Voto: 
7.8 / 10
Autore: 
Salvo Sciumè
Genere: 
Etichetta: 
Capitol Records
Anno: 
1979
Line-Up: 

- Guy Speranza - voce
- Mark Reale - chitarra
- Jimmy Iommi - basso
- Peter Bitelli - batteria
- Rick Ventura - chitarra ritmica

Tracklist: 

1. Waiting For The Taking
2. 49er
3. Kick Down The Wall
4. Born To Be Wild
5. Narita
6. Here We Come Again
7. Do It Up
8. Hot For Love
9. White Rock
10. Road Racin'

Riot

Narita

Nel 1979 nel Regno Unito era già scoppiata la febbre della NWOBHM, alla cui diffusione contribuirono pure alcuni critici e DJ, che improvvisandosi anche talent scout facevano girare in alcune radio inglesi quelle che loro ritenevano le possibili future canzoni manifesto di questa nuova ondata metal britannica. Tra questi un ruolo decisivo lo ebbe di certo Neal Kay, tanto che sono in molti a ritenere addirittura che sia stato proprio lui a coniare per la prima volta il termine NWOBHM, ragion per cui quando lo stesso Kay ebbe parole di elogio per Rock City, esordio discografico degli americani e sconosciuti Riot avvenuto nel 1977, molte copie del debut album del combo di New York furono importate in tutto il Regno Unito. Nel frattempo dall'altra parte dell'oceano, dopo un tour di supporto a Molly Hatchet ed AC/DC, i Riot furono contattati dalla Capitol per intraprendere un nuovo tour di supporto a Sammy Hagar, proprio quando il manager della band americana Steve Loeb aveva già riportato i cinque in studio per le registrazioni di Narita.
L'occasione di poter usufruire di una distribuzione mondiale grazie all'interessamento della Capitol non fece altro che accelerare i lavori di ultimazione per l'uscita di Narita, avvenuta nel 1979 appunto. In realtà però i rapporti tra la label e l'intero entourage della band non furono dei migliori, infatti la Capitol insisteva per un lavoro più commerciale da dare in pasto alle masse, ma sia Mark Reale, chitarrista e compositore della band, sia i manager Billy Arnell e Steve Loeb non accettavano intromissioni nel loro lavoro ed andavano dritti per la propria strada, quella che in sordina li avrebbe presto condotti a divenire tra i principali anticipatori ed esponenti dell'US metal e non solo. Infatti i Riot in tutta la loro storia artistica si sono distinti per la loro capacità di svariare su più fronti, dall'hard rock all'heavy metal, passando per il power e lo speed/power, altri generi di cui si possono considerare autentici precursori.

Rispetto al precedente album d'esordio si assiste ad un indurimento del sound, dovuto anche all'ingresso del nuovo chitarrista italo-americano Rick Ventura ad affiancare Mark Reale e sostituire L.A. Kouravis, il quale aveva un approccio meno heavy e più melodico, così che Narita veniva interamente concepito e realizzato da cinque italo-americani trapiantati nella "grande mela". Il songwriting di Reale era (e si è sempre mantenuto) "open mind", aperto a varie soluzioni, mai fossilizzato nei limiti di un qualsiasi genere, e ne sono un'ampia dimostrazione i continui cambiamenti di rotta con cui si spostano dall'hard rock tradizionale di scuola americana e di derivazione Blue Oyster Cult dell'opener Waiting For The Taking al grezzo rock n' roll di 49er.
Non mancano però, ed anzi si ergono sugli altri, alcuni brani a dir poco pionieristici, come la strumentale Narita, che aperta da un bel riff si sviluppa poi potente e veloce, come sarà nel futuro stile power, ma avvolta in una bella melodia disegnata dalle mani e dalla chitarra di un Reale strepitoso, o la closer Road Racin', anch'essa rocciosa ed incalzante, con la quale sembra di assistere ad una consegna di testimone da staffetta dal proto-metal direttamente al power, e persino una cover nelle loro mani può diventare pionieristica, infatti Born To Be Wild degli Steppenwolf viene da loro riproposta in una versione che sembra un po' farsi antesignana dello speed/power, genere che troverà fervido sviluppo negli anni '80.
Il timbro del compianto Guy Speranza risultava spesso rassicurante ed avvolgente, capace di dare un gusto particolare al rock n' roll di Here We Come Again o Do It Up, che pur mantenendo sempre quel mood alcolico ed un po' bluesy tipico dell'epoca e rintracciabile nei vari AC/DC o Steppenwolf, assumeva nella loro musica connotati più heavy ed al contempo meno spigolosi, come dimostra uno degli apici dell'album, cioè il robusto mid-tempo Kick Down The Wall, bel pezzo hard n' heavy in possesso di un refrain memorabile.

Narita fu ovviamente penalizzato a livello commerciale dai dissapori intercorsi tra il management della band e la label, oltre che da un'artwork a dir poco brutta e di certo lontana da un prodotto che si potrebbe definire professionale, nonostante tutto però l'album ricevette responsi favorevoli sia in USA che in Europa, e non solo nel Regno Unito ma persino in Italia, dove alcune delle più importanti riviste di settore inserirono Narita nei primi venti posti delle uscite metal dell'anno. Per i Riot i tempi sono ormai maturi per la definitiva affermazione.


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