Voto: 
7.1 / 10
Autore: 
Gravenimage
Genere: 
Etichetta: 
SPV Records/Audioglobe
Anno: 
2006
Line-Up: 

- Fernando Ribeiro - voce
- Mike Gaspar - batteria
- Pedro Paixão - chitarra, sintetizzatore
- Ricardo Amorim - chitarra
- Waldemar sorychta - basso

Tracklist: 

1. In Memoriam (01:25)
2. Finisterra (04:08)
3. Memento Mori (04:27)
4. Sons of Earth (01:51)
5. Blood Tells (04:08)
6. Upon the Blood of Men (04:55)
7. At the Image of Pain (04:21)
8. Sanguine (05:50)
9. Proliferation (02:39)
10. Once It Was Ours! (04:53)
11. Mare Nostrum (01:56)
12. Luna (04:42)
13. Best Forgotten (06:47)

Moonspell

Memorial

Ci sono band che possono piacere o meno, ma chi ha un minimo di sale in zucca sa che, se sul gusto non si discute, non si discute nemmeno su certi meriti. E i Moonspell di meriti ne hanno più di uno. Basti pensare all’apporto fondamentale dato alla scena Gothic nel ’94 con una semplice canzone, Vampiria, pezzo ormai storico che non manca mai di risuonare nelle casse di un certo tipo di locali, o almeno così sarebbe se il suddetto locale fosse di proprietà di chi scrive.
Ma bisogna fare almeno qualche altra considerazione. La prima riguarda i cambiamenti di stile: ci sono band che cambiano, si buttano su nuovi percorsi sonori, incuranti delle critiche e delle maledizioni degli aficionados amareggiati e traditi e, con coraggio, hanno la consapevolezza di scrivere musica per sé, prima che per gli altri. E già i Moonspell rientrano in questa categoria. Se poi a questo aggiungiamo che i portoghesi, pur inserendovi spesso questo tipo di rischiose sperimentazioni, hanno saputo fare in modo che qualunque prodotto da loro sfornato si riconoscesse, anche al primo ascolto, come inequivocabilmente “moonspelliano” nella personalità, mantenendo in ogni caso un’anima propria, il plauso cresce ancora.
E questo Memorial certo non manca di sottolineare nuovamente la classe di un gruppo capace di cambiare, da bravi lupi quali sono, il pelo ma non il vizio, pur senza eccellere, e stavolta con qualche perplessità.

Va detto subito che quello che colpisce di Memorial è la sua potenza. Furia controllata senza essere gelida, ma tremenda per la razionalità che vi si legge dietro. Gli ascoltatori che hanno amato i suoni a tratti più riflessivi di Darkness And Hope rimarranno perciò delusi, non c’è più spazio per Ghostsong di turno. Memorial non è nemmeno un disco pretenzioso a livello tecnico: vuole essere ben costruito, ma diretto, colpire come un cazzotto, e senza dare tregua, al massimo qualche istante per riprendere fiato, colpire ancora e ancora. Mica per nulla all’inizio, dopo la breve intro In Memoriam, che con la sua oscura maestosità fa già presagire che “qualcosa di malvagio viene da questa parte”, troviamo una serie di brani di una potenza inaudita, furibondi, in cui fanno da padroni i due elementi che, forse più degli altri, rendono aggressivo e danno corpo al cd: la voce di Fernando Ribeiro, ormai all’apice della sua espressività, almeno per quanto consentono gli schemi non elastici in cui muoversi, e la batteria di Mike Gaspar, veramente predominante e regina.
Con Finisterra e Memento Mori, certamente due future armi da sfoderare in sede live, sembra di tornare all’anima più nera dei nostri, proseguendo in realtà il discorso iniziato con The Antidote. Non si tratta sicuramente di un ritorno al passato, almeno non nella prima parte dell’album. Pare strano, ma il ritorno al passato, se c’è, è nella seconda metà del platter, con pezzi che richiamano tantissimo Wolfheart, come Sanguine, in cui Fernando riprende ad esibire le clean voice, accompagnato da una performance tribale di Gaspar, e dalle tastiere, stavolta decisamente più protagoniste, di Pedro Paixao. In Once It Ours il singer riprende addirittura quel parlato “raschiato” che era una delle armi vincenti di Wolfheart. Manca la componente folk presente nei primi lavori, ad eccezione degli intermezzi strumentali di sapore iberico Sons Of Earth e Mare Nostrum, scialbo e ripetitivo il primo, decisamente più convincente il secondo.

Gradita sorpresa è la track Luna, che con il suo ritornello molto orecchiabile e le sue tastiere languide si adegua a registri di Gothic Metal moderno esterni alla band portoghese, con l’inserimento della voce femminile a supporto di Fernando, e addirittura un piccolissimo stacco “operistico”. Si sarebbe pensato di storcere il naso di fronte ad un esperimento così, che poteva fin troppo facilmente cadere nel patetico, ed invece sorprende come i nostri sappiano far emergere anche qui, e in modo incontestabile, la loro firma personale.
Un album davvero piacevole dunque, ma che manca di quella personalità in più, di quel “questa canzone me la ascolto un’altra volta”, che poteva fargli raggiungere l’eccellenza. Si parlava all’inizio del merito. E infatti. La maledizione di avere un merito così grande, di farsi un nome, esige anche di essere all’altezza di quel merito e quel nome. Il buono, anche se inattaccabile nella forma e nei contenuti, non basta più. Si attende un altro capolavoro, l’album a cui dare 90, lo si attende fiduciosi, e intanto ci si intrattiene con Memorial. Ma che sia solo l’antipasto.

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