Voto: 
7.7 / 10
Autore: 
Alessandro Mattedi
Etichetta: 
FFRR Records
Anno: 
1993
Line-Up: 

- Dot Allison - voce
- Allison McKinven - composizione e strumenti vari
- Phil Mossman - chitarra
- Ian Carmichael - tastiere, programmazione
- Edward Higgins - percussioni, batteria
- Jim McKinven - basso, programmazione, chitarra, tastiere
- Gary Burns - percussioni, pianoforte, batteria, basso, hammond, programmazione, missaggio
- Tom Haeppler - chitarra
- Andrew Innes - chitarra acustica, basso, chitarra, pianoforte, basso, hammond, programmazione
- Jah Wobble - basso
- Jagz Kooner - percussioni, batteria, missaggio
- Colin McIlroy - chitarre
 

Tracklist: 

1. Fallen
2. White Love (Guitar Paradise mix)
3. Breakdown (Cellophane Boat mix)
4. There Goes the Cure
5. Sirens
6. (The Transient) Truth
7. My Friend
8. Why Don't You Take Me?
9. White Love (piano reprise)
10. White Love (radio mix)
11. Breakdown (radio mix)

One Dove

Morning Dove White

Gli scozzesi One Dove vengono formati da Ian Carmichael e Jim McKinven assieme alla cantante Dot Allison. Inizialmente debuttano nel 1991 con un singolo dance/pop influenzato dalla scena madchester, Fallen, ma repentinamente il trio assorbe le caratteristiche dei Massive Attack di Blue Lines e dei Primal Scream di Screamadelica, immergendo il tutto in uno scenario etereo influenzato dalla new age e in alcuni casi dal dark esotico ed orientaleggiante dei Dead Can Dance, ma ancora capace di risultare ballabile.
Dopo aver reclutato anche vari sessionisti, viene pubblicato così nel 1993 il disco di debutto, loro unico album, Morning Dove White (titolo ispirato dal nome da nativa americana di una trisavola di Elvis Presley), che suona come un melodicissimo e godibile intreccio elettronico di ritmi ballabili, tappeti atmosferici, bassi dub, spruzzi di psichedelia onirica, vocalizzi cristallini, persino influenze reggae e divagazioni vicine a certo dark.

Il singolo Fallen viene ripresentato in un nuovo mix, in cui emergono il dub di sostegno ed elementi reggae a costituire un sound morbido, avvolgente (grazie anche alla voce eterea), che non rinuncia però all'attitudine danzereccia originaria.
Le vere hit del disco però sono White Love e Breakdown, vere e proprie perle musicali pop di grande efficacia melodica, coinvolgenti, rilassanti e sprizzanti buonumore. Sono presenti entrambe in due differenti versioni: la prima canzone, in cui spiccano i vocalizzi limpidissimi da Elizabeth Fraser, si presenta nella lunga variante Guitar Paradise Mix, tinta anche di muri di chitarre vicine ai My Bloody Valentine, come un catturante accenno primordiale di big beat mentre in quella Radio Mix si enfatizzano i tratti più onirici e melodiosi (facendo risaltare ancora di più il gioioso ritornello) accompagnati da bassi dub, cadenze quasi reggae e tocchi atmosferici di sottofondo; c'è anche una breve escursione di pianoforte intitolata Piano Reprise che ne riprende il motivetto.
La seconda canzone è ancora più accattivante, con battito trip hop, forte connotazione pop, irresistibile e melodioso ritornello simile alla vena melodica degli Abba, overdub vocali ispirati da Enya, tappeti di strings di sottofondo. Rispetto alla variante Cellophane Boat Mix, quella Radio Mix esalta di più la parte melodica, senza nulla togliere a quella ritmica, risultando un singolo sognante e dolcissimo.

Il resto del disco comunque non è meno interessante, mostrando anche un certo eclettismo, anche se alla lunga risulta un po' più ripetitivo e meno catchy dei due brani di qui sopra nelle loro varianti Radio Mix, due perfetti esempi di come coniugare freschezza creativa e arrangiamenti ultra-melodici per delle hit radiofoniche di gran classe.
There Goes the Cure è un crescendo atmosferico, vicino alla sacralità dei Dead Can Dance e alla suggestività di Enya, accompagnato da riempimenti ambient, malinconici giochi melodici di tastiera e spruzzi elettronici (elementi mediati ancora una volta dai Massive Attack di Blue Lines).
Sirens è una pacata canzone cocktail/lounge, sporcata di tratti ambient e tocchi esotici.
(The Transient) Truth è un gustoso dolceamaro con vocalizzi bassi e quasi sussurrati, immersi in uno sfondo cupo ed elettronico, alternati ad uscite eteree, mentre contemporaneamente la canzone viene scandita da percussioni esotiche che, assieme all'atmosfericità cupa e soprattutto alla conclusione misticheggiante, fanno riemergere l'influenza dei Dead Can Dance. Ciò viene quasi esclusivamente approfondito nella successiva, lunga My Friend, che però alla fine ne risulta più che altro una versione prolissa, stemperata ed edulcorata con arrangiamenti meno inquietanti.
Why Don't You Take Me? per contro è molto più caratterizzata, onirica ed emotiva, rimescolando il tutto con elementi new age e macchie effettate.

L'album ottenuto così è piacevolmente orecchiabile e ricco di spunti originali ed interessanti, risultando un interessante punto d'incrocio fra varie tendenze (pop, new age, club dance, dark esotico, proto-trip hop) minato giusto da un pizzico di prolissità in alcuni momenti e dalla necessità di dover fondere e amalgamare ulteriormente le svariate influenze in un'opera più fluida e compatta, come eventualmente un seguito in cui mostrare un'accresciuta maturità.
Tuttavia purtroppo non ci sarà mai questo seguito, poiché il gruppo si sarebbe di lì a poco sciolto per contrasti con l'industria musicale - nonostante i One Dove stessero lavorando ad un secondo disco.

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