Voto: 
8.0 / 10
Autore: 
Roberto Ciccariello
Etichetta: 
Warner Bros.
Anno: 
1992
Line-Up: 

- Michael Stipe - voce
- Peter Buck - chitarra
- Mike Mills - basso
- Bill Berry - batteria

Tracklist: 

1. Drive
2. Try Not to Breathe
3. The Sidewinder Sleep Tonite
4. Everybody Hurts
5. New Orleans Instrumental No. 1
6. Sweetness Follows
7. Monty Got a Raw Deal
8. Ignoreland
9. Star Me Kitten
10. Man on the Moon
11. Nightswimming
12. Find the River

R.E.M.

Automatic for the People

Quello che a ragione viene considerato il masterpiece della band di Athens, Georgia, risulta essere probabilmente il più intimista, il più profondo - sia per quanto riguarda il registro sonoro che per quanto concerne le lyrics -, il più intenso nella sua apparente calma e nei suoi toni a volte leggeri, a volte quasi scherzosi, altre intmazioni e presagi funebri.

L'album si apre con il singolo Drive, già in uscita nei mesi precedenti, estremamente sofisticato nella sua apparente semplicità stilistica: una strofa (dalla quale non è possibile tra l'altro distinguere il refrain) di poche frasi, ripetuta svariate volte con poche variazioni, si appoggia su un tappeto chitarristico che crea un'atmosfera sognante, quasi dolce, quasi ipnotica, nello stile nebbioso del Mulholland Drive di David Lynch, titolo a parte. Da notare lo stacco di violino sul finale, che trascina ancora di più nell'aria ben dissimulata che distingue questo primo singolo e tutta la release, che parla di morte senza parere.

Segue la esplicita Try Not To Breathe, accoratissimo testamente spirituale di un anziano che prega la moglie di lasciarlo andare e di ricordarlo. La voce di Stipe è qui davvero strappalacrime, e alterna profusione di sequenze lente a frasi più veloci, nell'intento (perfettamente riuscito) di creare una sensazione di crescente disagio, che alla fine, complice il velato tono di Michael, i backing vocals di Berry, un rallentamente azzeccatissimo nel bel mezzo della suite, ed il testo (uno dei migliori in assoluto di Stipe) fa davvero quasi venire le lacrime agli occhi. Da sole queste due canzoni varrebbero l'acquisto dell'album.

Certo apparentemente più abbordabile The Sidewinder Sleeps Tonite, ma altrettanto sognante, criptica, indecifrabile, in cui il tono di Stipe scivola dal falsetto all'acuto naturale al velato-disperato più che nel normale. Canzone tutto sommato rapida, la cui comunicazione di dolcezza e tristezza è affidata a ciò che traspare dalle parole e al contrasto tra queste ed una melodia fischiettante e quasi stupida, in alcuni tratti.

Segue Everybody Hurts, lenta e di nuovo esplicita nei suoi contenuti depressivi e inquietanti, che parlano di tematiche vicine alla morte ed al suicidio di un adolescente. Non è forse questo il pezzo più significativo dell'album, ma contribuisce con la sua atmosfera ed il suo simbolismo oscuro e incisivo ad esemplificare il significato profondissimo dell'intera opera.
Si prosegue con New orleans Instrumental Pt. 1, pausa necessaria di alleggerimento e di distacco, che fa da preludio a Sweetness Follows, sommessa dedica a qualcuno che non c'è, o che sta per non farcela...

Arriva la mastodontica Monty Got A Raw Deal, altro elogio funebre per un famoso attore degli anni '50, un puro stile R.E.M. più incisivi, che marcano il pezzo quasi con rabbia, senza lesinare energie, senza cambiare tono per quasi tutto il pezzo fatto di pochissimi accordi, ma sempre trovando la strada giusta, nelle parole e nella chitarra, per comunicare che non tutto può andare come si vorrebbe, ma che bisogna andare avanti.
Ignoreland è un pezzo diverso, quasi rap, che - come di dovere per i nostri almeno una volta per album - parla di politica, e si esprime senza mezzi termini contro la politica dei Bush, dalla droga all'anticomunismo allo scudo spaziale... Canzone dura, antiamericana, forse un po' troppo diretta e dai contenuti musicali un po' latenti e sottovalutati. Ma è questo l'unico neo, se così vogliamo metterla.

Star Me Kitten (in origine "Fuck Me Kitten"), ennesimo lento e introspettivo assolo - di voce - alla ricerca dell'amore perduto, assaporando quella tristezza che sconfina nella disperazione senza rifiutarla e opporre resistenza, scorre piacevole se non proprio catartico, fino alle prime note di Man On The Moon, pezzo che meriterebbe di non essere neppure descritto essendo le parole umane non in grado di giungere a tale grado: perfetto pezzo remiano, nella storia del rock e simbolo del gruppo, quanto Wish You Were Here o Another Brick In The Wall potrebbero esserlo dei Pink Floyd.

Nightswimming, poesia meno depressiva e quasi speranzosa, che parla di ricordi su note alternative e quasi sperimentali, procede mettendo alla prova l'udito, ormai abituato ad un'altro registro sonoro, e seppur non eccelsa nel suo genere, alleggerisce la pressione che stava per farci scoppiare in lacrime.
Chiude Find The River, traccia non oppressiva ma ancora triste, quasi disperante nel suo ritornello criptico e incomprensibile, se non in alcuni sprazzi, uno dei migliori esempi dello stile naive/non-sense di Stipe, che esprime tutto quello che le parole non fanno (non potendo) attraverso correlativi oggettivi, entità che si manifestano da sotto la superficie di una sostanza diversa.

E' questa la musica di Stipe e compagni, emozione, sensazione, contrasto e dolcezza che emergono come pure astrazioni da una dimensione alternativa, sconosciuta, e inconoscibile, strappando lacrime, sorrisi, rabbia e, quando meno te lo aspetti, allegrezza.
Non è forse questa la genialità?

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