di reietti, di cani, di geni. Un mondo che, tra il silenzio dello sgomento e le urla della follia, ha lanciato un anatema contro le vetrine e gli schermi televisivi, contro il pesante inchiostro sgorgante da milionari contratti discografici. C'erano Seattle e il grunge - quella rabbia selvaggia figlia prediletta del punk di cui poi tutti conosciamo la triste fine - e, dall'altra parte dell'America, una scena altrettanto simbolica - anche se piuttosto differente - dell'universo degli anni '90: nel Kentucky, più precisamente a Louisville, il rock si preparava a subire un'altra destabilizzante rivoluzione interna. Lì nati, cresciuti e artisticamente evolutisi, gli Slint rappresentavano l'ennesimo attentato alla musica americana e alla sua tradizione, ai suoi concetti, ai suoi sentimenti.

Tutto iniziò nel 1987 con il primo full-lenght Tweez, un rabbioso concentrato di hardcore, pust-punk e astrazione free jazz sotto la supervisione di - guarda un pò - Steve Albini. Anzi, a voler essere precisi, la vera avventura iniziò nel 1986 con la pubblicazione di Skag Heaven, mezz'ora di alienante sperimentazione rock underground firmata Squirrel Bait, tra le maggiori band di culto dell'underground americano anni '80 nonostante una carriera incredibilmente breve. Finita l'esaltazione giovanile del travolgente Skag Heaven, il chitarrista Brian Mecmahan decise bene di dare sfogo al proprio impeto creativo tirando su un altro progetto che dei prima citati Squirrel Bait doveva porsi (e realmente si pose) come proseguimento ideale, maturo e cosciente. Gli Slint nascevano dall'incontro di Macmahan col batterista Britt Walford, il chitarrista David Pajo (che collaborerà in seguito anche con i Tortoise di John McEntire) e il bassista Ethan Buckler: quattro anni di session e sperimentazioni e il capolavoro Spiderland era pronto a lasciare il suo profondissimo segno nella storia del rock contemporaneo.

"Let me in, the voice cried softly,
from outside the wooden door.
Scattered remnants of the ship could be seen in the distance,
Blood stained the icy wall of the shore"


Chitarre svuotate che lentamente si trasformano in ordigni sospesi tra rabbia e inquietudine, tracciando atmosfere spezzate da liriche decadenti e suoni segmentati: quello degli Slint è un sound malato, infetto dai germi di una mentalità diversa e - seppur nelle sue evidenti frammentazioni espressive - estremamente integra e cosciente della propria forza. Una mentalità perversa perchè ormai rimasta orfana del romanticismo, del sentimento e dell'idealismo, elementi che Spiderland mutila lasciandone però trasparire, poco per volta, testimonianze minuscole ma profondissime. L'hardcore inquieto degli Hüsker Dü viene filtrato dagli Slint in un sound ancora più scarno e in un'atmosfera che, assorbendo e rielaborando quella del post-punk più minimalista, si pone come deviante fulcro espressivo dell'inquietudine e del malessere dei musicisti di Louisville. Tutta l'atmosfera di Spiderland è immersa in un incubo quasi allucinatorio, in una visione frammentata e sbilenca (come le melodie di Don, Aman) che però riesce ad emozionare e a colpire il cuore sin nel profondo. Sembra di assistere ad una tragedia lo-fi, ad un dramma sfiorato che si esaurisce sotto i gemiti di chitarre suonate con plettri di vetro. Gli Slint, nel loro contrasto di toccanti distensioni strumentali e improvvise distorsioni atmosferiche, quasi sembrano un bizzarro incrocio tra gli Hüsker Dü (Nosferatu Man e la sua agghiacciante furia post-hardcore) e i Television versione macabra (il mood obliquo della conclusiva Good Morning, Captain): due volti perfettamente espressi da una serie di gioielli che, nel loro 'anticipo' concettuale e compositivo, continuano tuttora a rivivere nella maggior parte delle sperimentazioni noise e post-rock odierne. Su tutti, l'ondulato slo-core di For Dinner... e in primis quello di Washer - in seguito appreso e splendidamente istituzionalizzato dai concittadini Codeine - che ci culla nel suo mood inquieto ma (come nel pre-finale distorto) terribilmente penetrante. A prevalere tra le canzoni del disco è comunque il capolavoro d'apertura Breadcrumb Trail, spaventoso nella sua semplicità eppure agghiacciante per il senso di smarrimento che pervade suoni e note; puro minimalismo, arrangiamenti duri e strascicati, urla, distorsioni taglienti e una straziante vena melodica rendono l'opener - oltre che la sintesi perfetta del sound Slint - uno dei più grandi capolavori del rock alternativo anni '90.

Incredibilmente 'avanti' rispetto alle altre sperimentazioni del tempo, alienante per la forza psichedelica che - pur non trattandosi un disco psichedelico (e in questo richiama non poco Zen Arcade degli Husker Du) - riesce ad evocare, Spiderland è un lavoro unico e irripetuto nella storia del rock moderno, tanto per la pura bellezza che trasuda dalle sue intuizioni quanto per l'aver innovativamente anticipato quei tratti stilistici che di lì a pochi anni convergeranno nella nascita del post-rock, genere di cui Spiderland è antenato e paradigma ancor più di un Hex o di uno Spirit of Eden.
E' vero, il rock comunemente inteso - per l'ennesima volta - morì, ma da quell'efferato assassinio meticolosamente progettato dagli Slint nacque una delle pagine più affascinanti della musica di fine secolo.

"Silently, he pulled down the shade against the shadow.
Lost in the doorstep of the empty house"


Alla stessa maniera di queste liriche, gli Slint abbandonarono la nave nel 1994 dopo la pubblicazione dell'ultimo Ep omonimo; sparirono improvvisamente, si persero nell'ombra e nel vuoto, ma la loro opera - anche a distanza di quasi vent'anni - quel vuoto continua splendidamente a colmarlo. Immortale.

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