Voto: 
7.5 / 10
Autore: 
Filippo Morini
Genere: 
Etichetta: 
Autoproduzione
Anno: 
2008
Line-Up: 


- Pierre - voce, chitarra acustica ed elettrica, piano, organo, tastiere
- Peter - voce, basso
- Gae - Batteria, percussioni, cori


Tracklist: 


1. Cannot Sleep
2. Clouds Are Moving
3. Lockdown (free as a bird)
4. Hot Spot
5. Money’s On Fire
6. A Little Content
7. Rudy
8. Draft
9. Black Ropes Hanging Over
10. Girl Of My Wet Dreams
11. Shoe Shine
12. Big Time Moaner

Record's, The

Money's On Fire

Probabilmente diversi di voi avranno già sentito parlare dei The Record’s grazie a quel tentacolare surrogato di mamma telemusicoculturale chiamata Mtv, emittente che consentì alla band di mettersi non poco in mostra attraverso il programma SonicBands, una sorta di catapulta mediatica per le band che hanno la fortuna di parteciparvi: e i Nostri questa fortuna la ebbero eccome, classificandosi secondi nella graduatoria finale ed arrivando infine alla pubblicazione di questo primo lp dal titolo Money’s On Fire.

Lo stile di questo trio innamorato visceralmente del Rock’n’Roll più classico somiglia a tutto ma allo stesso tempo mantiene scaglie di personalità che impreziosiscono le splendide melodie costituenti il motore di ogni pezzo, donando all’album grandiose doti di scorrevolezza ed uniformità.
Ad ogni ascolto sembra sempre finire troppo presto, portando l’ascoltatore a premere il tasto play per l’ennesima volta e riappropriarsi della freschezza pop che trasmette questo disco, della sua spensieratezza, e della sua voglia di coinvolgere.
Per quanto riguardo l’aspetto prettamente tecnico della cosa, non si può certo dire che la band sfoggi doti o trovate rivoluzionarie: vi troverete di fronte a qualcosa che musicalmente suona un po’ come se i The Fratellis fossero cresciuti con il sole Bresciano sopra la testa e i dischi dei Kinks sotto braccio, ma ciò che seriamente minaccia l’ascoltatore occasionale è proprio il genere in cui questa band è immediatamente inscrivibile, ossia un Rock’n’Roll/Garage/Indie Pop irritantissimo per chi, come me, ne ha abbastanza di questa ondata di nuovi talenti dall’approccio bohemienne con sorriso imbronciato e chitarra crunchy provenienti soprattutto dall’Inghilterra.
Insomma, musicalmente sono derivativi in modo irrimediabile, completamente immersi in suoni ed atteggiamenti che potrebbero scoraggiare diverse persone.
Ma la grandezza dei The Record’s sta nel fatto di saper tirare fuori l’asso pigliatutto proprio nel momento giusto: e quel momento si manifesta non appena ci si scopre a canticchiare più di una loro canzone una volta riposto il disco nella custodia.
Immediatamente si prende coscienza del pregio di questa band: la capacità di scrivere belle canzoni. Sembra una constatazione banale, ma non lo è affatto. Tra le chitarrine mai troppo pulite che saltellano al ritmo di batterie Surf serpeggiano infatti ottime e solide melodie, fatte per essere ricordate, cantate, imitate.
Ad accentuare ancor più questa caratteristica ci pensano le voci di Pierre e Peter, squillanti nei momenti più concitati e ricche di toni bassi e vintage durante i passaggi più lenti, capaci di incresparsi con fare adolescenziale e puzzare di marciume punk quando occorre una dose di arroganza aggiuntiva. Le linee melodiche sprigionate dai frizzanti arrangiamenti vocali alleggeriscono e fanno spiccare il volo alle canzoni, facendo si che si appiccichino immediatamente nella testa di chi le ascolta, confezionando così hit single a cascata.

C’è poco altro da dire: sorvolate sul fatto che potrebbero ricordare un gruppetto indie qualsiasi proveniente da un cantina inglese e lasciate che i 12 brani di questo esordio vi frullino in testa giusto la durata del primo ascolto. I ritornelli pop irresistibili, le voci versatili e la vibrante gioia di cui è pregno questo disco faranno il resto.

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