Voto: 
8.0 / 10
Autore: 
Filippo Morini
Etichetta: 
Infectious
Anno: 
2001
Line-Up: 

- Som Wardner – voce, chitarra
- Carolyn Bannister – basso
- Ravi Kesavaram – batteria
- Seth Taylor – chitarra


Tracklist: 


1. Alpha Waves
2. Always Your Way
3. The Gentle Art Of Chocking
4. Kohlstream
5. Cemented Shoes
6. Grounded
7. C.O.R.
8. Infantile
9. Ode To The Red Queen
10. Tongue Tied
11. Windows And Walls
12. Taprobane
13. Losing Touch
14. Pieces
15. Falling Off The Floor
16. Under The Wheels

My Vitriol

Finelines

Correva il 1999 quando la band britannica My Vitriol si formò nella piovosa e musicalmente fertile Londra, prendendo il loro nome dal libro “Brighton Rock” di Graham Greene (nel quale il protagonista usa una bottiglia contenente del vetriolo per difendersi dai propri nemici) e irrompendo due anni dopo sul mercato discografico “ufficiale” per proporre l’album Finelines, loro primo full-lenght.
La musica dei My Vitriol potrebbe essere definita come un concentrato magmatico e incendiario di chitarre distorte e poderose sulle quali vengono ricamati eterei arpeggi melodici e cristallini, furibonde rasoiate di feedback, ed orecchiabili linee di voce, il tutto sostenuto da un basso semplice e forse troppo legato alla ritmica chitarristica, come è spesso tipico per questo genere di gruppi, e da una batteria compatta ed aggressiva, che si affaccia al nu metal.

Questa descrizione, seppur abbastanza fedele alla loro proposta e soprattutto al nome che si sono scelti, dimentica una serie di particolari distintivi della loro musica che li caratterizzano inequivocabilmente, ponendoli lontano dalla moda rock del tempo. Innanzitutto fanno un grande uso del “rumore” costruendo tappeti sonori evocativi ed oceanici utilizzando i pedali più disparati, come si può sentire dalla prima traccia Alpha Waves, un brano completamente strumentale che raccoglie in un paio di minuti l’essenza sonora di questa band, ma ciò che colpisce immediatamente ascoltando Always Your Way, secondo brano in scaletta, è come la la voce adolescenziale ma convincente del leader Som Wardner sia capace di affilare notevolmente le forme delle canzoni, riuscendo ad intrecciare melodie dolci ed orecchiabili ad una grande aggressività musicale, seppur ( quasi sempre ) inscatolando il tutto nella solita struttura “strofa tranquilla-ritornello distorto”, comunque di garantito successo commerciale. Terza ma non meno importante componente stilistica è il particolare uso della chitarra solista, imbracciata da Seth Taylor.
Il ragazzo suona infatti chitarre dalle accordature indecifrabili utilizzando spessissimo slide e leva per creare dissonanze decisamente originali, senza le quali la musica del gruppo perderebbe molti punti, riducendo notevolmente la propria originalità. Si può avere concreta prova di questo in pezzi come The Gentle Art Of Chocking, caratterizzata da un inizio stridente e di enorme impatto proprio grazie agli slide di Seth, Losing Touch, dotata di un furore hard core che dall’intro martellante al ritornello urlato attraversa strofe di spesso pop rock, e soprattutto in Tongue Tied, composizione interamente strumentale posta nella seconda metà della scaletta, introdotta da un arpeggio riverberato, evocativo e di grande atmosfera, che nel ritornello prende letteralmente fuoco, grazie ad uno slide distortissimo effettuato su due semplici note, il quale ben evidenzia come a volte la capacità di “sapersi contenere” della chitarra solista, vale più di qualsiasi esercizio tecnico eseguito senza ascoltare i compagni.
Il disco prosegue poi rimanendo piacevolmente sintonizzato sulle frequenze delle canzoni appena descritte, intervallando pezzi cantati e ben costruiti a brevi incursioni strumentali della durata di massimo un minuto, talvolta torbide ed intime, altre volte grondanti di feroce post punk.

Come gruppi di riferimento si possono sicuramente citare i My Bloody Valentine, forse loro maggior ispirazione, e senza dubbio molte formazioni alternative rock degli anni ’90 , primi fra tutti, ovviamente, i Nirvana. Infine il mix culturale creato dai singoli membri (due quarti del gruppo sono di origine mediorientale, i restanti effettivamente inglesi) dona sfumature decisamente rare contribuendo ad un approccio al rock non rivoluzionario, ma sicuramente molto personale e riconoscibile ai primi ascolti.
I My Vitriol possono perciò considerarsi soddisfatti del loro primo lavoro, un disco che probabilmente non godrà di successo su scala mondiale, ma che raccoglierà sicuramente generosi consensi, costruendosi una salda base di fans e soprattutto facendo circolare molto il proprio nome, ponendo le giuste condizioni dalle quali partire per scrivere un doveroso ,e magari maggiormente innovativo, seguito di Finelines.

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