Voto: 
6.8 / 10
Autore: 
Edoardo Baldini
Genere: 
Etichetta: 
Prophecy Productions/Audioglob
Anno: 
2008
Line-Up: 

- Patrick Schaad - voce
- Maria D'Alessandro - voce
- Rebecca Hagmann - violoncello
- Christoph Steiner - batteria, percussioni
- Christine Schüpbach-Käser - violino
- Anouk Hiedl - flauto
- Fredy Schnyder - pianoforte, chitarre, organo, basso, bouzouki irlandese, oud, percussioni


Tracklist: 


1. I (08:04)
2. II (14:30)
3. III (29:14)
4. IV (04:16)

Nucleus Torn

Knell

A solo un anno e mezzo di distanza da quel piacevole ed inusuale Nihil, lavoro dai tratti tenebrosi ed introspettivi, gli svizzeri Nucleus Torn fanno riemergere i meandri cupi di paesaggi desolati e solitari con il secondo album di studio, Knell, che segue da vicino la filosofia di Nihil per la proposizione di un artwork minimalista e di stampo naturalistico.
I fraseggi neoclassici proposti sull’album di debutto qui acquisiscono una dimensione vuota ed inquietante, intensificata dall’alone di morte che si eleva sui quattro capitoli in cui l’opera è strutturata.
In Knell un Neo-Folk di derivazione scandinava si lega alla scuola Metal delle realtà Progressive più oscure e non manca anche la matrice meditativa dei Dead Can Dance: il filo conduttore del disco è rappresentato dalla decadenza che lo permea per tutta la sua lunghezza, sia nei passaggi votati al Metal (dove gli Opeth sono l’ispirazione più evidente), sia negli intervalli silenziosi dove intervengono gli strumenti tradizionali del Neo Folk.

Knell è un platter ambizioso, perché i Nucleus Torn escono completamente dalla struttura-canzone e cercano di sviluppare i propri brani in modo complesso ed elaborato: la seconda traccia riassume in modo evidente tutto il bagaglio di esperienze timbriche dei sette svizzeri, che provano a conciliare i loro background musicali in un genere abbastanza vario ma spesso troppo disorganizzato al suo interno.
Esplosioni improvvise di suoni si contrappongono con efficacia alle pause riflessive che costituiscono un tramite naturale tra Neo Folk e Metal, ma spesso le soluzioni adottate dai Nucleus Torn appaiono troppo artificiose e non frutto della fluida spontaneità che contraddistingue molte composizioni del genere.
L’atmosfera spettrale del terzo episodio di Knell stregherà l’ascoltatore con il suo ritmo memore dei migliori Opeth di Blackwater Park, ma su tale ottimo contesto strumentale l’apporto vocale clean è decisamente scarso e privo di gusto; il brano è comunque così lungo (addirittura mezz'ora) da mostrare una varietà assoluta di timbri, tra cui spicca il dolce ed avvolgente tratto acustico già presentato in un'ampia sezione del precedente Nihil.
Certamente i lenti intervalli di chitarra acustica sono gelidi ed evocativi, perché riescono a trasferire immagini invernali offuscate e tetre, ma gli interventi della chitarra distorta spesso rovinano i magici intrecci Neo Folk, anziché garantire una maggior originalità.
Il quarto pezzo dipinge invece un convincente scenario avant-gardistico che rialza le sorti di Knell con il suo pianoforte malato e ricco di dissonanze, a cavallo tra i toni dei Notturni di Chopin e certe reminescenze del panorama Neo Folk più atto alla sperimentazione.

Il secondo capitolo discografico dei Nucleus Torn è un’opera complessa che potrà essere apprezzata solo da chi è parecchio versatile su certi generi di nicchia come il Neo Folk o il Darkwave neoclassico. In tale paesaggio i riferimenti Metal appaiono quindi totalmente fuori luogo, come quasi le voci che sferzano i tessuti onirici e misteriosi delle ultime due tracce.
Un lavoro ad alti e bassi quello del seven-piece svizzero, che dovrà cercare di specificarsi meglio all’interno del panorama Neo Folk, evolvendo ulteriormente il proprio sound sotto l’ottima il supporto della tedesca Prophecy Productions, che da anni raffigura uno dei più validi circoli di formazioni emergenti nel genere.

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