Voto: 
9.0 / 10
Autore: 
Paolo Tedoldi
Genere: 
Etichetta: 
Warner Bros.
Anno: 
1982
Line-Up: 

- Prince - voce, chitarra, altri strumenti

The Revolution:
- Wendy Melvoin - chitarra, voce
- Lisa Coleman - tastiera, voce
- Matt “Dr” Fink - tastiera
- Bobby Z. - batteria
- Brownmark - basso

Tracklist: 

1. 1999
2. Little Red Corvette
3. Delirious
4. Let's Pretend We're Married
5. D.M.S.R.
6. Automatic
7. Something in the Water (Does Not Compute)
8. Free
9. Lady Cab Driver
10. All the Critics Love U in New York
11. International Lover

Prince

1999

Dopo un solo anno da Controversy, l'eclettico Prince da alla luce uno dei suoi album più riusciti: 1999 è il primo vero e proprio macigno della discografia di Prince. Il musicista di Minneapolis (accompagnato dai Revolution, band quasi completamente al femminile che lo accompagnerà per tre/quattro album) esplicita qui al meglio le sue ossessioni politiche, erotiche e musicali.  Un'opera monumentale che conferma il genio dell'artista anche a chi era rimasto perplesso davanti al porno-punk di Sister o alla superficialità disarmante di singoli come Jack U Off.
La copertina, coloratissima e funky, coglie perfettamente l'anima del disco: Esso è una raccolta di pezzi eccentrici, psichedelici, ballabili, lascivi e caratteristici. In questa selezione, 1999, Little Red Corvette e Delirious sono i brani più orecchiabili.

Una voce robotica apre improvvisamente le danze: 1999 è un pezzo tanto gioioso e festaiolo quanto il messaggio che contiene è disturbante e apocalittico. Il testo parla della fine del mondo per qualche catastrofe nucleare o biochimica, e Prince non si nega neanche in questo caso di pugnalare al cuore l'aria di tensione di quegli anni di malattie sconosciute (AIDS) e prospettive grigie ("I was dreaming when I wrote this/forgive me if it goes astray/But when I woke up this morning/could have sworn it was judgement day/the sky was all purple/there were people running everywhere/tryin' to run from the destruction/you know I didn't even care"), per poi sigillare questa rabbia mascherata da disinteressamento con una frase delle più controverse ("and if I'm gonna die, I'm gonna listen to my body tonight/I’m gonna party like it’s 1999") e con un incedere verso un funk sempre più insofferente, teso verso un agoniato orgasmo musicale. Little Red Corvette è un'irresistibile canzone rock con un refrain ormai entrato nella memoria collettiva, ai sussurri delle strofe segue il romantico cantato del famoso ritornello, in cui Prince è quasi sull'orlo della commozione, mentre la sua chitarra si prepara ad un riff che sembra inseguire la coupé del titolo. Il genio vocale di Prince, qui ben udibile, è quello di saper passare da un tono virile e fiero ad un lamento insicuro, percorso da brividi femminei. La canzone è un classico, una pietra miliare, una da classifica di Rolling Stone delle migliori di sempre, per intenderci. Il lato più orecchiabile del disco si chiude con Delirious, caratterizzata da un giro di synth geniale e un testo molto anni '50, prova di come Prince sappia costruire capolavori pop anche quando si discosta dal pathos e dalla ricchezza lessicale delle sue canzoni d'amore. Sette minuti tra i miglior dell’album, quelli di Let’s Pretend We’re Married. Costellati di percussioni martellanti e confessioni sempre più disinibite ("I wanna fuck you so bad it hurts"); Il cantato si interrompe circa a metà, lascia spazio all’ossessiva batteria e poi riprende la sua cavalcata verso l’amplesso tematico e musicale più lacerante e irrispettoso. D.M.S.R. (Dance Music Sex Romance) non è altro che un non-senso danzereccio di otto minuti, voleva essere proprio questo e ci riesce molto bene.

Automatic è una traccia ballabile ma impegnativa, una sorta di dancefloor filler cerebrale e masturbatorio dalla ripetitività ipnotica: nove minuti perfetti per una perplessa danza rituale.
Something in the Water (Does Not Compute) e Free sono i due episodi meno interessanti del disco: Il primo è un pezzo troppo sperimentale, pretenzioso e troppo poco riuscito, il secondo una ballata abbastanza melensa, comunque godibile e resa piacevole dall’interpretazione vocale. Il capolavoro dell’album è Lady Cab Driver, sintesi perfetta tra funk vecchia scuola e r’n’b urbano anni ’80. Un pezzo diretto, senza fronzoli e ineccepibile in ogni senso. Il beat urbano e distante crea un’atmosfera fredda ed emotivamente desolata. Prince canta rassegnato la sua indecisione e la sua solitudine, fino a quando non si odono i gemiti della tassista, evidentemente posseduta carnalmente da Prince stesso, il quale scandisce a suon di “colpi” uno dei suoi migliori soliloqui:

This is 4 the cab U have 2 drive 4 no money at all
This is 4 why I wasn't born like my brother, handsome and tall
This is 4 politicians who r bored and believe in war
This - Yeah, that's 4 me, that's who that 1's 4
This is 4 discrimination and egotists who think supreme
And this is 4 whoever taught U how 2 kiss in designer jeans
That 1's 4 - That 1's 4 - 4 U have 2 live
This 1's 4 the rich, not all of 'em, just the greedy
The ones that don't know how 2 give
This 1's 4 Yosemite Sam and the tourists at Disneyland
And this 1 - ooh! Yeah, that's the 1.
That's 4, that's 4 the - the creator of man
This is 4 the sun, the moon, the stars, the tourists at Disneyland
This is 4 the ocean, the sea, the shore
This is 4 - and that's 4 U, and that's who that 1's 4
This is 4 the women, so beautifully complex
This 1's 4 love without sex
This is 4 the wind that blows no matter how fast or slow
Not knowing where I'm going
This galaxy's better than not having a place 2 go
And now I know (I know)


La crudezza di questo momento è il climax di 1999. All the Critics Love U in New York è l’ennesima perla, che mantiene l’atmosfera stabilita da Lady Cab Driver ma questa volta vede un Prince più irritato alle prese con chi è ancora ancorato troppo saldamente agli anni ’70. Con gli anacronistici hippy amati dai critici benché incapaci di scegliere nuove direzioni musicali, con gli stessi critici, snob e ruffiani dell’ipocrita borghesia cittadina, praticamente con tutte quelle persone che non volgono lo sguardo al futuro, sia musicale che sociale e politico. International Lover è una conclusione pomposa e autoironica: "Welcome 2 satisfaction | Please remain awake until the aircraft has come 2 a complete stop | Thank u 4 flying prince international | Remember, next time u fly, fly the international lover". Così si chiude il disco. Rito orgiastico politico, erotico, psicologico, sociale, individuale ma soprattutto musicale. E’ 1999. Fondamentale nella collezione di ogni amante della musica.

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