Voto: 
8.0 / 10
Autore: 
Edoardo Baldini
Genere: 
Etichetta: 
Fat Cat
Anno: 
2002
Line-Up: 

- Jónsi Birgission - voce, chitarra
- Kjartan Sveinsson - tastiera, pianoforte elettronico
- Georg Hólm - basso
- Orri Páll Dýrason - batteria

Guests:
- María huld markan - violino
- Edda rún ólafsdóttir - violino
- Olöf júlía kjartansdóttir - viola
- Sólrún sumarliðadóttir - violoncello


Tracklist: 

1. Untitled 1 (06:38)
2. Untitled 2 (07:33)
3. Untitled 3 (06:33)
4. Untitled 4 (06:56)
5. Untitled 5 (09:57)
6. Untitled 6 (08:48)
7. Untitled 7 (13:00)
8. Untitled 8 (11:45)

Sigur Rós

( )

Le due parentesi ritratte sulla copertina del disco rappresentano sì un titolo minimalista e per nulla comprensibile, ma lasciano intravedere delle immagini di ricordi lontani che, sebbene offuscati dal gelo che permea l’intero album, rimangono indelebili e indimenticabili. ( ) cerca di passare inosservato nel panorama Alternative del terzo millennio: le tracce non posseggono un nome, il titolo stesso è enigmatico e, soprattutto, le canzoni non sono dotate di testi, ma di suoni armoniosi plasmati dalla voce di Jónsi Birgission.
Al di là delle parentesi, in ognuna delle quattro versioni in cui ( ) è stato pubblicato (europea, americana, australiana, giapponese) si celano i semplici fili d’erba dei campi attorno allo studio in cui la band ha registrato il full-lenght.

Tre anni sono bastati ai Sigur Rós per cambiare radicalmente la loro direzione musicale, giungendo alla composizione di un lavoro atmosferico ed oscuro, ben diverso dal precedente e più orchestrato Agaetis Byrjun: si è conservata la compostezza nell’approccio, sempre delicato e sognante, ma la tavolozza timbrica in possesso al quartetto islandese si è riempita di tonalità grigie che concorrono alla formazione di un Ambient sopraffino, triste e commovente. Come affermato dallo stesso Jónsi, ( ) si divide in due parti fondamentali: l’esatta metà del disco, corrispondente con la fine della quarta canzone, segna una svolta verso contrasti ancor più tenebrosi, distaccandosi dalla prima sezione che, seppur parecchio introspettiva, mostrava l’aspetto sorridente e spensierato di ( ).
Untitled 3 costituisce un dolcissimo esempio, lentamente scolpito dai temi di pianoforte che emergono dal letto dei suoni atmosferici delle tastiere e degli strumenti acustici, come gli archi e lo xilofono, diventati ormai parti integranti del sound Sigur Rós. Qui non compare la voce di Jónsi, che raffigura lo strumento musicale più inusuale ed elegante di tutta l’opera: capace di modulare la voce espressiva descrivendo passaggi onirici e sorprendenti, Birgission si distingue in pezzi come Untitled 2, che si colloca a cavallo tra Post Rock e Ambient nordico, o come Untitled 5, presagio atmosferico delle sensazioni oscure che si percepiranno nel secondo blocco di canzoni.

( )
non sarà sicuramente apprezzato da chi cerca ritmo e carica emotiva diretta, perché esso è un disco da scoprire nelle sue innumerevoli sfaccettature, nell’apatia dei suoi sviluppi verso crescendi Alternative insperati e mai banali, nel suo feeling malinconico e desolato.
( ) è una tormenta che si abbatte fredda sull’ascoltatore, non deludendolo con i suoi elementi sperimentali, che raccolgono la tradizione Folk/Ambient scandinava, il Progressive più posato e il Post Rock costruito minuziosamente pur nel suo minimalismo: in poche parole, gelido, opaco e soffice come la neve che copre i campi dell’Islanda da cui si scorgono i fili d’erba ancor vivi sotto il manto ghiacciato.

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