Voto: 
9.4 / 10
Autore: 
Roberto Boasso
Genere: 
Etichetta: 
Moonfog Productions
Anno: 
1996
Line-Up: 

- Satyr - voce, chitarre, basso
- Frost - batteria
- Kveldulv - chitarre

Tracklist: 

1. The Dawn of New Age (07:27)
2. Forhekset (04:31)
3. Mother North (06:25)
4. Du Som Hater Gud (04:21)
5. Immortality Passion (08:23)
6. Nemesis Divina (06:54)
7. Transcendental Requiem of Slaves (04:44)

Satyricon

Nemesis Divina

Se il nome Satyricon è divenuto uno tra i più conosciuti in assoluto in ambito black metal, molto lo si deve proprio a Nemesis Divina. Il gruppo norvegese veniva già da due ottime prestazioni, i più “folkeggianti” Dark Medieval Times e The Shadowthrone, ma è con quest’album del ’96 che si afferma una volta per tutte, e non solo nel black, ma nel metal estremo in generale. La fama raggiunta dai Satyricon, difatti, è davvero notevole, forse anche troppa in rapporto alla proposta musicale, ma non si può dire che non abbiano segnato, con i loro dischi, la storia del genere. Questo lavoro, in particolare, è uno dei meglio riusciti, e vede diversi cambiamenti rispetto ai due album che lo precedettero: primo fra tutti quello legato alla produzione del disco, che in Nemesis Divina si presenta più nitida e potente, a discapito dei suoni grezzi e taglienti dei primi lavori. Altro rilevante mutamento è la minor presenza di chitarre acustiche; ne deriva, quindi, un abbandono dei toni improntati sul folk dei precedenti dischi, specie Dark Medieval Times. Anche le tastiere qui sono spesso rilegate ad un ruolo più marginale che nel passato, dove invece frequentemente facevano da “colonna portante” delle canzoni.

Già dai primi ascolti, comunque, ci si rende subito conto di come Nemesis Divina sia un album molto vario, che passa con disinvoltura da momenti di pura aggressività ad altri prevalentemente atmosferici e cadenzati; il gruppo si dimostra all’altezza praticamente in ogni occasione. Da sottolineare, per questo, la buona prova anche a livello tecnico dei componenti della band, sia per quanto riguarda le parti di chitarra (non di rado i riff si rivelano molto più articolati di quelli di molti altri lavori black metal), che per quelle ritmiche, specialmente di batteria, dove un Frost in stato di grazia riesce ad imprimere una violenza non indifferente.

Sono diversi i momenti contenuti nell’album poi passati alla storia, come la celebre frase “This Is Armageddon” recitata da Satyr all’immediata apertura della prima canzone, ma, soprattutto, Mother North, terzo brano di Nemesis Divina. Mother North è, indiscutibilmente, un capolavoro. Anche la maggior parte di coloro che non ritengono i Satyricon un gruppo così eccezionale, o che addirittura non li sopportano proprio, solitamente reputa questa traccia come un’“eccezione”, facendone un discorso a parte. È davvero raro trovare un blackster che non la citi come una delle tre, cinque, dieci o comunque come una delle canzoni in generale più rappresentative di questo stile musicale. C’è, e non è una categoria poi tanto ristretta, anche chi la ritiene la canzone black, ma questa è, ovviamente, una preferenza più che altro soggettiva. Certo è che si tratta di un brano riuscito alla perfezione, ed è incredibile come sia così riconoscibile già dal primo istante, dall’attacco del famosissimo e splendido riff principale, ma è con la parte centrale, quella più lenta ed evocativa, che si raggiunge l’apoteosi, con delle melodie veramente emozionanti. Ogni minimo passaggio di Mother North rimane, in ogni modo, di una bellezza straordinaria, dall’appassionante parte vocale ai variegati ritmi, oltre che, ovviamente, le parti di chitarra e di tastiera. Anche il basso ricopre, ma non solo in questa traccia, un ruolo importante, ed è suonato dallo stesso Satyr, oltre che cantante, primo chitarrista e compositore. Alla batteria troviamo, come già scritto, il bravissimo Frost, mentre alle chitarre figura anche Kveldulv, ovvero Nocturno Culto dei leggendari Darkthrone.

Esclusa Mother North (della quale è stato anche girato un singolare video), figurano in Nemesis Divina sei tracce, di cui una strumentale, la conclusiva Transcendental Requiem of Slaves. Seguono tutte più o meno lo stesso stile, con riff molto melodici, tempi veloci e atmosfere spesso epiche; impossibile dire quale sia quella migliore, in quanto ognuna rappresenta un fantastico esempio del talento compositivo dei Satyricon, dalla iniziale The Dawn of New Age, che si delinea come una delle più violente, passando per le grandiose Forhekset, Du Som Hater Gud ed Immortality Passion, per concludere poi con la violenta title track e la malinconica, splendida Transcendental Requiem of Slaves.

In definitiva, Nemesis Divina è un album fondamentale, uno dei classici del black metal - tra i quali appare come uno dei più articolati e complessi -, al pari dei lavori di band quali Mayhem, Emperor o Burzum; perciò, se si è interessati al genere, rappresenta sicuramente uno dei primi dischi da ascoltare, con la certezza che difficilmente si può trovare di meglio.
 

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