Voto: 
8.0 / 10
Autore: 
Alessandro Mattedi
Etichetta: 
Capitol Records
Anno: 
1995
Line-Up: 

- Thom Yorke - voce, chitarre, tastiere
- Colin Greenwood - basso
- Jonny Greenwood - chitarre, tastiere
- Ed O'Brien - chitarre
- Phil Selway - batteria

 

Tracklist: 

1. Planet Telex
2. The Bends
3. High And Dry
4. Fake Plastic Trees
5. Bones
6. (nice dream)
7. Just
8. My Iron Lung
9. Bullet Proof... I Whish I Was
10. Black Star
11. Sulk
12. Street Spirit (Fade Out)

Radiohead

The Bends

Con The Bends i Radiohead danno alla luce al tempo stesso uno dei forse veri pochi gioielli in ambito britpop e uno dei dischi più seminali per il panorama pop/rock britannico anni '90.
Dopo il precedente Pablo Honey, i Radiohead hanno intrapreso una strada più riflessiva anche nei momenti di rock schitarrato, meno esuberante come agli inizi, dalle sonorità più mature e definite. Lo si intravede anche nei testi, che iniziano a trasmettere i primi accenni di quella che sarebbe diventato il tipico disagio concettuale del quintetto londinese, stabilendo così un passaggio di testimone definitivo con gli Smiths, con i quali i Radiohead hanno sempre mantenuto un forte legame sia musicale che concettuale (anche se all'inizio il disco venne paragonato più agli U2, ma più per la presenza mediatica di Yorke & soci che per le affinità sonore, che comunque ci sono).
La chitarra classica è una presenza costante nel disco, indispensabile strumento per ricreare delle ben definite sonorità e delle ben definite sensazioni da trasmettere che Yorke & soci hanno in mente con una visione chiara e netta.

Si parte così con quello che è uno degli episodi più riusciti, Planet Telex, un rock avvolgente e spaziale nelle atmosfere, con piccole tinte psych pop, che si dirige poi nella più terrena title track.
Le ballate successive High & Dry e Fake Plastic Trees sono piccole perle per la loro dolcezza e malinconia, mostrando il lato più intimista del gruppo, mentre Bones è una canzone accattivante e trascinante proprio per i suoi strani effetti di chitarra uniti ad una sezione ritmica catturante e al ritornello apparentemente schizzato ma altamente melodico.
La musica dei Radiohead è, effettivamente, molto ben prodotta, con una cura certosina riposta nel dettaglio dei suoni e negli arrangiamenti, fattore che avrebbe però portato a volte a gonfiare in maniera un po' eccessiva i meriti del gruppo nella sua prima parte di carriera - come d'altronde accade per la maggior parte dei gruppi alternative pop/rock inglesi.
[nice dream] è un'altra ballata, ancora più dolce e intima con volute atmosfere oniriche (che suonano un po' di maniera a dire il vero), ma dal solare assolo, come se ci risvegliassimo da questo dolce sogno con energia e carica.
Intensi giri di chitarra classica con efficaci note stoppate a delimitare ogni cambio di arpeggio introducono Just, che subito diventa una potente rocker, e che poi alterna momenti più calmi ad altri più energici, fino all’eccentrico assolo.
Sempre calma, nei suoi arpeggi, sembra il singolo My Iron Lung (che però ricicla troppo i Nirvana di Heart-Shaped Box), fino al roccioso ritornello con voce filtrata in modalità "radiofonica".
Le visioni candide e celesti dell’ennesima ballata Bullet proof..I wish I was sono un melodico intermezzo prima della contemplativa Black Star, con tutta probabilità una canzoni più riuscite dell’album per via della sua compattezza e della sua incisività. Sulk riprende questo filo ma lo rende più intenso e meno meditato.
Sembrerebbe che non ci sia più nulla da dire, e invece concludiamo con Street spirit [fade out], una delle canzoni più suggestive della discografia radioheadiana, scandita dai suoi arpeggi in chitarra elettrica clean continui ed evocativi e dalle vocals fortemente malinconiche e riflessive.

The Bends è in definitiva un disco di rock accattivante e genuino pop inglese, che segue fedelmente i dettami della scena britannica ma senza sembrare banale.
Nonostante qualche momento ancora un po' artificioso, gli ingredienti con cui però i Radiohead iniziano ad acquisire una personalità propria ci sono tutti: chitarre elettriche incalzanti, la dolcezza tanto in accordi acustici quanto in arpeggi clean, l’espressione lirica, l’emotività particolarmente vissuta anche nei momenti in cui sembra più sfuggente, il particolare ed immediatamente riconoscibile timbro vocale di Thom Yorke.

Anche per questo il disco diverrà molto influente, nonostante in senso assoluto non inventi molto di nuovo infatti The Bends verrà in un modo o nell'altro preso ad ispirazione se non copiato nello stile (e quindi di riflesso proseguendo il discorso degli Smiths) da innumerevoli formazioni rock/pop del Regno Unito e non, spesso fuochi di paglia, altre volte più durature.

Ed è molto probabile che le loro future evoluzioni sperimentali siano anche il risultato della volontà di Yorke & soci, che sono sempre andati per la loro strada facendo quel che volevano fare, di slegarsi dal saturo, pompato e auto-indulgente marasma del britpop, e di differenziarsi dai numerosi epigoni.

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