Voto: 
7.5 / 10
Autore: 
Damiano Cembali
Genere: 
Etichetta: 
Burning Heart Records
Anno: 
2009
Line-Up: 

- Alexander “Alle” Hagman – vocals
- Marco Eronen – guitar
- Daniel Holmberg – guitar
- Andreas “Josse” Johansson – bass
- Matte Modin - drums

Tracklist: 

1 Friends And Traitors
2 They Can't Keep Us Down
3 Wounds
4 Afraid
5 Slipping Into Coma
6 City Of Cold
7 Volcano Is Me
8 Disbelief
9 My Last Day
10 I Have To Pretend
11 Words And Phrases
12 Keeping It To Yourself
13 Never Negotiate
14 Out

Raised Fist

Veil of Ignorance

Ad oltre 3 anni di distanza dal loro ultimo capitolo discografico, l’acclamato Sound Of The Republic, è finalmente arrivato il momento, per i Raised Fist, di ritornare in scena: la formazione svedese, da sempre una gradevole anomalia all’interno del panorama hardcore internazionale e soprattutto europeo, si ripresenta dunque all’attenzione del grande pubblico con un lavoro difficilmente prevedibile e che in molti non sapranno certamente apprezzare, soprattutto in virtù di quella che si considera la loro scena d’appartenenza e che questo brillante Veil Of Ignorance contribuisce ad estendere e, provocatoriamente, persino ad abbandonare. I Raised Fist rappresentano, del resto, una di quelle numerose realtà della musica contemporanea che, mediamente poco conosciute, meriterebbero certamente una maggiore notorietà e soprattutto una ben più cospicua valorizzazione, che li conducesse ad un successo molto più meritato rispetto a numerose altre formazioni già sulla cresca dell’onda (discografica): giunti ormai al loro quinto studio album, senza dimenticare 2 EP e già una compilation alle spalle, frutto di più di 15 anni di onorata carriera, questi 5 fieri musicisti scandinavi dimostrano, con Veil Of Ignorance, di aver raggiunto la più completa maturità artistica (già ampiamente dimostrata nel loro personale capolavoro Dedication, seppur ingiustamente passato sottotraccia) e soprattutto di avere le idee sufficientemente chiare per puntare manifestamente al grande salto.     

Veil Of Ignorance
, infatti, a differenza di quanto ci si potrebbe aspettare da un album di hardcore punk tradizionale, presenta una varietà di soluzioni ritmiche e strumentali che ben difficilmente potrebbero conciliarsi con la precedente definizione, non fosse per quel sentimento iroso e ribelle che da sempre sottende alle loro produzioni e che dell’hardcore è elemento assolutamente fondante: sin dalla coinvolgente opener Friends And Traitors, infatti, possiamo ravvisare, con gradita sorpresa peraltro, nitidi richiami a certo nu metal di inizio millennio, monolitico e aggressivo, con tanto di scream vocals acidissime (ma mai stridule, per fortuna) che non di rado sembrano eseguire ritmiche rap.  Le origini hardcore ritornano dirompenti con la successiva They Can’t Keep Us Down, peraltro un poco sottotono, ma gli influssi metallici ricompaiono immediatamente con la coinvolgente Wounds, nella quale pare di risentire una versione inedita dei Linkin Park ancora legati a Meteora ma già proiettati al successivo Minute To Midnight. Questa nitida alternanza fra nostalgici sguardi alle origini hc punk e proiezioni decisamente metalliche si ripropone nuovamente con Afraid, hc allo stato brado, e Slipping Into Coma, dagli ipnotici effetti ambient e dal crescendo realmente devastante; con City Of Gold, abbastanza monotona fino al cambio di tempo della sezione finale, e Volcano Is Me, non al livello della precedente Wounds ma comunque uno degli episodi migliori dell’album; con Disbelief, uno dei più riusciti momenti hc punk dell’intero platter, e con My Last Day, mid-tempo profondamente evocativo; per finire, con I Have To Pretend, piuttosto tirata e pienamente convincente, e Words And Phrases, ballad sofferta dalle intriganti sfumature post-grunge. Dopo lo stuzzicante intermezzo di Keeping It To Yourself, che recupera in forma sintetica il groove marziale della traccia d’apertura, e l’insipido up-tempo di Never Negotiate, ci pensa la strumentale Out a porci il malinconico commiato da un album che certamente non finirà tanto presto nel nostro personale dimenticatoio.

Ciò che più sorprende, alla luce dell’ottima prova fornita dai Raised Fist (l’ennesima ben oltre la media internazionale), è come questa formazione svedese riesca a proporre un hardcore dal sound fortemente contaminato ma allo stesso tempo aggressivo, stridente eppure nitido, che fa leva su una performance vocale a tratti un po’ canonica e forzata, più spesso davvero naturale ed efficace. La varietà di idee tecniche sviluppate in questo Veil Of Ignorance è degna di un album significativo sia sotto il profilo della personalità compositiva, sia dal punto di vista della riuscita emotiva: non si tratta certo del solito LP hardcore tutto strida e drumming furibondo, anzi, in diverse occasioni possiamo istantaneamente accorgerci di come sia proprio ciò che esula da questo schema ritrito a rappresentare in maniera più significativa e convincente i Raised Fist, nella pesantezza più metallica come nella lentezza meno ‘core, riuscendo in maniera del tutto sorprendente a far di loro uno degli act più interessanti e meglio riconducibili alla reale definizione di metalcore. Difficile stabilire se e quanto Veil Of Ignorance contribuirà a far uscire questi 5 ragazzi scandinavi da un semi-anonimato del tutto immeritato, soprattutto al confronto dei tanti gruppi precocemente catapultati alla grande ribalta e quasi sempre risucchiati poi nella mediocrità della massa, sta di fatto che, per quanti abbiano estrazione hardcore punk ma non disdegnino qualcosa di diverso dai suoi soliti e ormai consunti stilemi o, viceversa, quanti abbiano passione metal ma sappiano apprezzare con sincerità e ampiezza di vedute anche ciò che col metal si mescola soltanto, certamente Veil Of Ignorance potrà rappresentare una sorprendente scoperta nonché l’appiglio più riuscito per recuperare, dei bravi Raised Fist, la storia discografica, il cui finale è ancora tutto da scrivere. Noi, ovviamente, saremo con loro.  

Giudizio finale, 7,5 :
album praticamente impeccabile, in perfetto equilibrio tra reminiscenze old style e innovazione melodica mai stucchevole e sempre incisiva; qualche ineludibile passaggio a vuoto dimostra che la formazione svedese ha ancora ampi margini di crescita, dettaglio tutt'altro che trascurabile per una band ai vertici delle propria scena di riferimento. Mai come in questo caso successo e qualità saprebbero andare perfettamente d'accordo: dispiace, per ora, doversi accontentare soltanto della seconda. Grandi comunque, ancora di più.  


NUOVE USCITE
Filastine & Nova
Post World Industries
Montauk
Labellascheggia
Paolo Spaccamonti & Ramon Moro
Dunque - Superbudda
Brucianuvole
Autoprod.
Crampo Eighteen
Autoprod..
BeWider
Autoprod..
Disemballerina
Minotauro
Accesso utente