Voto: 
7.3 / 10
Autore: 
Corrado Penasso
Genere: 
Etichetta: 
Scarlet Records
Anno: 
2012
Line-Up: 

Mantas - Guitars

Demolition Man - Vocals, Bass 

Antton - Drums 

Tracklist: 

1. Hellspawn  03:58   

2. Metal Messiah  05:15   

3. Waking Up Dead  04:21   

4. Hell To The Holy  08:01   

5. Snake Pit  04:12   

6. All Hail  04:12   

7. Devil  06:16   

8. Shockwave  04:54   

9. The 8th Gate  08:14   

10. M-pire (Prelude)  03:27

Mpire of Evil

Hell to the Holy

Giusto l’anno scorso mi ero occupato dell’EP di debutto degli inglesi Mpire of Evil dal titolo Creatures of the Black. L’esordio di Mantas, Demolition Man e Antton si faceva notare in maniera positiva per due pezzi prodotti con la farina del loro sacco e per alcune rivisitazioni di grandi classici del metal. Il giudizio da me espresso era sì positivo ma specificavo anche che per avere un giusto termine di valutazione avrei dovuto ascoltare qualcosina in più, specialmente qualcosa scritto da loro. Ecco quindi che Hell to the Holy mi viene in soccorso con ben dieci brani nuovi di zecca che ora andremo ad analizzare.

Prima di tutto, dobbiamo precisare che ci sono state novità a livello di line-up seguenti alle registrazioni del disco che videro l’abbandono da parte di Antton. Ad ogni modo, addentrandoci nel disco ci troviamo al cospetto di Hellspawn, traccia che da subito si fa notare per un approccio decisamente thrash metal con riffs taglienti ed una batteria martellante. Il groove è sempre presente nelle sezioni in tempi medi mentre la voce roca di Demolition Man è l’elemento in più in un approccio totalmente vintage ed orecchiabile grazie ad un ritornello presente ed un songwriting semplice, diretto. Dopo quest’inizio veramente arrembante e degno di nota ci pensa Mad Messiah a gettare un’aura oscura su disco grazie ai suoi riffs totalmente devoti ad una forma primordiale di speed metal. Una base di doppia cassa trascina riffs hard-rock sporcati di “black metal” di primissima generazione; non per nulla di tre membri della band sono stati, come sapete, parte dei Venom per lungo tempo. Due ottime tracce per iniziare un disco che continua su tempi medi con la rocciosa Waking Up Dead, veramente ottima ed ispirata con riffs neri come la pece ed un’anima di metal classico a cozzare e produrre un traccia in puro stile “leather and chains”.

Hell to the Holy e la sua inquietante introduzione sono presagio di una traccia che fa dell’atmosfera il suo punto di forza maggiore. I tempi si trascinano al limite del doom con riffs distesi, sporadici arpeggi e la voce profonda di Demolition Man a recitare trame oscure. Snake Pit segna il ritorno di suoni maggiormente veloci e taglienti grazie alla sua struttura snella, diretta ed i suoi riffs impastati. Le linee vocali si fanno più orecchiabili pur rimanendo fedeli allo stile fin ora adottato. La fase solista ancora una volta è completamente azzeccata grazie alla sua impronta più melodica che riporta alla mente uno stile che risente sempre dell’apprendistato di metal classico anni 80 e va a scontrarsi nel senso buono con l’irruenza della sezione ritmica. Il groove delle chitarre, alternato a stacchi acustici di rilievo, in All Hail non prende prigionieri, facendomi sempre più rendere conto, ora come ora, di come gli Mpire of Evil possano far mangiare la polvere ai Venom stessi se si prendono in considerazione i lavori scadenti che Cronos ha pubblicato negli ultimi anni.

Devil e la sua marcia in tempi medi sorregge un groove pazzesco da parte della sei corde di un geniale e fedele Mantas, il quale si destreggia tra vecchi riffs, influenze country e nuove tendenze senza per questo spostarsi da una base old-school evidente. E forse proprio qui risiede la potenza del disco: non ci sono molte innovazioni ma tutto viene dosato alla perfezione e nulla viene lasciato al caso. Shockwave mostra il lato più dinamico della band con riffs velocizzati ed up tempo della batteria a seguire. L’atmosfera risulta essere sempre sporca e paludosa grazie anche ad alcuni rallentamenti a spezzare l’impulsività di una traccia che lascia spazio al doom e all’atmosfera sulfurea di una lunga The 8th Gate prima che M-pire (Prelude) chiuda il disco con arpeggi seguiti da riffs profondi e la voce ancora più estrema di Demolition Man.

In questi casi c’è veramente poco da dire. Gli appassionati di metal anni 80, come il sottoscritto, avranno di che gioire ad ascoltare un disco di tale fattura dopo più di trent’anni di vita del genere. Gli altri storceranno il naso perché qui si parla ancora di borchie e giubbotti in pelle. Non ci sono innovazioni ma c’é passione, non ci sono suoni puliti ma c’è cuore, non c’è la tecnica sopraffina ma al suo posto trovate dedizione e idee ugualmente vincenti. Insomma, gli Mpire of Evil non scherzano e grazie a questo Hell to the Holy si meritano un occhio di riguardo nella scena.  

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