Voto: 
7.5 / 10
Autore: 
Paolo Bellipanni
Genere: 
Etichetta: 
Enemieslist
Anno: 
2009
Line-Up: 

Informazioni non disponibili

Tracklist: 

1. Wearing Sadness and Regret Upon Our Faces
2. Memories You'll Never Feel Again
3. Oh Pennsylvania Your Black Clouds Hang Low
4. Humming Quietly
5. We Left Our Bodies with the Earth
6. Being a Teenager and the Awkwardness of Backseat Sex
7. Seasons Change So Slowly
8. Verse_Chorus_Verse
9. Leaving

Planning for Burial

Leaving

"Sul serio: se vi piace il drone o lo shoegaze e non avete ascoltato questo album, il tutto è assurdo. E non sto dicendo questo perchè io faccio soldi quando lo comprate", parola di Dan Barrett e, visto il personaggio, c'è da fidarsi.

Il progetto Planning for Burial nasce nel 2005, anch'esso sotto l'egidia della stravagante ma geniale indie label Enemieslist, creatura del sopracitato frontman degli Have a Nice Life, caso discografico del 2008 e tra le più affascinanti band degli ultimi anni di musica alternativa/sperimentale. Il 18 Settembre 2009 segna il debutto su full-lenght del progetto e, tramite un semplicissimo calcolo, si percepisce sin dall'inizio quanto il mondo dei Planning for Burial e quello degli HANL siano profondamente legati: in entrambi i casi abbiamo assistito infatti a gestazioni lunghissime (rispettivamente quattro e cinque anni) e lo stile di entrambe le band, come facilmente prevedibile, porta alla luce moltissimi punti in comune.

Solamente che, a differenza degli Have a Nice Life, il progetto Planning for Burial non conosce veramente mai il sole, si distanzia repentinamente dalle più palesi influenze dark wave ottantiane e si lascia trasportare in un mesmerizzante, melanconico e soffocante ritualismo doom-drone rock.
Frutto di inquietudini profondissime, Leaving è un decadente crocevia in cui si incontrano le oniriche follie drone di Pyramids e Nadja, le lente pulsazioni di Jesu e Swans e la psichedelia degli Earth, splendidamente amalgamate da uno spleen e da una 'pesantezza' strumentale ben superiore a quella messa in mostra da Barrett con gli Have a Nice Life. Sebbene non si possa ancora parlare di 'metal', Leaving è un'opera troppo oscura, cupa ed enigmatica per essere catalogata come semplice musica dark. E' tutto questo in maniera ancora più evidente di Deathconsciousness, altro monolite di inquietudine ma lavoro ben più concettuale ed elaborato di Leaving che, pur concentrandosi in una dimensione emotivo-esistenziale estremamente malinconica e cupa, non si affaccia mai sulle più complesse pantomime concettuali del capolavoro del 2008.

A colpire in primo luogo di Leaving è la sua dimensione, per così dire, 'doom rock': le chitarre si fanno qui estremamente gravi e distorte, le melodie diventano sempre più oscure, i ritmi si scarnificano, il sound si impolvera e le atmosfere assumono connotati sempre più claustrofobici e cupi. Ciò che come al solito non manca mai è l'ispirazione e l'intensità emotiva, aspetti che Leaving approfondisce con la più inquieta delle sincerità. Sia che si tratti di bizzarre marce circensi (Memories You'll Never Feel Again, che non poco ricorda gli A Whisper in the Noise) o di ballate dark (la commovente Humming Quietly, apice qualitativo dell'album e la jesuiana Wearing Sadness and Regret Upon Our Faces), Leaving mantiene intatta la propria densità emotiva per tutta la sua durata, risultando toccante e trascinante anche nelle sue espressioni più violente. Brani come We Left Our Bodies with the Earth, il gioiello Verse_Chorus_Verse, Oh Pennsylvania Your Black Clouds Hang Low e Seasons Change So Slowly si aprono infatti a travolgenti cavalcate strumentali che come non mai sfiorano la durezza chitarristica dello sludge e l'oscurità del drone/doom, stili che il progetto - pur senza apportarvi modifiche realmente originali - dimostra di saper rielaborare in maniera incisiva e funzionale alla potenza drammatica dell'album.

La registrazione come al solito artigianale, poi, dona a Leaving una crudezza ed un'autenticità dall'impatto travolgente, lasciando da parte la qualità estetica del lavore ma approfondendone al contempo la portata atmosferica e la densità espressiva. In fondo, il progetto della Enemieslist è proprio questo: distruggere la subdola perfezione del mercato discografico, trasformare un qualsiasi musicista autodidatta in compositore, elevare la home-made music ad arte indipendente. Inutile dire che se c'è una persona che da questa iniziativa ha tirato fuori rarissimi gioielli, altri non può essere che Dan Barrett (e chi, come il progetto Planning for Burial, gli sta vicino).

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