Voto: 
6.0 / 10
Autore: 
Gabriele Bartolini
Genere: 
Etichetta: 
Island
Anno: 
2011
Line-Up: 

-Jon Fratelli - Vocals, Guitar
-Lewis Gordon - Bass, Backing Vocals
-Will Foster - Keyboards, Guitar
-Alan James - Drums
-Mince Fratelli - Drums, Backing Vocals, Guitar

Tracklist: 

01. Tell Me Honey

02. Daddy Won't Pay Your Bill

03. Santo Domingo

04. Rhytm Doesn't Make You a Dancer

05. The Band Played Just for Me

06. Magic & Mayhem

07. She's My Shaker

08. Cavemen

09. Baby, We're Refugees!

10. Oh Shangri La

11. Give my Heart Back Macguire

12. Daddy Won't Pay Your Bill live ( iTunes deluxe edition)

13. Tell Me Honey live ( iTunes deluxe edition)

14. Santo Domingo live ( iTunes deluxe edition)

15. Rhytm Doesn't Make You a Dancer live ( iTunes deluxe edition)

16. Baby, We're Refugees! live ( iTunes deluxe edition)

Jon Fratelli

Psycho Jukebox

La chiamavano Costello music. Le cose adesso non sono cambiate di molto, ma abbastanza però da far sciogliere il gruppo ed iniziare una carriera solista che spero si protenda il più possibile a lungo. La mente dei Fratellis, John Lawler, in rotta di collisione ( si dice già dal duemilasette) con Barry Wallace a causa di evidenti incompatibilità, debutta da solo con Psycho Jukebox, un album che ha tutte le intenzioni ( e le credenziali) per essere considerato come il terzo disco della band scozzese. Praticamente, Barry Fratelli è rimasto in gruppo finché le cose sono andate bene - ovvero fino a Costello Music - per poi definire la musica suonata dal suo gruppo troppo poco ambiziosa ed andarsene al primo minimo passo falso - ovvero il secondo Here We Stand. Di conseguenza è avvenuto lo scioglimento, da cui Jon non ha voluto in alcun modo cambiare quel Fratelli pensiero che ha fatto dell' uomo un piccolo genio della nuova generazione britannica ( quella dove soggiorna tutt' ora gente del calibro di Eddie Argos e Carl Barât) ed ha regalato brani rock a tutti i jukebox del mondo che dureranno per diversi anni ancora. Psycho Jukebox poi, fin dal titolo, mette le cose in chiaro. Ma la domanda che ci dobbiamo porre è la seguente: serviva un altro disco dei Fratellis nel duemilaundici? Io credo di sì, principalmente per il fatto che in ambito mainstream di canzoni valide e ballabili ce ne sono veramente poche in giro. Ma poche.

Se Psycho Jukebox dal punto di vista della musica possiamo facilmente accostarlo al disco d' esordio della band - e quindi considerare anch' esso come una caricatura di Libertines e Dirty Pretty Things altrettanto positiva e fresca - non avrà vita facile in fatto di promozione e recensioni. Passi l' America, dove ( a parte la pecora bianca All Music) i mass media dagli inizi degli anni duemila hanno iniziato una vera e propria crociata contro i gruppi d' albione, che puntualmente vengono stroncati o ridimensionati, ma stavolta anche l' Inghilterra potrebbe bocciare questo disco, per evidenti ragioni. La più importante di tutte consiste nel coprire la evidente penuria di idee di cui i principali act indie-rock stanno soffrendo. Per dirla in maniera più pragmatica, non vi diranno mai che Suck it and See degli Arctic Monkeys riprende più di un accordo, più di un passo dalla macchina di Fratelli e soci. Lo stesso vale per gli infiniti gruppi underground, dai Rascals fino a Subways e Pigeon Detectives.

Non metteremo quindi in croce proprio Jon Fratelli, che nella sua carriera ha voluto scrivere solo canzonette, e che di canzonette radiofoniche riempie il suo Psycho Jukebox, un disco a dir poco perfetto da mettere come sottofondo in una festa. Anzi, le cose per lui sembrano migliorate, tenendo conto del fatto che adesso non ha più gli impegni che una band deve mantenere musicalmente parlando. È per questo che, liberatosi delle monotone metriche indie-rock, si immerge a torso nudo nelle acque di una confortevole piscina pop-rock dal ritornello ancora più facile. Gli attacchi veloci e fulminei di brani come Chelsea Dagger e Henrietta vengono qui trattenuti fino alla fine, quando i vocalizzi liberatori ( e come sempre libertini) del buon Jon danno il via ai sing along. Dall' iniziale Tell Me Honey si capisce subito che la semplicità delle trame, mai ovvie come in questo episodio, buone solo a cancellare dalla nostra mente la parola Psycho dal disco, a meno che naturalmente non si intendano per psichedeliche quelle insulse tastierine. Daddy Won't Pay Your Bill insinua il dubbio che il Nostro voglia diventare il sosia inglese di Kid Rock, mentre Santo Domingo è un singolo che funziona soprattutto per la somiglianza con gli stilemi del suo primo gruppo. Un corteo circense in piena regola, qualcosa che non vuole affatto innovare ripetendo gli stessi numeri ma, allo stesso tempo, risultando sveglio, ballabile e coerente con il personaggio. Con il folk-rock impanato con chitarroni mainstream di Rhytm Doesn't Make You a Dancer ha già vinto la partita contro i Beady Eye, mentre per gareggiare con Miles Kane propone la california inglese di Magic & Mayem. I passi cadenzati da rodeo western di The Band Played Just for Me e Cavemen non permettono di riposarsi dalla tiratissima She's My Shaker, ma nemmeno dalle ballate in stile I Love Radio Rock di Oh Shangri La e Give My Heart Back Macguire, a cui fa eco il carillon elettronico di Baby, We're Refugees!.

Psycho Jukebox è un divertissement che funziona, a differenza dei mille dischi copia che si rincorrono tra loro con la pretesa di rinnovare una scena stantia come quella inglese con suoni opachi e per niente chiari. I brani live proposti nella deluxe edition disponibile su iTunes, dalla tempra più rock diretta, dimostrano con certezza che ci troviamo di fronte ad un caso isolato che vuole semplicemente divertire, riprendendo suoni dal passato e dal presente del britrock per rinnovarli con le sue sporche e disordinate corde vocali. E Psycho Jukebox non fa altro che mostrare uno dei tanti menestrelli pop-rock che in tempi di magra evitano di far affondare la barca.

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