Voto: 
6.8 / 10
Autore: 
Iacopo Fonte
Genere: 
Etichetta: 
Earache Records
Anno: 
2004
Line-Up: 

- Mortiis - voce, cori, tastiere, programmazione
- Levi Gawron - chitarra, basso
- Asmund Sveinungard - chitarra
- Leo Troy - batteria


Tracklist: 

1. Broken Skin
2. Way Too Wicked
3. The Grudge
4. Decadent & Desperate
5. The Worst in Me
6. Gibber
7. Twist the Knife
8. The Loneliest Thing
9. Le Petite Cochon Sordide
10. Asthma

Mortiis

The Grudge

Mortiis è una realtà musicale quanto mai controversa, che ha fatto parecchio discutere. L’artista, che aveva iniziato sulla scia del Count Grishnackh con un ambient molto medievaleggiante e che poi clamorosamente da The Smell of Rain (2001) si era dato alla musica industrial, esce nel 2004 con The Grudge. Un full-length dai molteplici aspetti, improntato a una musica elettronica ancora costellata da risvolti rock. Lo stile del folletto norvegese si lancia quindi ad approfondire il vasto mondo Electro, trovando delle soluzioni sonore decisamente da mainstreaming, che per molti suoi ex fans risultano come una coltellata alle spalle. Mortiis dunque, contestato quanto apprezzato, registra questa opera in Norvegia ai Silvertone Studio di Fredrikstad e con esso da conferma in modo quanto mai evidente al suo nuovo stile.

Con la prima track, Broken Skin, si entra pienamente in atmosfera. L’intro è infatti chiaramente techno e viene corretto poi da drums a creare un andamento più irregolare. Il vocal moortisiano è graffiante, altezzoso, e si consacra bene a un mood che viene duramente scandito in certi punti da un ritmo quasi tribale. Le principali caratteristiche del sound sono proprio queste. L’acidità generale dell’insieme vocal-instruments e un effetto caotico reso efficacemente dalla componente elettronica. Parti confuse e esilaranti dunque, che vengono spesso bruscamente interrotte da momenti più riflessivi, caratterizzati da effetti di keyboard rilassanti.

La figura cardine della band è quanto mai centrale e trascina con il suo carisma ogni track, delineando, grazie alla flessibilità dell’industrial, aspetti sonori che a volte toccano atmosfere più goth, come nell’intro di Way too Wicked, seconda track, brano aggressivo e provocante (“The devili s inside of you”), e che altre volte esprimono soluzioni banalmente commerciali.
Con la terza song si arriva alla title-track, dalla quale francamente ci si potrebbe aspettare qualcosa di più. Le lyrics sono piuttosto monotone, anche per le successive track, e cercano di scuotere l’ascoltatore con piccole svolte sonore di matrice techno, in parallelo a un Mortiis apparentemente instancabile. Decadent & Desperate è un brano di maggior rilevanza, per una linea melodica più convincente. Continuano poi sempre dal punto di vista tematico immagini di falsità, di contorsione della realtà tra solitudine, malvagità, decadenza, espresse da un vocalist urlato e sbiadito.
Gibber e Twist the Knife sono legate liricamente per il fatto che ricorre la frase “Twist the Knife, Watch as it dies”. Musicalmente la prima è molto più evasiva, euforica, mentre la seconda rimane su toni più sognatori, carichi anche di una certa drammaticità. Mortiis sembra infatti in più punti quasi straziato.

Con la parte finale dell’album, si ha anche quella di miglior qualità. Gli ultimi tre brani, The Loneliest Thing, Le Petit Cochon Sordide e Asthma, variano nel complesso dal tono generale dell’album e riescono pertanto a imprimere da sole un miglior giudizio sull’ascoltatore. La prima delle tre, come sottolinea il titolo stesso, è malinconica anche se mai triste. Si snoda su toni pacati, perfettamente integrati con un timbro che riesce qui a tranquillizzare e a creare un’atmosfera familiare. L’effetto evasione viene assicurato da effetti vocali in sottofondo, sfumati, interrotti poi insieme a tutto l’apparato riffing da una batteria ebm molto affascinante. Il ritmo è coinvolgente e trasmette notevole dinamicità. Chiudono poi in modo molto elegante synths con suoni soporiferi e orbitanti. La successiva song si slancia di nuovo su toni elevati, molto aggressivi espressi in modo originale dal vocal (“Can you ever get enough? You Craving fuck can’t you ever get enough?). E’ un sound martellante, soprattutto nel refrain, ed esprime così nel modo migliore lo stile di Mortiis.
Chiude l’album poi una track strumentale vagamente atmosferica, anche se lontana anni luce dal vecchio stile dell’artista. Brano decisamente evanescente che regala un po’ di quiete all’opera e a chi ascolta.

The Grudge è un’opera valida, che non è dotata però, per quanto riguarda il sound, della freschezza che dovrebbe caratterizzare ogni album industrial. Le tracks sono nella prima parte poco varie e rischiano con un ascolto assiduo di non dare sempre la stessa energia che emerge al primo approccio con l’album.

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