Voto: 
7.5 / 10
Autore: 
Stefano Pentassuglia
Genere: 
Etichetta: 
Urlo Music/Emi
Anno: 
2003
Line-Up: 

- Guillermo Gonzales - vocals
- Mirko Nosari - guitars
- Rudy Zantedeschi - bass
- Marco Piran - drums
- Mauro Zavattieri - percussions

Guests:
- Mark Greenway

Tracklist: 

1. Copy / Paste
2. Freedom Bondage
3. Erase me
4. Senbyôshi
5. Chissoku
6. Disciples of Zardoz
7. Mugon
8. Seldom
9. LessNess
10. DOG!
11. Elucidation

Mothercare

Breathing Instructions

Breathing Instructions: istruzioni per respirare, per non soffocare nella vita di ogni giorno.
Questo l'intento dei veneti Mothercare, una band che si è sempre fatta in quattro per far sentire la propria voce e che non è mai riuscita ad ottenere l'attenzione che avrebbe meritato, nonostante sia in piedi dal '93 e sia riuscita solo dopo ben dieci anni (!) a veder pubblicato il proprio esordio.

"Pain-core" è la definizione che la band dà alla propria musica e, a dispetto di chi non sopporta i modi piú articolati o vaghi per tentare di etichettare un genere, non riuscirei neanche io a definire diversamente la loro proposta, che accoglie a braccia aperte influenze dalle piú disparate nell'ambito del metal piú nichilista e paranoico; si va dalle ritmiche folli degli Slipknot degli esordi alle atmosfere Korniane piú oscure ed opprimenti, dal grind piú oltranzista dei Napalm Death ai riff pompati e granitici di casa Hatebreed, fino ai Sepultura di Roots e ai Machine Head dell'insuperabile Burn My Eyes.

Tutti elementi raccolti sapientemente e dosati con precisione chirurgica per formare un suono di personalissima concezione dove la furia del grind si mescola all'oscurità del nu-metal più psicotico e alienato, per formare un lavoro di totale disillusione, 11 tracce che sembrano essere un rabbioso grido di dolore al mondo e una risposta al bisogno di esorcizzare la propria negatività interiore, dove i quattro sembrano vomitare la propria anima sugli strumenti.

Esempio concreto è Lessness, splendida nel suo complesso, dove il crescendo di un dolore soffocato finisce per affiancarsi all'italiano dell'ugola di Gonzales in un suono denso, ricco di spigolose sensazioni, di confessioni e di rimpianti ("Io da solo ho provato, io da solo ho fallito, sono condannato a vivere nella pece...").
La furia cieca e sofferta di brani quali l'opener Copy/Paste (con la spettacolare partecipazione di Mak 'Barney' Greenway dei Napalm Death, e ditemi voi se questa non è una garanzia) o Chissoku, come l'ironia di fondo che traspare nell'uso del giapponese in Senbyoshi o nella schizofrenica Mugon sono espressione di una personalità fuori dal comune che non può essere ignorata da chi continua imperterrito a snobbare l'underground italiano con la solita convinzione che i gruppi di casa nostra 'non hanno nulla da dire'.
La scena italiana è viva e vegeta ma purtroppo non c'è nessuno che la supporta come meriterebbe, è questa la verità.

Un disco da far ascoltare a chi crede che l'Italia sia solo pizza, sole e mandolini.
 

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