Voto: 
6.5 / 10
Autore: 
Alessandro Mattedi
Etichetta: 
Atlantic
Anno: 
1998
Line-Up: 

- Jon Oliva - pianoforte, tastiere, voce nei brani 5 e 7
- Zachary Stevens - voce
- Chris Caffery - chitarra
- Al Pitrelli - chitarra
- Johnny Lee Middleton - basso
- Jeff Plate - batteria

Tracklist: 

1. The Ocean
2. Welcome
3. Turns to Me
4. Morning Sun
5. Another Way
6. Blackjack Guillotine
7. Paragons of Innocence
8. Complaint in the System (Veronica Guerin)
9. Underture
10. The Wake of Magellan
11. Anymore
12. The Storm
13. The Hourglass

Savatage

The Wake of Magellan

Successivamente alla pubblicazione di Dead Winter Dead , i Savatage vengono temporaneamente messi in pausa per la nascita (complice il successo imprevisto del singolo Christmas Eve [Sarajevo 12-24]) della Trans-Siberian Orchestra, progetto parallelo di Jon Oliva e Paul O' Neill in cui convogliare la maggior parte del loro interesse verso la forma musicale del musical, delle orchestrazioni classicheggianti e del rock melodico.
Per avere un nuovo disco comunque non bisogna aspettare troppo, difatti nel 1998 esce Wake of Magellan, simbolicamente il primo lavoro da oltre un decennio a mantenere la stessa identica formazione del disco precedente, e dal responso controverso fra critica e pubblico - c'è chi l'ha osannato a dismisura e chi l'ha fortemente sminuito, come spesso accade forse la verità sta nel mezzo.

L'album è ancora una volta fortemente ispirato nel concept: questa volta si parla di un anziano marinaio discendente di Magellano stanco di vivere che si avventura nel mare sperando di trovarvi una fine gloriosa come nell'ideale romanticizzato dei navigatori vichinghi, ma egli dopo aver salvato un naufrago in una tempesta e riflettuto sulla sua esperienza capisce che ogni singolo istante di vita è prezioso e che non c'è nulla di eroico nel gettarla via in cerca di gloria (al contempo sullo sfondo si intrecciano due fatti realmente accaduti, l'incidente di Maersk Dubai in cui un capitano pirata taiwanese gettò nel mare tre clandestini rumeni in pieno Atlantico e l'omicidio della reporter irlandese Veronica Guerin, che stava combattendo il traffico di droga nel suo paese).
Rispetto al precedente Dead Winter Dead, però, la trasposizione in musica di questa storia segue un percorso meno intimista e musicalmente meno ambizioso, più "edulcorato" negli arrangiamenti e maggiormente propenso ad una teatralità solenne ed emozionante che si rifa ai già citati musical, ormai vera e propria passione per Oliva e O'Neill.
Stilisticamente c'è inoltre una relativa semplificazione del songwriting che abbandona molti inserti orchestrali e l'attitudine ragionata in favore di un approccio più melodico e d'impatto emotivo, senza rinunciare in ogni caso ai duetti pianoforte/chitarra e alle schitarrate più intense. Ma questo appiattimento compositivo rende Wake of Magellan meno creativo ed originale del suo predecessore, anzi, certa enfasi melodica inizia a sembrare forzata, quasi barocca se non trita, e l'andamento generale dei brani è discontinuo, con buone canzoni seguite da altre più appannate e con meno da dire.
Da alfieri del metallo pensante (assieme a pochi altri gruppi come i Queensrÿche, ad esempio) i Savatage avvertono l'influenza di una dimensione più "teatralizzata", comunque con un suo perché e non fatta a caso tanto per farla, divenendo più prevedibili seguendo uno schema compositivo predefinito.
Il sound invece è nitido, cristallino, sapientemente curato nell'eccellente produzione.

Dopo l'introduzione melodica The Ocean, l'album vero e proprio parte con Welcome, breve e solare pezzo in cui risalta l'intreccio di fraseggi di pianoforte (delicati ma spediti) e chords di chitarra (brucianti, corposi, ma sempre molto catchy), mentre il ritornello ha un sapore epico con cui Stevens si trova a suo agio.
Turns to Me è più cupa, introdotta inizialmente da un arpeggio malinconico, subito lascia spazio agli attacchi di chitarra che propongono riff heavy/thrash ruvidi ma dall'irrinunciabile orecchiabilità; al contempo si aggiungono brevi inserti acustici piacevolmente melodici, mentre il pre-assolo emozionale è solenne e suggestivo - l'assolo vero e proprio invece si abbandona ai consueti virtuosismi heavy metal.
Morning Sun inizia come una semplice ballata acustica tranquilla e rilassante, con tonalità quasi country, per poi assumere toni più rockeggianti che "spezzano" la calma, mostrando poi mini-assoli emozionali ed un intermezzo più thrashy ed effettato.
Another Way vede Jon Oliva dietro al microfono per una parentesi eccezionale, così come accadde già in alcuni brani di Dead Winter Dead. E anche in questo caso Jon tende a coniugare durezza (nei riff thrash-oriented, ma sporcati anche di qualcosina heavy/doom per conferire maggiore cupezza) e teatralità (il ritornello intenso e vissuto).
Blackjack Guillotine ha una delle introduzioni più avvolgenti ed inquietanti del disco, grazie alle atmosfere corpose realizzate dal gruppo con i suoi raffinati giochi sonori, ma poi la canzone si trasforma in una canonica e monotona sequenza di riff più pesanti e dall'incedere marcato tendenzialmente sabbathiano (interrotta solo dall'assolo virtuoso sopra riff groove thrash).
In Paragons of Innocence ritorna di nuovo Jon Oliva alla voce, con un brano più vigoroso e creativo del precedente, fra riff acidi, riempimenti tastieristici e ritornelli epici; ma è un po' ripetitivo.
Complaint in the System è una breve ed incalzante canzone dove alle chitarre caustiche si associano il motivo ripetuto da una voce meccanica e le linee vocali di Stevens che si avvicinano in certi fraseggi anche al rap, tuttavia purtroppo senza sperimentare nessun crossover.
La strumentale Underture inizia come mesta esecuzione di pianoforte, ma non passa molto tempo prima che si tramuti in un rock sinfonico maestoso e raffinato, ma anche un po' pomposo.
La titletrack Wake of Magellan si focalizza sull'impatto emotivo e la melodicità solenne generata dalle atmosfere imponenti, soprattutto quando dopo l'assolo i Savatage recuperano l'espediente (già introdotto con Chance pochi anni prima) della stratificazione vocale, soluzione ad effetto che però ora rischia di sembrare un cliché fine a sè stesso di cui il gruppo non dovrebbe abusare.
Anymore riporta alla mente le power ballad di Edge of Thorns fortemente incentrate sul pianoforte, come Exit Music o All I Bleed, ma qui il tutto viene filtrato con un'attitudine più magniloquente, soprattutto nei climax emotivi di chitarra.
The Storm è una strumentale atmosferica basata sui virtuosismi di chitarra, l'epicità pomposa delle tastiere e le caratterizzate atmosfere partorite dallo stile compositivo personale di Jon, con lo scopo di anticiparci la conclusiva The Hourglass, che recupera un po' della melodrammaticità di Dead Winter Dead e ripesca ancora le sovrapposizioni di voci, ormai un fan service piacevole ma banale.

The Wake of Magellan è una conferma del talento di Jon Oliva & soci nell'azzeccare singole melodie coinvolgenti e liriche espressive (oltre che significative), ma per contro è un passo indietro a livello creativo; il fatto che sia più easy-listening e meno imponente o articolato di Dead Winter Dead di per sè non pregiudicherebbe troppo il risultato finale, ma il retrogusto di manierismo stilistico e il minor spessore compositivo impediscono che si realizzi un capolavoro (va però anche detto che in una carriera ventennale con molti alti non si possono sfornare continuamente dischi eccezionali).
Rimane ugualmente una discreta uscita ricca di melodia e gran classe, non certo un capolavoro immenso nè una mera schifezza come a volte si dice, consigliatissima in ogni caso ai fan dei Savatage che stravedono per determinate sonorità in quanto troveranno abbastanza elementi da apprezzare e sfumature affascinanti nascoste fra le note che attendono solo di essere scoperte.

Curiosità: questo è l’unico album dei Savatage a non avere il tradizionale logo in copertina. Non venne abbandonato, il motivo di questa scelta fu il fatto che era stato ritenuto inadatto per l’artwork, e così, per l'occasione, si optò per un logo maggiormente in sintonia con il suggestivo dipinto.

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