Voto: 
7.8 / 10
Autore: 
Jacopo Prada
Genere: 
Etichetta: 
DinDisc
Anno: 
1980
Line-Up: 

- Andy McCluskey - voce e basso
- Paul Humphreys - tastiere


Tracklist: 

1. Bunker Soldiers (02:53)
2. Almost (03:44)
3. Mystereality (02:45)
4. Electricity (03:39)
5. The Messerschmitt Twins (05:41)
6. Messages (04:12)
7. Julia's Song (04:41)
8. Red Frame/White Light (03:11)
9. Dancing (02:58)
10. Pretending To See The Future (03.47)

O.M.D.

Orchestral Manoeuvres In The Dark

Orchestral Manoeuvres In The Dark, comunemente chiamati anche O.M.D.: due amici della Wirral Peninsula passati alla storia per una loro hit, semplice  e quanto mai avvincente, intitolata Enola Gay. Questo perlomeno il parere della stragrande maggioranza di persone, giornalisti ed appassionati, legati al mondo del Rock. Ciò che invece non si sa, o si tende ad ignorare, è che il duo britannico abbia realizzato, fino al 1989 (anno del suo - momentaneo - scioglimento), qualcosa come sette full lenght ed un’antologia. Insieme fin dal lontano 1977, Andy McCluskey e Paul Humphreys hanno in comune la passione per i Kraftwerk, Brian Eno e la musica elettronica. Danno vita a diversi progetti sul finire degli anni settanta, fino a concentrare le proprie energie negli Orchestral Manoeuvres In The Dark, nome tutt’altro che commerciale e per questo spesso accorciato in O.M.D.. Il primo lavoro della band vede luce nel 1980, in piena tempesta New Wave, e ha come titolo il nome stesso della band: Orchestral Manoeuvres In The Dark.

La versione originale del disco conta nella propria tracklist dieci brani ed ha una durata di quasi quaranta minuti. Come si può facilmente evincere da questi dati, le canzoni scritte dalla coppia McCluskey - Humphreys sono sempre molto brevi e mirano innanzitutto ad infiammare l’animo dell’ascoltatore. Ciò non preclude comunque innovazioni e brevi incursioni in territori poco battuti all’epoca. Orchestral Manoeuvres In The Dark è un buon disco, non certo il migliore targato O.M.D., ma pur sempre un lavoro interessante ed estremamente apprezzabile. Le buone soluzioni strumentali adottate qui dal combo britannico verranno comunque riprese in seguito, elaborate e migliorate ulteriormente. Non a caso gli O.M.D. raggiungeranno il loro apice creativo ed artistico soltanto un anno più tardi, con il bellissimo e rinomato Architecture & Morality.

Orchestral Manoeuvres In The Dark alterna perciò brani perfettamente riusciti a capitoli più deboli, che risentono ancora di una certa immaturità. I ritmi non sono mai serratissimi, salvo qualche rara eccezione, e ciò differenzia gli O.M.D. da numerosi complessi Synth Pop di quel periodo. Un ruolo predominante hanno chiaramente tastiere ed elementi elettronici, tuttavia fondamentale è anche lo stile vocale di Andy McCluskey, un singer non eccezionale ma dotato di grande personalità. Sebbene ad un primo approccio il suo cantato possa apparire scialbo ed incolore, in realtà esso si annoda in maniera impeccabile alle sonorità proprie della band inglese. In Mystereality compare addirittura un sassofono, mentre il titolo di miglior pezzo dell’opera va attribuito senza dubbio all’entusiasmante Electricity, nella quale sono evidenti gli influssi del Post Punk. Da non perdere inoltre Almost, la dinamica Frame/White Light, le pacate e riflessive The Messerschmitt Twins e Pretending To See The Future. Degna di nota è anche Dancing, dove invece emergono timide ma intriganti sperimentazioni sonore.

Orchestral Manoeuvres In The Dark ha innanzitutto un notevole valore storico, in quanto rappresenta un punto di riferimento essenziale per numerosi complessi britannici di quel periodo. Pur non essendo paragonabile a capolavori come Organisation ed il già citato Architecture & Morality, Orchestral Manoeuvres In The Dark si rivela in ogni caso un buon disco, adatto ai gusti di tutti gli amanti del miglior Synth Pop d’annata.

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