Voto: 
8.0 / 10
Autore: 
Marcello Zinno
Genere: 
Etichetta: 
Nadir Music
Anno: 
1993
Line-Up: 

- Tommy - chitarra, tastiere
- Peso - batteria
- Andy - basso, voce

Tracklist: 

1. Nadir (02:12)
2. Breathin' Cancer (07:25)
3. Enslaver of Lies (05:37)
4. Sometimes They Come Back (06:27)
5. Hell in Myself (05:32)
6. Desert Divinities (05:06)
7. Sadist (04:21)
8. Happiness 'N' Sorrow (06:40)
9. Dreaming Deformities 2000 (bonus track) (04:33)
10. Musicians Against Yuppies 2000 (bonus track) (04:11)

Sadist

Above the Light

Above The Light: così esordisce il primo grugnito del longevo incubo a nome Sadist. Nel lontano 1993, dopo 2 anni di osannata gavetta e palchi diretti a destra ed a manca, i genovesi prendono parola in campo death con l’obiettivo di rendere patriottico un nuovo filone musicale, quello del technical death metal, che stava nascendo proprio a cavallo tra gli anni '80 e '90. Grazie infatti all’insegnamento degli americani Cynic, a quel tempo ormai alle soglie della sepoltura, e degli olandesi Pestilence forti di una già robusta esperienza, i Sadist importano il medesimo approccio ipertecnico, forti di una visuale a 360° sul panorama musicale forgiato proprio dall’album in questione.Le tracce nascondono un odore molto più impregnato di death (rispetto invece alla voce elettronica dei Cynic) con un Andy che rende invivibile ogni singola parola, ma la peculiarità dell’intero lavoro risulta essere proprio la preziosa ed encomiabile lavorazione di tessuti musicali differenti tra loro, per tempi, generi e gusti musicali.

Già Nadir ci apre a percorsi spazio-temporali poco definiti, ma con Breathin' Cancer il quadro compare limpido dinanzi a noi pur non essendo soggetto ad un’unica interpretazione. Le atmosfere cambiano con una scioltezza disarmante e le tastiere riescono ad entrare nella scena con la massima disinvoltura, un tutt’uno con il concept dell’opera che i Sadist hanno in mente. Il dolore e tutti i sentimenti più cupi che il Creatore abbia mai potuto mettere al mondo sono tutti spiattellati nei testi di queste 10 canzoni, a partire con naturalezza dall’odio, dalla rabbia e dall’amarezza nel sentire le menzogne del prossimo; ma il lavoro sicuramente più apprezzato è quello di Tommy Talamanca che con grande maestria riesce a dipanarsi tra composizioni chitarristiche e tastieristiche senza mai ripetersi, né ricalcando un copione minimamente attendibile. Questo risulta essere davvero uno dei principali punti di forza della band.Fermarsi alla seconda traccia ed essere convinti di aver compreso il gergo dei genovesi è un errore imperdonabile: basta passare alla successiva Enslaver Of Lies, thrash fino al midollo ma putrida, nel senso più peccaminoso del termine, in quanto a significato; ascoltare Andy che sprigiona l’odio che ha in sé per devastare chi mente, mentre Tommy si imbarca in esperienze pseudo-barocche prima e sofferenti poi, fa presagire ad un elemento innovativo nel genere, che va al di là del tecnicismo puro.

Nell’album, dopo la furia iraconda delle prime tracce, pervade un sapore di amarezza che compare con Sometimes They Come Back (per la quale fu girato anche un video) e si fa ancora più intollerante con l’inizio di Hell In Myself che riapproda su lidi thrash-death, habitat naturale dei nostri. Non da meno la “horror” Desert Divinities nella quale la sei corde di Tommy si allarga in solitarie uscite prima che la voce (molto più death e rurale dei quella di Trevor, attuale singer) ci riporti giù negli inferi: composizione perfetta, ensemble unico, pochi ascolti non bastano per entrare in questa psiche contorta ma bisogna metabolizzare le svariate idee spesso proposte in maniera ermetica.

Assolutamente nulla da eccepire nella strumentale che prende il nome della band, variegata ma mai confusionaria, che come una lunghissima intro preclude l’ultimo passaggio rappresentato dalla enfatica Happiness 'N' Sorrow dove si riprendono, ancora una volta, i classici canoni del thrash di scuola americana miscelati con le atmosfere oscure ormai già note.Davvero godibili le bonus track con il nuovo approccio dei Sadist giunti al nuovo millennio e dopo un periodo di titubanza ritornati anche sulle scene. Difficile capire cosa ci attenderà il loro futuro e se il genere prenderà di nuovo il volo come i fasti di un tempo.

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