Voto: 
7.5 / 10
Autore: 
Paolo Bellipanni
Genere: 
Etichetta: 
Temporary Records
Anno: 
2009
Line-Up: 

- Takaakira "Taka" Goto - Chitarre
- Tamaki - Basso, Piano, Harpsichord, Glockenspiel
- Yasunori Takada - Batteria, Timpani, Glockenspiel
- Yoda - Chitarre, Organo
- Guest Orchestra: Violino, Viola, Violoncello, Contrabasso, Flauto.

Tracklist: 

1. Ashes In The Snow
2. Burial At The Sea
3. Silent Fight, Sleeping Dawn
4. Pure as Snow (Trails of the Winter Storm)
5. Follow The Map
6. The Battle To Heaven
7. Everlasting Light

Mono

Hymn to the Immortal Wind

I bei tempi del post rock sono ormai passati, inutile piangerci sopra.
Osservando i mutamenti e le evoluzioni (anche commerciali) del genere, non è difficile rendersi conto che quella vampata di ricerca e di evasione stilistico-concettuale attraverso cui, sin dai suoi primi vagiti novantiani, tale genere sconvolse il rock moderno, si è decisamente spenta, o almeno affievolita. In effetti, dopo le prime pietre miliari, la nuova ondata post rock ci ha regalato più ombre che luci: al di là di gruppi come Godspeed You! Black Emperor, Mogwai, Do Make Say Think e A Silver Mt. Zion (senza dubbio migliori interpreti di tale tendenza) l'intero scenario nato dalle ceneri di Slint e Talk Talk ha infatti faticato nel trovare una sua direzione evolutiva costante e coerente, scadendo fin troppo spesso nel più semplice e rimproverabile'auto-riciclo ed evidenziando una sostanziale non-predisposizione alla trasformazione stilistica. Ma a confermare la regola c'è ovviamente l'eccezione che, nel nostro caso, si chiama Mono, act giapponese formatosi nel 2000 a Tokyo e ormai salito alla ribalta tra le migliori nuove leve del post rock.

La loro discografia parla da sola: quattro album di tutto rispetto pubblicati tra il 2001 (l'ancora acerbo Under The Pipal Tree) e il 2006 (You Are There) e uno split con i Pelican a testimoniare il valore artistico di un gruppo che il post rock non l'ha solo reinterpretato, ma ne ha espresso uno dei suoi ritratti più poetici e commoventi, attraverso forme distese fino all'inverosimile, dilatazioni strumentali senza fine e implacabili crescendo emotivi da far impallidire chiunque. Insomma, una musica che alla più radicale ricerca stilistica preferisce un sound morbido, trasparente e toccante, in ogni caso non privo di momenti più tesi e sperimentali. Hymn To The Immortal Wind, ultimo lavoro del combo giapponese, esce a riconferma di questo e non tradisce le aspettative: ciò che ci si ritrova in mano è un'ora abbondante di onirica riflessione emotiva, ovviamente resa attraverso suite lunghissime e lente impennate strumentali.
Ripercorrendo lo stile e le strutture messe in mostra nei precedenti full-lenght, i Mono non cambiano stilisticamente l'approccio al materiale sonoro, ma ne tirano fuori un travolgente kolossal per cuori fragili, pensato con la solita maestria e monumentalmente arrangiato (l'orchestra impegnata nel disco conta quasi trenta elementi).

Perchè nonostante lo stile non sia quello di un gruppo ciecamente votato all'originalità e alla ricerca, Hymn To The Immortal Wind è un disco che si dimostra, in maniera spesso commovente, capace di scavare nelle più recondite profondità dell'emozione umana; ad alimentare la tempesta melodica del disco ci pensa inoltre un senso 'classical' perfettamente gestito, individuabile principalmente nelle equilibrate orchestrazioni di archi e fiati che si susseguono per tutta la durata del disco, oltre che nelle lunghe suite a cui la band giapponese ci ha abituato ormai da anni.
Attraverso un mood drammatico e di stampo romantico (a tratti quasi riemergono le reminiscenze sentimentali di Island dei King Crimson), l'inno dei Mono piomba giù con estrema raffinatezza ma anche con l'impeto di un fiume in piena; The Battle To Heaven e la splendida opener Ashes In The Snow, riprendendo alla lettera il crescendo atmosferico tanto caro a tutto l'ultimo post rock, mostrano e riassumono il fascino di cui l'intero disco è permeato mediante una toccante indole malinconica, ora più soave ora più trascinante, da cui traspare l'incredibile capacità evocativa che ogni nota porta con sè.
Si tratta effettivamente dei due brani migliori del lotto, ma i Mono non faticano a tirare fuori dal cappello altri piccoli gioielli, come Pure as Snow (Trails of the Winter Storm), sognante ed eterea, o Silent Flight, Sleeping Dawn, in cui il fervore romantico assume la sua forma più classica e ambientale (è un brano per sola orchestra) non scadendo comunque per qualità e intrinseca bellezza. Senza badare a variazioni e cambi di rotta Hymn prosegue il suo canto in maniera imperturbabile, risultando però abbastanza noioso in alcune sue fasi (l'inutile e sdolcinata Follow The Map), soprattutto laddove sarebbe stata necessaria una sterzata atmosferica (il fin troppo pomposo finale di Everlasting Light) o almeno un cambio di registro timbrico, stilistico e melodico.

In fondo è questo, e solo questo, il motivo per cui si può recriminare nei confronti di un disco che per il resto risulta essere emozionante e travolgente ad ogni suo rintocco, in quanto capace di arricchire le forme del precedente (e comunque migliore) You Are There attraverso un mood dannatamente romantico, toccante e per certi versi epico. Hymn To The Immortal Wind è la colonna sonora per i sogni più nascosti ed inesprimibili, è un vecchio giradischi che narra fiabe splendide trasportando mente e corpo in una triste fantasia autunnale: un'esperienza che va in ogni caso intrapresa, al fine di non perdersi un così suggestivo immaginario musicale capace di commuovere con l'immediatezza di un fanciullo e di sbalordire grazie al talento dei grandi musicisti. Quelli veri.


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