Voto: 
8.7 / 10
Autore: 
Corrado Penasso
Genere: 
Etichetta: 
Metal Blade Records
Anno: 
1983
Line-Up: 

- Tom Araya : Vocals, bass
- Jeff Hanneman : Guitars
- Kerry King : Guitars
- Dave Lombardo : Drums   

Tracklist: 

 
1. Evil Has No Boundaries 03:12
2. The Antichrist 02:50
3. Die by the Sword 03:37
4. Fight 'till Death 03:40
5. Metal Storm / Face the Slayer 04:55
6. Black Magic 04:07
7. Tormentor 03:46
8. The Final Command 02:33
9. Crionics 03:30
10. Show No Mercy 03:08

Slayer

Show No Mercy

La storia del gruppo più violento del thrash metal Bay Area, nonché fonte di ispirazione per migliaia di bands ancora oggi, ebbe inizio nel lontano 1981 quando due liceali che rispondevano al nome di Jeff Hanneman e Kerry King decisero di mettere in piedi un gruppo ispirato alla nascente scena metallica nel mondo. Presto Tom Araya e Dave Lombardo presero parte al progetto. Lo stile iniziale della band era inevitabilmente legato alla prima corrente NWOBHM con gruppi come Judas Priest e Iron Maiden, tuttavia una notevole influenza veniva dai primissimi Exodus mentre il punto di svolta si venne a creare quando i nostri giovani assistettero ad un concerto dei loro coetanei Metallica: l’input a suonare più veloce fu presto tramutato nella loro prima canzone, Black Magic, scritta nel febbraio del 1983. Gli Slayer incominciano in questo modo la loro avventura nel mondo del thrash. Pochi mesi dopo venne registrata una canzone speed metal chiamata Aggressive Perfector per la  "Metal Massacre III" compilation. Ben presto il boss della Metal Blade decise di metterli sotto contratto per un album dopo avere visto la loro furia dal vivo ad un concerto e fu così che gli Slayer registrarono nel novembre del 1983 il loro debutto, Show no Mercy. Pubblicato il 3 dicembre dello stesso anno, questo debutto si distinse per violenza da quello registrato dai Metallica nel luglio. Forse nessuno all’epoca sapeva suonare pesante come gli Slayer dimostrarono di saper fare. 

Registrato in otto ore, ed in aggiunta di notte per risparmiare sulle spese, ecco che il piccolo pargolo fu completato e pronto a vedere la luce del sole. Forse la giovane band non si stava neanche rendendo conto di ciò che esso avrebbe significato per l’intera scena metal mondiale. La registrazione grezza, il volume del rullante della batteria che ci scuote il cervello e il mix perfetto di influenze metal tradizionale che collidono con una forma ancora più impulsiva di punk dalle tinte speed, sono gli elementi che caratterizzano e rendono unico questo debutto. La tecnica dei musicisti qui coinvolti era ancora in fase di apprendimento e le influenze della loro gioventù si manifestano in modo pesante. Diciamo che Show No Mercy può essere tranquillamente classificato come l’album più melodico degli Slayer, tuttavia questa vena melodica ereditata del metal classico di allora si scontrava con una rabbia ed una velocità allora impensabili, retaggio dell’apprendistato a base di hardcore e punk. Complice anche la registrazione grezza, i pezzi su quest’album suonano demoniaci e così dannatamente selvaggi. Sembra che qualcuno abbia aperto quattro gabbie di feroci bestie al fine di dar loro piena libertà di espressione. Non c’era limite alla furia che questi giovani ragazzi riversano su queste tracce. 

Il libretto ce li presenta con tanto di croci capovolte e face painting di chiara derivazione Venomiana; i testi sono infarciti di scenari apocalittici e satanici i quali, anni a venire, avrebbero costituito un chiaro punto di riferimento per tanti gruppi. L’incipit dell’album é quanto di più violento e veloce si potesse trovare all’epoca. Evil Has No Boundaries è il manifesto dell’album. I riffs sono di una veemenza incredibile, il buon Lombardo che allora era ancora così legato alla scuola punk si lancia in infiniti up tempo mentre Tom alla voce si fa immediatamente notare per il suo timbro vocale acido e “raschiato”, ma anche melodico quando deve arrivare a toccare picchi acuti di indiscussa difficoltà. Nel coro di voci recitanti il refrain, troviamo anche un giovanissimo Gene Hoglan, allora tecnico della band, poi intenzionato a “Far esplodere la terza guerra mondiale”, sue testuali parole nel 1985 in occasione delle registrazioni di un certo Darkness Descends. La velocità cala leggermente con i fraseggi di chiara matrice “classic metal” di una grande The Antichrist anche se l’intensità non viene meno. Sprazzi di melodia si possono trovare anche in questa occasione, specialmente in coincidenza degli assoli di chitarra che, nonostante tutto, mostrano già un tocco irruente che ben si manifesterà con le successive releases.  

La cattiveria del refrain di Die by the Sword suona tuttora minaccioso, compendio di una canzone massiccia come poche, specialmente nella parte centrale mentre in Fight ‘till Death l’anima più punk esplode in una lunga serie di up tempo di batteria ad accompagnare riffs elementari ma di un coinvolgente che non ha pari. L’intreccio delle chitarre risente enormemente dei capiscuola del metal e ciò si può anche notare in una canzone dalle tinte fosche ed apocalittiche come Metal Storm / Face the Slayer. I fraseggi e i duetti di chitarra sono una caratteristica peculiare degli Slayer targati 1983 anche se il vero e proprio picco in brutalità lo si raggiunge con la mitica Black Magic: questa volta la velocità è dettata da uno stile thrash più puro e meno punk, riuscendo ad arrivare a creare un perfetto ibrido molto prima di altre band. Inutile dire che il riffs iniziale ha fatto la storia del genere, senza dimenticarci i ruggiti di un grande Tom. Tormentor ci riporta su binari più “accessibili” con il ritorno di tanti fraseggi di chitarra e un refrain spettacolare: mix perfetto di orecchiabilità e cattiveria. Impossibile dimenticare la sezione centrale che ospita una lunga serie di assoli delle due asce. Final Command si distingue nuovamente per la velocità e l’irruenza del punk miscelata al riffing melodico ma veloce di chiara matrice heavy metal.  

Quando si arriva a Crionics possiamo notare un leggero viramento di rotta poiché ora le atmosfere apocalittiche ammantano la canzone e si punta di meno sulla mera velocità, cosa che invece farà la mitica title-track posta alla fine del disco. L’introduzione di batteria è un pezzo indelebile di storia, nonché chiara dimostrazione sia delle intenzioni bellicose della band che della violenza inaudita di un grande batterista come Lombardo, il quale, per i veloci battiti di grancassa si affida ad un solo pedale della batteria poiché avrebbe iniziato a suonare la doppia cassa solo con le registrazioni del successivo EP, Haunting the Chapel. Ecco che con suoni distorti dopo il primo, vero bagno di sangue nella loro storia, gli Slayer si congedano firmando un capolavoro ed una pietra miliare del genere. Nonostante l’immaturità dettata dalla giovane età, i nostri musicisti già allora avevano le idee ben chiare sullo stile che li avrebbe accompagnati per gran parte della loro carriera. È anche sì vero che Show no Mercy può essere considerato come l’album più melodico della band ma tutto va valutato nell’ottica del periodo, perché esso suonava tre volte più pesante di tutte le uscite speed/thrash di allora ed ancora oggi può garantire grandi soddisfazioni a tutti gli amanti del genere.   

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