Voto: 
7.5 / 10
Autore: 
Paolo Gregori
Genere: 
Etichetta: 
Roadrunner Records
Anno: 
2007
Line-Up: 

-Jared MacEachen - Voce
-Zeff Childress - Chitarra
-Derek Anderson - Basso
-Jeremy London - Chitarra

Tracklist: 

1. Beneath the Machine
2. Brotherhood of Destruction
3. Road to Bloodshed
4. Laws of Reason
5. Billy Seals
6. Zeppo
7. Beloved Killer
8. The Shape of Things
9. Flatline
10. The Rift Between
11. Seconds
12. Once Again

Sanctity

Road to Bloodshed

Come è universalmente noto del mondo della musica estrema, la RoadRunner Records ha sempre abituato gli ascoltatori a dischi di ottima produzione e a musicisti di grande talento. Non fanno eccezione i Sanctity con il loro debut album, Road to Bloodshed, la cui qualità tecnica è indubbiamente testimoniata dal rispetto che il quartetto di Asheville (NC) ha già riscosso nelle alte sfere del metal americano, a partire dal frontman dei Trivium, Metthew K.Heafy, che li raccomandò a Monte Conner dalla RoadRunner e li mise in contatto con Jason Suecof (produttore, oltre che dei Trivium, anche di Chimaria e Devildriver), e dal leggendario Dave Mustaine, che offrì loro un posto nella seconda edizione del Gigantour Festival. Con tali presupposti non ci si può che aspettare un platter di grande qualità produttiva e tecnica strumentale e, in effetti, da questo punto di vista non rimarrete delusi.

L'album si apre con la serie di riff di Beneath the Machine, molto improntati sia sull'hardcore che sull'old school thrash che preparano all'arrivo della voce aggressiva di Jared MacEachen. Quest'ultima ci accompagna per una strofa che non nasconde l'influenza di gruppi thrash di vecchio stampo, in particolare dei Testament. Già dalla prima traccia si capisce quale sarà la caratteristica principale dell'album: l'abbinamento di vocals violente e clean, di riff aggressivi e spunti melodici. Tale abbinamento è reso possiblile oltre che dalla grande abilità tecnica dei musicisti anche dalla grande versatilità vocale di MacEachern, che riesce a spaziare da urla basse e rabbiose in stile hardcore, al clean sussurrato, ad acuti alla Rob Halford, come dimostrato dalle due tracks successive, Brotherhood of Vengeance e Road to Bloodshed, una continua alternanza, quasi mai stonata o forzata, di stili opposti. Altra nota a favore del gruppo sono gli spazi dedicati alle parti strumentali: quest'album offre una varietà di assoli, nonchè un numero di cambi di tempo veramente impressionante per una band così giovane. Altre track particolarmente degne di nota sono Billy Seals, con la sua intro sinfonica e dotata di un asolo indimenticabile, e Seconds, forse la canzone più aggressiva dell'intero album.
Sostanzialmente si possono individuare due pecche fondamentali in questo album: innanzitutto il numero di tracce; MacEachen e soci si sono cimentati in un platter di dodici tracce che, nonostante ogni canzone differisca dalla precedente, vuoi per la struttura, vuoi per gli asoli e i riff, rischia di annoiare dopo i primi ascolti, soprattutto a causa delle parti melodiche che sembano mancare della dovuta originalità e della quasi totale assenza di riffs veramente memorabili.La seconda critica che si può muovere all'album riguarda ancora le parti melodiche: accade infatti, fortunatamente non di frequente, che tali parti vadano a interrompere un riff thrash o una sezione particolarmente aggressiva, suonando di conseguenza leggermente forzate. Nonostante questi difetti l'album lascia esterefatti per le immense potenzialità del quartetto che, ricordiamolo, è al suo debut album.

Quest'album rappresenta quindi il trampolino di lancio per i Sanctity, un gruppo che, probabilmente, scriverà un importante capitolo nella storia del metalcore americano, se saprà far maturare adeguatamente le premesse, già eccellenti, con cui è partito. Road to Bloodshed è quindi un'ottima aggiunta alle collezioni degli amanti di metalcore, ai quali consiglio caldamente di tenersi aggiornati sui prossimi lavori di questo giovane gruppo.


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