Voto: 
6.5 / 10
Autore: 
Alessandro Mattedi
Etichetta: 
Sound Source
Anno: 
1992
Line-Up: 

- Peter Andersson - tutti gli strumenti

Tracklist: 

1. Apres nous le deluge (acte I)
2. Raison d'etre
3. The Final Wagon
4. Moribund
5. De profundiis
6. Death Brightens With Sorrow
7. Ignesco comburo
8. Memento mori
9. Apres nous le deluge (acte II)

Raison d'Etre

Apres Nous le Deluge

I Raison d'être sono il progetto dark ambient di Peter Andersson, creativo compositore svedese attivo in vari progetti ma che con la sua creatura principale è diventato uno dei punti di riferimento dell'ambient e del dark negli anni '90.
In precedenza attivo con i D:Combe, con i quali aveva inciso solo qualche demo, Andersson crea i Raison d'Etre nel 1991. La prima produzione sotto questo monicker avviene l'anno successivo con un album inciso solo su cassetta, Aprés nous le déluge. Il disco si rivela un lavoro all'insegna dell'industrial/dark ambient, con ancora molti riferimenti agli anni '80 e i debiti stilistici che ne conseguono (in primo luogo Throbbing Gristle, Lustmord, Dead Can Dance).
Nonostante la forte connotazione ambientale, il lavoro presenta un marcato accento sul lato ritmico - che si perderà in futuro -, con martellanti battiti industriali abbinati a percussioni più esotiche a ricreare scenari angoscianti che poi il contorno tastieristico ed elettronico enfatizzano.
Nonostante un pizzico di ripetitività e un songwriting che a volte sembra ancora poco a fuoco, come se Andersson non fosse sicuro di dove andare a parare (rimanendo così sospeso come in una mezza via fra più tendenze sonore senza approfondirle ulteriormente), si percepisce un punto di forza nell'album, cioè la sua capacità atmosferica, sempre avvolgente in maniera elegante con il suo connubio di oscurità quasi mistica e inquietudine urbana moderna.

La titletrack è divisa in due atti, posti all'inizio e alla fine dell'album. L'Acte I è un agghiacciante introduzione alla sintesi stilistica operata da Andersson, con effetti sonori raccapriccianti accompagnati da strings macabre, elettronica minimale e rarefatta (a volte quasi glitch), sample vari angoscianti, il tutto con una drum-machine tanto funerea quanto robotica e alienante in primo piano.
Il secondo brano è Raison d'Etre, ancora più focalizzata sulla drum-machine con i suoi battiti repentini e ossessivi a rendere il suono ancor più meccanico e disumanizzante di quanto lo facciano i synth industriali e i choirs gotici.
Il capolavoro atmosferico dell'album è però probabilmente The Final Wagon, apice sia degli elementi dark che delle atmosfere post-industriali con strings inquietanti spalleggiate da gelidi sintetizzatori robotici e da un campionario ritmico efficace e mai scontato, come se l'universo dei Coil incontrasse la dimensione dei Lycia.
Moribund assume connotati più esotici grazie alle percussioni sintetiche ma tribali e ai campionamenti di canti liturgici (che in futuro assumeranno un ruolo sempre maggiore nei Raison d'Etre), a conti fatti quasi una versione industriale dei Dead Can Dance, citati anche nel titolo della successiva De Profundiis che però è puramente atmosferica, senza elementi ritmici, e relega i canti sacrali ad un background in lo-fi che emerge fra tappeti di tastiera notturni e spruzzi elettronici intermittenti e futuristici, toccando anche l'industrial/space ambient.
Piuttosto, ci si riavvicina al duo australiano nei brani successivi: Death Brightens With Sorrow che, escludendo il sample lirico iniziale, riprende una parte di quel battito etnico, immergendolo comunque in un un ibrido fra atmosfericità industrialoide e riempimenti ambientali spettrali; Ingesco Comburo che arriva pure a campionare dei canti monastici buddisti rimescolando atmosfere gotiche, ritmi da "giungla nera", samples urbani e maggiormente "alieni"; Memento Mori, che invece strizza l'occhio agli elementi più drammatici e funerei, amplificandoli con tastiere vampiresche e drum machine che più ossessiva, ripetuta e minimale non si può.
Infine abbiamo l'Acte II di Apres nous le deluge, semplicemente una tetra chiusura dark ambient con qualche spunto industrial a ricreare un'atmosfera post-apocalittica.

Di certo, confrontando questo disco con i successivi, ne emerge un risultato ancora acerbo, però non mancano gli spunti interessanti e più intriganti su cui concentrarsi e che lo stesso Peter Andersson avrebbe poi evoluto con cura certosina.

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