Voto: 
9.0 / 10
Autore: 
Michele Comaianni
Etichetta: 
Fonit-Cetra
Anno: 
1973
Line-Up: 

- Danilo Rustici - chitarra, organo, pianoforte elettrico, voce
- Lino Vairetti voce, chitarra, ARP 2600, Mellotron
- Elio D'Anna - sax, flauto, voce
- Massimo Guarino - batteria, vibrafono, percussioni
- Lello Brandi - basso

Tracklist: 

1. Oro Caldo (18:30)
2. Stanza Città (1:45)
3. Animale Senza Respiro (21:36)

Osanna

Palepoli

Quando si parla di Progressive Rock italiano c'è poco da fare: Premiata Forneria Marconi e Banco del Mutuo Soccorso rivestivano in maniera indiscussa la carica di precursori del genere sul nostro Stivale.
Ad ogni modo, in tale contesto, venivano a galla come miriadi di piccole isole in un immenso arcipelago tante realtà che si cimentavano nella costruzione di colonne parallele che sostenessero il carico della scena musicale del periodo insieme a quelle portanti dei succitati gruppi fondamentali.
Colonne che molto spesso risultano nell'ombra, e si trovano a distanza di anni nascoste dalla polvere che in pochi si apprestano a rimuovere affinchè sia fatto tornare alla luce l'autentico valore che le caratterizza. Ebbene una di queste realtà sono gli Osanna, di origine partenopea, che innestano sul piano del rock italiano settantiano, un monumento paradigmatico del genere, un pantheon di sommo splendore e di altissimo pregio: sul
frontone c'è scritto Palepoli. Un titolo in chiave critica alla loro origine napoletana (neapolis), è appunto questo Palepoli (palepolis) spinto più nell'antichità primordiale della cultura del nostro Paese, quando tutto era ancora incontaminato dalle modernità, spesso corruttrici.

Un classico album progressivo contenente non una ma ben due delle suite di stampo sinfonico. In apertura eccone il prima: Oro Caldo. Da subito delle atmosfere da agorà mediterranea ci proiettano nella vita popolare del meridione. Tamburelli introduttivi vengono sfumati su una movimentata tarantella rock. Gli arpeggi caldi delle chitarre tessono dei pregiati tappeti rossi su cui cammina un breve corteo di strumenti precedendo una delicata voce interrotta poi da passaggi jazz dal marchio King Crimson fino alla più rockeggiante soluzione centrale.
La madrigalità delle armonie ci richiama alla mente lo stile barocco dei Genesis, calda, cantata, volta a dipingere l'amenità mediterranea della scena; in altro frangente le magistrali esecuzioni del mellotron sono una spia evidente che a tramare questo tipo di musica non ci sono dei semplici dilettanti o inseguitori dei grandi, ma dei professionisti che vogliono creare originalità stando al passo con le moderne invenzioni nell'ambito della strumentazione del periodo.
Con la chiusura della prima suite dell'album passiamo a Stanza Città, in cui assistiamo a una breve ripresa dei tamburelli che introducono Oro Caldo, con l'aggiunta in questo caso di effetti ricercati come le voci registrate e mandate al contrario, flauti e archi in rapide entrate volte a distendere l'ascolto, assolvendo efficacemente la funzione di intermezzo, prima di portarci alla seconda suite: Animale Senza Respiro.
Un'introduzione di chitarre acide viene subito rimpiazzata da uno scuro arpeggio sempre più enfatizzato, prima dalla voce, poi dal mellotron e infine dall'entrata della batteria: una delle parti più riuscite di tutto il capitolo.
Controtempi schizzofrenici tipici dei King Crimson si riposano sorprendentemente in una stupenda melodia di voce e flauto sorretta da preziosisimi arpeggi di chitarra. Il mellotron risorge ancora una volta nella sua epicità in versione solista, una delle rarissime eccezioni ai classici usi dello strumento esclusivamente per tappeti armonici.
Il momento lirico insiste fino all'intervento di un dolcissimo sassofono che conduce ancora a uno stacco ben sostenuto di chitarre elettriche prima della lunga coda, un connubio di jazz e hard rock.

Una gemma rara di grande valore, uno splendore del genere progressivo che merita di essere goduto in tutte le sue cangianti sfaccettature anche se in un contesto di pulizia del suono limitata e non sempre precisa.
Lo stile è tutto personale e di certo di importanza non irrilevante nella storia della musica del nostro Paese. Ciò nonostante il gruppo napoletano non ha goduto della fama che meritatamente si poteva aspettare ancora nei nostri giorni sia sul piano nazionale che, a maggior ragione su quello internazionale. Resta comunque una perla per intenditori, appassionati o più semplicemente curiosi della genealogia del genere.

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