Voto: 
6.8 / 10
Autore: 
Corrado Penasso
Genere: 
Etichetta: 
Mascot
Anno: 
2011
Line-Up: 

- Jeroen Paul Thesseling -  basso

- Yuma Van Eekelen - batteria

- Patrick Uterwijk - chitarra

- Patrick Mameli - voce, chitarra  

Tracklist: 

1. The Predication (intro)  02:00   

2. Amgod  03:33     

3. Doctrine  03:07   

4. Salvation  03:40   

5. Dissolve  03:39   

6. Absolution  03:38   

7. Sinister  03:58   

8. Divinity  04:06   

9. Deception  03:57   

10. Malignant  03:49   

11. Confusion  03:55 

Pestilence

Doctrine

Resurrection Macabre li aveva riportati, due anni orsono, sulle scene dopo lo split durato più di dieci anni ed ecco che i Pestilence dall’Olanda si rifanno vivi con un nuovo album, questa volta intitolato Doctrine.Prima di addentrarci nell’analisi del nuovo lavoro, alcuni cambi di line-up sono da segnalare: al basso non troviamo più Tony Choy (ex-Atheist) e nemmeno Peter Wildoer (Darkane) dietro alle pelli. Questi due validi musicisti hanno lasciato spazio a  Jeroen Paul Thesseling, già bassista sul disco Spheres (1993) ed al batterista Yuma Van Eekelen, proveniente da un gruppo di recente formazione, iBrutus.Tuttavia, le re-entry più esaltante è da segnalare col ritorno di un certo Patrick Uterwijk, già chitarrista del gruppo dal 1989 al 1993, ad affiancare colui che rappresenta da tempo lo zoccolo duro del gruppo, il chitarrista - cantante Patrick Mameli. Dopo queste noiose ma importanti premesse, possiamo addentrarci nell’analisi del disco.

 

Doctrine rappresenta il sesto album nella discografia dei Nostri e stilisticamente parlando, esso non si distacca di molto da ciò che il precedente Resurrection Macabre ci aveva presentato. Una registrazione più potente e forse alcuni riffs più diretti sono le uniche “novità” introdotte da un gruppo che suona il genere con ancora chiare inflessioni Morbid Angeliane per quanto riguarda le pesanti partiture death metal, da affiancare alle classiche tendenze progressive provenienti da album passati come Testimony of the Ancients e Spheres. Dunque, nessuna novità di rilievo rispetto al presente passato. Ora analizziamo alcune composizioni per essere maggiormente chiari.

 

Un’introduzione a base di canti Gregoriani che si trasformano in preghiere Sataniche ci prepara nel modo giusto al mood di un disco che si scaglia palesemente contro l’istituzione Cattolica, come testimoniato dalla copertina e dal fatto che sia pubblicato il giorno di Pasqua. Amgod ha un inizio arrembante, tra violente sferzate di brutal death, rallentamenti groove e riffs con chiare inflessioni prog/death dal marciume inenarrabile. La voce di Mameli è abbastanza varia in stile, passando attraverso urli schizoidi, screams incarogniti e momenti nei quali il growl si fa leggermente più canonico. Un prolungato tappeto di doppia cassa sostiene il groove di Doctrine e della successiva Salvation, tracce veramente maligne che in confronto a quelle del recente passato acquisiscono un piglio più deciso, cupo e soffocante. Da notare in particolare, la perizia d’esecuzione degli svariati controtempo e durante le velocizzazioni in blast beats, anch’esse maggiormente convincenti rispetto a quelle operate sul precedente album.

 

Atmosfere e suoni dissonanti debitori del death/prog dei primi anni 90 si possono riscontrare nella lenta e grigia Dissolve, da opporre in modo sapiente ad una forma di death più classica riscontrabile con gli up tempo della successiva Absolution. Alcuni momenti, tuttavia, marcano ancora palesi influenze progressive, specialmente durante il ritornello. Si prosegue questa marcia ossessiva conSinister ed i suoi riffs impastati da miscelare a duetti ove il suono del basso si fa più udibile e quando si arriva aDivinity il livello di marciume riversatoci addosso dalle due chitarre (quanta potenza in più rispetto all’uso di una sola ascia) ha dell’incredibile per una traccia che manifesta anche momenti più impulsivi grazie a brevi partiture in up-tempo. Avvicinandoci alla fine del disco, tra i momenti migliori, possiamo ancora citare le buone fasi soliste di basso in Deception ma nulla di più giacché lo stile rimane invariato.

 

Tirando le somme, il nuovo lavoro dei macellai Olandesi personalmente mi ha catturato leggermente di più del precedente Resurrection Macabre, nonostante i fasti degli anni 80 siano distanti. Anzi, sembra proprio che i Pestilence siano un’altra band tanto suonano diversi oggigiorno rispetto ad anni fa, tanto diversi da non poter essere confrontati.Doctrine ha semplicemente il pregio di aver trovato dei riffs leggermente più azzeccati, tutto accompagnato da una registrazione più cupa e potente.  

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