Voto: 
10.0 / 10
Autore: 
Dead
Genere: 
Etichetta: 
Virgin Records
Anno: 
1982
Line-Up: 

- Jim Kerr - voce
- Charles Burchill - chitarre
- Michael MacNeil - tastiere e sintetizzatori
- Derek Forbes - basso
- Mel Gaynor - batteria

Guests:
- Mike Ogletree - batteria e percussioni (sulla traccia nr.5)
- Kenny Hislop - batteria (sulla traccia nr.3)
- Sharon Campbell - voce femminile (sulle tracce nr.2, 7)
- Herbie Hancock - chitarra (sulla traccia nr.8)


Tracklist: 

1. Someone Somewhere in Summertime (04.38)
2. Colours fly and Catherine Wheel (03.49)
3. Promised you a Miracle (04.27)
4. Big Sleep (05.03)
5. Somebody up there likes you (04.27)
6. New Gold Dream (81/82/83/84) (05.27)
7. Glittering Prize (04.33)
8. Hunter and the Hunted (05.56)
9. King is white and in the crowd [06.59]

Simple Minds

New Gold Dream (81/82/83/84)

I Simple Minds nascono a Glasgow, in Scozia, per volere dei due mastermind Jim Kerr e Charlie Burchill, i quali avevano già precedentemente suonato insieme nella Punk band Johnny and the Self Abusers.
Nel 1979 gli scozzesi firmano per Arista, una mediocre casa discografica, e l’esordio con Life in a Day è imminente. L’album è molto influenzato dalla precedente esperienza di Jim e Charlie, e sebbene orecchiabile passa quasi inosservato.
Dello stesso anno è Real to Real Cacophony il quale con le sue composizioni oscure comincia a mostrare il tipico sound che renderà celebre la band negli anni a seguire.
L’anno dopo la band viene messa sotto contratto dalla Virgin, e sarà sotto questa etichetta che verranno sfornati i migliori dischi dei Simple Minds.
Esce infatti nel 1980 Empires and Dance, un disco maturo, oscuro e malinconico, originale e un po’ cupo, il quale affermerà la band tra i migliori esponenti della nascente New Wave.
Del 1981 sono i particolarissimi Sons and Fascination e Sister Feelings Calls; i due album ricalcano l’impronta del precedente lavoro e non fanno che confermare la professionalità della band, la quale ad ogni album sembra voler far sposare sempre più l’alchimia tra Elettronica Dark, New Wave e Pop d’autore.
Giunti all’estate del 1982 viene rilasciato questo New Gold Dream (81/82/83/84), l’album del punto di non ritorno dei Simple Minds.

Composto da nove tracce tutte inequivocabilmente legate tra di loro da una particolare “magia sonora”, il disco mostra piccoli e nuovi elementi che proietteranno i Simple Minds nell’olimpo dei big della musica mondiale degli anni ‘80. Di lì a poco infatti la band del duo Kerr-Burchill rilascerà il singolone Don’t you Forget About Me, pezzo commerciale che se da una parte riempirà di milioni le tasche della band scozzese, dall’altra consacrerà definitivamente la metamorfosi compositiva delle Menti Semplici che come tutti gli appassionati di New Wave sanno, agli inizi del ‘90 andò poi sempre più alla deriva, costringendo gli stessi ad un silenzio durato quasi un decennio, ma questo d’altra parte era purtroppo inevitabile.
E’ più o meno recente il loro ritorno sulle scene, ma la magia di un tempo ormai è scemata, e così non possiamo che fare un tuffo nel passato, quando i Simple Minds erano ancora un combo avvolto da un fascino misterioso e soffuso.
Facile quindi comprendere che le gemme di questo gruppo sono da andare a ripescare nella prima meta degli anni ’80, un periodo florido di album e band pronte a dimostrare le proprie qualità, sia in campo metal e rock, che in campo sperimentale.
New Gold Dream è dai più considerato il vero master degli scozzesi, e più ossessivamente è stato anche additato come il capolavoro della New Wave più colta.
Se i Simple Minds degli esordi furono per certi versi troppo influenzati da un passato Punk, e se i Simple Minds di mezzo furono troppo ostici a causa delle loro sperimentazioni elettroniche, possiamo dire che i Simple Minds dell’apice furono la band che riuscì pienamente a miscelare senza pecche ritmi rock, elettronica Dark e onirica, voce profonda e di estrazione Dark-Punk e chitarre sintetizzate di psichedelica memoria. Riuscendo ad unire in un solo full lenght tutte le passate esperienze, i Simple Minds hanno dato vita ad un platter che non teme rivali nel genere, e che ancora oggi a distanza di tanti anni dal suo concepimento si mostra scioccantemente avant-guardistico.
La melodia è alla base di questo disco, e tramite essa gli scozzesi sono riusciti a rendere accessibili partiture che altrimenti sarebbero risultati fin troppo pesanti quanto ad assimilazione. E qui sta il segreto di questo Nuovo Sogno Dorato; peccato solo che il quintetto non è stato capace di portare avanti negli anni questa splendida formula che dozzine e dozzine di band all’epoca tentarono di emulare senza però trarne beneficio. L’estremizzazione di questa componente però come già precedentemente accennato, ha portato i Simple Minds al concepimento di opere che mai gli afiçionados avrebbero voluto.

Il disco parte con una sognate Someone Somewhere in Summertime che mette subito in tavola le carte vincenti, e non a caso è uno dei pezzi migliori del lotto. Le tastiere e la voce di Jim Kerr la fanno da padrone, ed entrambi donano al pezzo una carica emotiva che difficilmente lascerà indifferenti.
Il brano che segue si muove sulle stesse coordinate, e non può che dimostrarci quanto la voce e le tastiere siano effettivamente l’arma vincente dell’album; l’ugola baritonale di Kerr infatti marca pesantemente l’alone malinconico delle tessiture di tastiera che da parte loro sembrano la colonna portante di una fiaba oscura.
Con Promised you a Miracle i toni si fanno più allegri, ed infatti anche la matrice Rock si fa qui largo con una bella base ritmica piena e calda. Il pezzo potrebbe essere adattissimo per fungere da potenziale singolo, e nella parte conclusiva vi è l’apice della canzone, che è anche uno dei picchi del disco, dove si abbattono delle ossessive percussioni tribali seguite da un efficacissimo slap di basso e da chitarre sintetizzate che affiancate alle solite oniriche tastiere liberano un assolo vocale di Jim.
Big Sleep ha dei palesi riferimenti alla Darkwave più dolce, ed infatti somiglia ad una malinconica ballata che nel suo incedere sembra quasi voglia ipnotizzarti e lasciarti in un sonno profondo; del resto il titolo è esplicito.
Somebody up there Likes You, è la solita perfetta canzone che scalda l’atmosfera per l’immancabile certosina title track. Questa canzone infatti mette in mostra le doti tecniche e suggestionanti che la band sa sciorinare e nei suoi minuti cerca di incanalare l’ascoltatore ad una attenzione più spiccata in virtù dell’imminente inizio di New Gold Dream, perfetta, amabile, frizzante ma allo stesso tempo delicata come uno champagne di alta classe. All’unisono si intrecciano le tastiere e i sintetizzatori, diretti nella loro pur sobrietà, ma decisivi nella loro efficacia, e il basso e la batteria che comprimono l’aria ubriacata dalla voce profondissima di Jim Kerr; non ci sono parole per descrivere un sogno d’oro, e l’unico modo per poter vivere un’esperienza del genere è sognare. Voi siete disposti a farlo?

Le due tracce che seguono inevitabilmente soffrono l’inequivocabile paragone, ma del resto come solo i grandi album possono fare, il pathos non può di certo calare, e il caldo torpore di questa musica è ancora più che vivo nelle nostre menti sebbene siamo gia agli sgoccioli del disco, ed ancora come sotto ipnosi, ci apprestiamo all’ultima, emozionantissima canzone del lotto.
King is White and in the Crowd come si poteva immaginare, è la canzone più lunga di questo eccezionale album, e viene posto in ultima posizione per lasciare l’ascoltatore, una volta che la corsa del disco sarà finita, in uno stato di pieno stupore e meraviglia.
Non ci si sbalordisce infatti se appena giunti al termini vorrete riascoltare questa gemma, e questo perché una delle bellezze più incisive di New Gold Dream è proprio la sua freschezza, e la capacità di non annoiare mai.
Tal ultima traccia è l’episodio più Dark dell’ensemble, e quindi per questo sono la tastiera e il sintetizzatore, sapientemente usati, a tessere la tela di questo collage strumentale e fascinosissimo sul quale, come sempre, si riversa una prestazione vocale seminale nel suo genere. Immagino sia alquanto limitativo dover descrivere una suite come questa, ed è per questo che esorto tutti gli amanti della buona musica, specie se oscura e riflessiva, a prestare orecchio a questa ipnotica closet song che mai sarebbe potuta esser migliore.
Tutta la band mescola gli strumenti soffusamente per creare un’atmosfera sognatrice che difficilmente non riuscirà a catturare i cuori più sensibili.
Il Nuovo Sogno Dorato comincia nel 1982, quando la band con una prova superlativa rese omaggio alla musica componendo questo gioiello. Ancora oggi prosegue la magia di questi solchi grazie a chi sa rendere tributo ad un disco che non si potrà mai descrivere a parole: siete disposti a sognare?

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