Voto: 
7.5 / 10
Autore: 
Corrado Penasso
Genere: 
Etichetta: 
Nuclear Blast
Anno: 
2012
Line-Up: 

DD Verni  Bass 

Ron Lipnicki  Drums 

Derek Tailer  Guitars (rhythm) 

Dave Linsk  Guitars (lead), Guitars (rhythm) 

Bobby "Blitz" Ellsworth  Vocals 

Tracklist: 

1. Come and Get It  06:17  

2. Electric Rattlesnake  06:19  

3. Wish You Were Dead  04:19  

4. Black Daze  03:55  

5. Save Yourself  03:43  

6. Drop the Hammer Down  06:25  

7. 21st Century Man  04:12  

8. Old Wounds, New Scars  04:11  

9. All Over but the Shouting  05:30  

10. Good Night  05:36

Overkill

The Electric Age

Che Ironbound segnasse una nuova era per gli Overkill era palese. Una grinta ritrovata ed un songwriting fresco fecero ritornare il combo della Grande Mela ai piani alti del thrash metal mondiale. D.D. Verni e Bobby "Blitz" Ellsworth non sono più dei giovincelli ma nonostante ciò, la loro passione per il vero thrash metal non si è mai spenta. L’attitudine che spinge questi due formidabili, inossidabili musicisti non conosce età o barriere temporali. The Electric Age è solamente l’ultimo, eclatante esempio di come, ancora oggi nel 2012 si possa suonare pesante, tecnico e melodico al punto giusto senza risultare scontati e soprattutto senza scopiazzare in modo patetico un genere che loro stessi hanno contribuito a forgiare al pari di tante altre realtà più blasonate.

Quindi, senza troppi indugi, lascio che sia la musica a parlare. Il disco si compone di dieci canzoni per una durata complessiva di circa cinquanta minuti e se già Ironbound vedeva un ritorno delle  sonorità tanto care al gruppo nel periodo 1989-1991, anche questa nuovo fatica discografica ne riprende molti elementi. L’introduzione è nelle mani di Come and Get It, dall’inizio minaccioso su tempi medi. I ritmi marziali e le chitarre tipicamente Overkill disegnano trame oscure per improvvisamente esplode in un riff arrembante che segue i primi uptempo dalla potenza micidiale. La voce roca di Bobby risulta sempre ruvida e acida, come se ci trovassimo ad ascoltare un qualsiasi album del gruppo di vent’anni fa. La grinta sprigionata dal combo non è neanche da paragonare a tanti novelli del genere e la loro esperienza sicuramente gioca un ruolo importante per questo impatto che mostra anche alcuni momenti meno impulsivi nel riffing, nel solismo fluido o in alcuni cori solenni, elemento nuovo ma che calza a pennello. La successiva  Electric Rattlesnake mostra chiare influenze speed metal anni 80, tra lunghe sezioni in tempi veloci, melodie appena accennate e tanta voglia di divertirsi. Una sorta di attitudine “street” ammanta questa composizione di facile assimilazione e dall’impatto notevole grazie anche ad una produzione pulita e potente al punto giusto.

L’urlo sfoderato di Bobby in apertura di Wish You Were Dead mostra il suo stato di grazia in una canzone che punta leggermente sul groove invece di lanciarsi su folli velocità. La sua struttura dinamica evita comunque cali e l’intensità regna sovrana grazie anche ad un riff portante di ottima fattura. La successiva Black Daze mostra ancora una volta come un buon impatto non necessiti di tempi veloci ma di come, al contrario, può anche essere ottimamente sostenuto da riffs rocciosi, mastodontici.  La sua struttura snellita ed il suo refrain facilmente memorizzabile sono elementi fondamentali per una canzone che riprende in più tratti il percorso seguito dal gruppo durante gli anni 90. Per ritrovare la velocità dobbiamo aspettare la tagliente Save Yourself, traccia che ancora una volta mischia irruenza alla solita, caratteristica melodia alla Overkill , riconoscibile tra altre cento. Segue a ruota la furiosa Drop the Hammer Down, traccia che miscela in dosi eguali partiture groove e dal tocco melodico e poderose cavalcate supportate da tempi veloci. La voce di Bobby raschia più che mai per una delle tracce migliori del disco, ulteriormente arricchita da fraseggi in chiave NWOBHM e da un assolo chitarristico di assoluto valore.

Si prosegue su binari tutt’altro che contemplativi con i fraseggi al fulmicotone di un’arroventata21st Century Man la quale mostra anche riffs pastosi a supportare ottimi chorus da alternare a repentine velocizzazioni. L’impatto non perde nulla anche con Old Wounds, New Scars, canzone munita di un ottimo tappeto di doppia cassa in più sezioni che anticipa l’irruenza di All Over but the Shouting. Le ritmiche incandescenti ed un martellamento quasi continuo ci scuotono e l’apice si raggiunge durante un refrain facilmente memorizzabile che presto lascia spazio agli stop and go delle chitarre. Come traccia finale troviamo Good Night, esemplificativa già dal nome.  Dall’inizio arpeggiato ed apparentemente calmo, presto la struttura muta per inglobare rabbiosi uptempo, spezzati da un’oscura sezione, contenente il refrain, piazzata nel bel mezzo della sua durata. Insomma, un ottimo modo per terminare il disco.

The Electric Age si candida per essere il migliori disco thrash metal dell’anno ed ancora un volta sono gli Overkill a tirare le redini. Dopo Ironbound sembrava difficile tirare fuori un album di ugual fattura ma i Nostri ce l’hanno fatta. Che i nomi dei Big Four siano stati dati con troppo anticipo? Forse sì.

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