Voto: 
7.3 / 10
Autore: 
Matthias Stepancich
Genere: 
Etichetta: 
Interscope
Anno: 
2007
Line-Up: 

- Trent Reznor - tutti gli strumenti

Guests:
- Atticus Ross - production
- Alan Moulder - mix engineering
- Brian "Big Bass" Gardner - mastering
- Josh Freese - batteria su "Hyperpower!" e "Capital G"
- Saul Williams - seconda voce su "Survivalism" e "Me, I'm Not"
 

Tracklist: 

1. Hyperpower! (1:42)
2. The Beginning of the End (2:47)
3. Survivalism (4:24)
4. The Good Soldier (3:23)
5. Vessel (4:53)
6. Me, I'm Not (4:52)
7. Capital G (3:50)
8. My Violent Heart (4:14)
9. The Warning (3:39)
10. God Given (3:51)
11. Meet Your Master (4:09)
12. The Greater Good (4:52)
13. The Great Destroyer (3:17)
14. Another Version of the Truth (4:09)
15. In This Twilight (3:34)
16. Zero-Sum (6:15)

Nine Inch Nails

Year Zero

Evidentemente conscio di ciò che è stato With Teeth, Reznor decide di scegliere la strada opposta ed evolversi in quella direzione (i tempi di attesa sono stati brevissimi -rispetto alla media delle release reznoriane- perché l'album è nato spontaneamente e fluidamente sul laptop di Trent durante gli ultimi tour). Year Zero è difatti, in poche parole, l'antitesi di With Teeth.

Trent è tornato alla sua passione, il concept album, stavolta descrivendo un futuro prossimo (precisamente gli USA tra 15 anni) soggiogato da una dittatura religiosa di tipo orwelliano, ma il soggetto è tutto un pretesto, un'efficace metafora per parlare del presente (difatti i testi hanno una decisa temperatura politica e sociale, con riferimenti a problemi internazionali attualissimi).
Passando alla musica: il drumming è quasi sempre elettronico (ad eccezione di due tracce, in cui alle pelli c'è nientemeno che Josh Freese), i synth la fanno da padrone in tutti i pezzi, e soprattutto non c'è praticamente nessun compromesso melodico o orecchiabile con l'ascoltatore. La prova di maturità che Trent dimostra con Year Zero è difatti proprio il rifiuto della "canzone" (concetto su cui invece si basava il precedente disco), e soprattutto della "canzone rock". Year Zero è un album di elettronica. Non industrial, non rock, elettronica.
Probabilmente ormai Reznor non toccherà più i vertici di alienazione e analisi introspettiva dei suoi dischi dei 1990s, ma dimostra di avere ancora qualcosa da dire; anzi, dimostra di essere ormai l'unico grande nome a riuscire ad evolvere ed aggiornare la musica (e soprattutto l'immaginario musicale) cyberpunk.

Le tracce di Year Zero fluiscono alla perfezione l'una nell'altra in una sequenza naturalissima (non come accadeva invece in With Teeth), ma non stimolano quasi mai l'ascoltatore con semplici topoi a cui è abituato, semmai lo introducono in un paesaggio per poi cullarlo, straziarlo e ipnotizzarlo, rinunciando a facili esplosioni (tranne in rare eccezioni) o facili chorus melodici; Year Zero non rassicura chi ascolta e non dà quello che molti si aspettano, dà quasi sempre qualcos'altro.
L'elemento davvero incredibile del disco è l'estrema cura delle parti ritmiche, dei synth e del suono in generale; assolutamente progressista, Reznor (coadiuvato da Atticus Ross e Alan Moulder) fa uso delle ultime tecnologie disponibili nel creare una libreria di suoni all'avanguardia, per poi masticarli e utilizzarli in maniere che, c'è da dirlo, non appartengono alla forma mentis di nessun altro musicista sulla piazza. Reznor ancora una volta suona unico e personale, e ancora una volta si dimostra un abile giocoliere/invertitore dei "segni" (riutilizzare un elemento e/o un contesto per esprimere altro, si sentano come esempio i continui droni -un sottofondo metallico che riflette inquietante la totale dipendenza tecnologica della vita di ogni giorno- o le parti in cui sembra che le macchine impazziscano, in delle sorte di violenti assoli).
L'obiettivo principale di Reznor è molto probabilmente riuscire ad aggiornare il sound dei suoi primi lavori al suo stato d'animo attuale (ed ai tempi attuali).

Lungo il corso del lavoro si elevano al di sopra delle altre tracce The Good Soldier (sommessa e strisciante), Me, I'm Not (un inquietante cortocircuito mentale), nonché The Warning (con le chitarre distorte in modi allucinanti), mentre il cuore "orecchiabile" e melodico è rappresentato da Capital G (amara frecciata alla politica americana) e My Violent Heart; si prosegue poi con un netto sguardo a Pretty Hate Machine, rappresentato dal "ballabile" di God Given (Trent vuole riconquistare i dancefloor alternativi?), neutralizzato immediatamente dalla minacciosa Meet Your Master; altro vertice è The Great Destroyer, lacerata tra parti sintetiche assolutamente folli (la coda è strabiliante); ma nel completo "caos organizzato" c'è anche spazio per un'introspezione tramite suoni più delicati (sul modello dei pezzi introspettivi di The Fragile), rappresentata da The Greater Good, Zero-Sum e Another Version of the Truth (tutti e tre dei piccoli gioielli).

Year Zero non è un capolavoro, non ambisce nemmeno ad esserlo, e molto probabilmente verrà disprezzato da chiunque abbia apprezzato With Teeth; ma nel suo pulsare elettronico, a tratti seducente a tratti disturbante, mai estremo ma sempre amaro e rumoristico, è racchiusa la vera anima del Trent Reznor attuale. E la natura profondamente sintetica del lavoro era l'unica che potesse davvero supportare una simile riflessione sul concetto di forma (a livello prettamente musicale) e sull'odiernità (a livello lirico).
 

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