Voto: 
7.8 / 10
Autore: 
Stefano Magrassi
Genere: 
Etichetta: 
Relapse Records/Self
Anno: 
2004
Line-Up: 

- Muhammed Suiçmez - chitarra e voce

- Christian Münzner - chitarra

- Stephan Fimmers - basso

- Hannes Grossmann - batteria



Tracklist: 

1. Stabwound (02:48)

2. The Stillborn One (04:24)

3. Ignominious & Pale (04:01)

4. Diminished To be (04:59)

5. Epitaph (04:15)

6. Only Ash Remains (04:11)

7. Seven (03:42)

8. Symbiotic in Theory (04:36)

Necrophagist

Epitaph

Gruppo nato dalla mente del geniale chitarrista-cantante tedesco Muhammed Suiçmez, i Necrophagist hanno all'attivo solamente due album: il primo, Onset Of Putrefaction, uscito nel 1999 e interamente composto e suonato da Suiçmez con il solo aiuto del bassista Jochen Bitt-mann, era composto di otto tracce di puro Brutal-Death, di ispirazione statunitense (Suffocation in primis) e arricchito da alcuni spunti tecnici. Insomma, nulla di nuovo dal fronte. E difatti la critica fu abbastanza fredda nei loro confronti

Con queste premesse l'ascolto della loro seconda fatica, Epitaph, potrebbe rivelarsi estremamente noioso, ma invece ci aspetta una gustosa sorpresa: infatti Suiçmez ha deciso che la figura di polistrumentista non gli andava molto a genio e, chiamati altri tre musicisti semi-sconosciuti, ha sfornato questo disco allucinante. Perché allucinante? Per la tecnica mostruosa che i quattro tedeschi mostrano di possedere e per le canzoni distanti anni luce da Onset Of Putrefaction. La domanda che ci si pone è: ma da quale cappello sono saltati fuori i nuovi Necrophagist?

Sopra tutti gli altri, si fa notare il bassista Stephan Fimmers, che letteralmente fa parlare il suo strumento, con chiare ispirazioni a gente del calibro di Steve di Giorgio. Non si contano i passaggi di tapping, scale e gli stacchi tecnicissimi. Ovviamente anche il resto della band non è da meno: tempi scomposti e tecnica sopraffina, con la voce estremamente sporca di Suicmez a contornare il tutto. Numerosi, ovviamente, i richiami a gruppi come Atheist e Cynic.
Fin dalla prima traccia, Stabwound, si viene colpiti dalla violenza sonora proposta dai Necrophagist: alcuni spunti più ragionati e leggermente melodici permettono di memorizzare subito la canzone e aiutarci nell'ascolto. Anche la produzione è di altissimo livello, con un suono pulito e un mixaggio quasi perfetto.
Non un secondo di calma e di tranquillità . Si susseguono una dietro l'altra The Stillborn One ed Ignominious And Pale: veloci, velocissime, letteralmente devastanti. Fino ad arrivare alla bellissima Diminished To Be, uno dei pezzi meglio riusciti dell'album e che presenta alcuni riff veramente coinvolgenti e travolgenti. Il blocco centrale dell'opera è senza ombra di dubbio quello meglio riuscito, per potenza e per la perfetta unione di tecnica e fantasia compositiva.
Infatti la title-track Epitaph colpisce allo stomaco come un pugno e ci conduce verso Only Ash Remains, la quale mostra tutta la bravura del bassista, alle prese con un introduzione sparatissima e di grande effetto, ed un finale quanto meno particolare.
Il disco scorre in maniera piacevole e in men che non si dica ci si ritrova alle ultime due tracce, Seven e Symbiotic In Theory: stesso discorso, ovvero tanta tecnica, tanta velocità e tanta potenza.

Ora verrebbe da chiedersi come mai un album del genere non sia riconosciuto come uno dei più geniali della storia della musica. Ed una risposta c'è. Tutti quanti ben sanno che non sono una produzione ineccepibile, un suono potente ed una buona preparazione dei musicisti le caratteristiche fondamentali per trasformare un insieme di note in un'opera d'arte. Il problema che si riscontra da un ascolto più approfondito e superando l'iniziale sbigottimento, è la ripetitività della proposta musicale dei Necrophagist. Non si discutono le doti tecniche dei tedeschi, ma alla lunga ci si assorge del cantato abbastanza piatto di Suiçmez e delle strutture dei riff che si ripetono in continuazione, trasformando un'ottima idea in una fastidiosa ripetizione.

Ovviamente, ciò che di buono questo gruppo ha dimostrato di saper fare rimane e per questo va elogiato. Probabilmente un pizzico di fantasia in più avrebbe potuto rendere questo album un pezzo di storia della musica estrema del nuovo millennio.

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