Voto: 
6.4 / 10
Autore: 
Edoardo Baldini
Genere: 
Etichetta: 
My Kingdom Music/Masterpiece
Anno: 
2006
Line-Up: 

- Aleksi Ahokas - chitarra, basso, voce
- Sami Koikkalainen - chitarra
- Tim Toivanen - batteria


Tracklist: 

1. Year Or Two
2. Give Back My Heart
3. Heart Will Stop
4. Thru the Mire
5. Disintegration (The Cure cover)
6. Purity
7. Final Peace
8. Inside Me
9. Disillusion (Outro)

Rain Paint

Disillusion of Purity

In quanto a produzioni di lavori basati sulla decadenza e sulla malinconia interiore, il Nord Europa si presenta come un immenso pozzo senza fondo: tante, forse troppe, le realtà nate nell’ultimo decennio in Paesi come Svezia e Finlandia, mostrano dei tratti peculiari che le riuniscono sotto un genere etichettato come Dark Rock, termine però alquanto restrittivo. Basti confrontare tra loro formazioni come i defunti Sentenced e gli ormai alternativi Katatonia, i gotici svedesi Beseech o i funebri doomsters Shape of Despair: molteplici le differenze, ma un unico mesto filone.

Anche per i Rain Pain il discorso è simile: reduci dal precedente Nihil Nisi Mors e attivi dal 1997 (allora sotto il nome di Prophet) i tre finnici riescono a compiere un ulteriore balzo stilistico, distanziandosi dal vero e proprio Mournful Metal (come viene da loro chiamato) del debut album e giungendo a scoprire delle sonorità Rock fortemente influenzate dalla Wave dei Cure e dalle tonalità grigie di gruppi quali HIM, Sentenced e Katatonia in primis. Non a caso il filo conduttore che lega i gruppi sopra citati è la tristezza che pervade le composizioni e si manifesta o apertamente o si nasconde nell’intimo dei musicisti.
Difficilissimo quindi stabilire con precisione cosa sia, stilisticamente parlando, un prodotto di qualità come questo Disillusion of Purity, un ampio calderone di idee che sgorgano dalle menti dei tre finlandesi. Se ci si concentra sulla presentazione del disco attraverso l’artwork, si noterà una certa somiglianza con le tematiche degli americani Agalloch, che creano un parallelismo tra il grigio della città e il dolore dell’animo; se invece si esplora Disillusion of Purity dal punto di vista musicale, ecco che ci si imbatterà in un lavoro meditato, elaborato e parecchio vario.
Doom atmosferico, Gothic Rock, Wave e Dark si fondono insieme per dare un prodotto che, sebbene non coinvolgente al massimo, rappresenta un’originale pubblicazione all’interno di un panorama abbastanza monotono e ripetitivo.

L’iniziale Year Or Two infatti non raffigura uno straordinario esempio di song-writing, ma si colloca nella fascia media tra tutte le nove canzoni esibite sul full-lenght; veramente apprezzabile è la seconda, altrettanto gotica nel suo approccio Rock, Give Back My Heart, certamente inscritta al timbro tipico degli ultimi connazionali Sentenced. Chitarre melodiche, voci struggenti, batteria che adotta a tratti una “dolce” doppia cassa e passaggi acustici che tanto ricordano il Doom atmosferico di formazioni quali Forest of Shadows o Agalloch.
La terza Heart Will Stop piacerà sicuramente ai nostalgici della New Wave ottantiana, per il suo approccio diretto e per l’impiego di una voce alquanto simile a quella del grande artista Robert Smith (Cure) nella sua impostazione espressiva. Buono anche l’uso di un’elettronica non eccessiva ma elegante nei suoi inserimenti.
Altrettanto riflessiva nel suo alone la stupenda Thru The Mire, un capitolo più in Katatonia style, forse troppo superficiale nelle liriche invernali, ma oscura nella sua direzione e assai differente dagli altri episodi di Disillusion of Purity. Azzeccata e suadente è la cover del capolavoro Disintegration dei Cure, datato 1989 e simbolo per eccellenza della dissoluzione interiore.
Purity è ricca di buoni spunti troppo poco sviluppati: l’equilibrio strutturale è garantito da un feeling tipicamente nordico nel susseguirsi delle voci melodiche e l’inserirsi di growl e scream di grande impatto.

Final Peace indirizza nuovamente verso i meandri più decadenti dei Katatonia, nonostante venga adottato un timbro vocale figlio del Gothic/Wave inglese degli Ottanta; anche Inside Me ha una parvenza tenebrosa che permane sotto il tessuto compatto delle chitarre distorte, rappresentando un convincente momento di Metal vario e inusuale. E sulla stessa scia si colloca la finale Disillusion (Outro), che però non aggiunge nulla di innovativo a ciò che i Rain Paint hanno cercato di esprimere attraverso le precedenti tracce.
Molto di più si sarebbe potuto fare per un secondo capitolo discografico come Disillusion of Purity poiché il lavoro risulta piatto e troppo poco coeso nella sua forma e nella sua struttura. Nonostante sia da rivedere in parecchie sue parti, l’album potrà far scoprire il giovane terzetto finlandese dei Rain Paint, tanto ispirato dalla passata Wave quanto capace di sfornare nuove interessanti proposte musicali più votate al Metal moderno.

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