Voto: 
9.3 / 10
Autore: 
Edoardo Baldini
Etichetta: 
Inside Out/Audioglobe
Anno: 
2004
Line-Up: 

- Stefan Dimle - basso

- Peter Nylander - chitarra

- Ricard Nettermalm - batteria, percussioni, programmazione

- Petronella Nettermalm - voce, violoncello

- Johan Wallen - piano elettrico, Hammond, Mellotron, tastiere




Tracklist: 

1. Gasoline (05:55)

2. Holding On (05:00)

3. Happiness (05:20)

4. Absinth Minded (04:49)

5. Look At Us (05:25)

6. Reality (07:37)

7. Stream (05:17)

8. Won’t Be Coming Back (05:32)

9. In Time (06:34)

Paatos

Kallocain

Kallocain può essere senz’ombra di dubbio considerato come l’uscita più interessante in ambito Progressive Rock di tutto il 2004, un’opera geniale che, seguendo la scia del precedente Timeloss, riunisce sotto un unico stile Folk, Jazz e, appunto, Progressive.
Gli svedesi Paatos, grazie alla loro originalità soprattutto in ambito vocale, riescono a creare sonorità speciali, caratterizzate da testi introspettivi e da un certo feeling Post Rock, che valorizza l’approccio del cantato di Petronella Nettermalm.
Ciascuno dei nove pezzi in cui si struttura Kallocain è impregnato di un’atmosfera onirica dai ritmi lenti, che rilassa l’ascoltatore e al tempo stesso lo guida in un viaggio interiore complesso e ricercato. Le emozioni dell’animo umano sono esplorate attraverso gli episodi dell’album, e il timbro di Petronella, simile a quello di Bjork, avvolge insieme alle tastiere, trascinando all’interno del vortice Kallocain.

Certamente non si può stilare una classifica delle tracce in ordine di efficacia e di bellezza, perché ognuna, semplice nel suo andamento ma complessa nella sua ideazione, si rivela un capitolo lontano dagli altri: elettronica raffinata si accosta alle chitarre Jazz ricche di effetti, aloni cupi e malinconici colpiscono per i loro sviluppi più progressivi, e una batteria (a volte campionata elettronicamente) spontanea e anch’essa di derivazione Jazz, culla e lascia riflettere.
La vera protagonista tuttavia è sempre la voce, che strappa sorrisi di speranza e allo stesso tempo distrugge psicologicamente per alcune tristi tematiche affrontate: Gasoline, avviata dal violoncello Folk di Petronella, ha un sapore tipicamente Jazz nelle sue aperture sonore, Holding On sa rilassare e fa assopire con le sue distensioni, Happiness lascia trasparire aspetti più Alternative legati agli A Perfect Circle di Thirteenth Step, mentre Absinth Minded resta chiusa nel suo timbro mesto.
La canzone principale di Kallocain è la splendida Reality che, pur apparendo monotona nelle sue scale di archi posate ed eleganti, è la perla che riassume tutto lo stile personale dei Paatos.

E’ un’ardua impresa poter paragonare la band ad altre dell’attuale scena Progressive moderna: facendo una breve analisi, Kallocain può essere sintetizzato come unione del sound spalmato dei Porcupine Tree di Steven Wilson (che ha collaborato alla produzione di questo capolavoro del 2004) e un certo feeling Alternative, passando dai sopra citati A Perfect Circle agli Oceansize di Effloresce.
I Paatos sono svedesi e poco il loro genere ha a che fare con il panorama Rock del loro Paese: il sound più etereo e limpido, tipico dei gruppi inglesi del nuovo millennio, ha saputo riscuotere l’attenzione di una buona parte della critica e della stessa Inside Out, che si è assicurata i Paatos ben conoscendo le potenzialità compositive della formazione.
Il terzo full-lenght forse coronerà il lavoro avviatosi con Timeloss, discreto nella sua fattura e proseguito da Kallocain: gli occhi di tutti gli appassionati sono puntati sul quintetto che ha fatto e sta facendo sognare numerosi fans in tutta Europa; e il prodotto discografico del 2004 costituisce con ottima probabilità la migliore pubblicazione Progressive Rock dell’anno.

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