Voto: 
9.0 / 10
Autore: 
Paolo Bellipanni
Genere: 
Etichetta: 
Matador Records
Anno: 
1997
Line-Up: 

- Stuart Braithwaite - Voce, Chitarra
- Dominic Aitchinson - Basso
- Martin Bulloch - Batteria
- John Cummings - Chitarra
- Brendan O'Hare - Pianoforte, Chitarra
Guests:
- Aidan Moffat, Mari Myren, Barry Burns - Voce, Monologhi
- Shona Brown - Flauto in "Mogwai Fear Satan"

Tracklist: 

1. Yes! I am A Long Way From Home
2. Like Herod
3. Katrien
4. Radar Maker
5. Tracy
6. Summer (Priority Version)
7. With Portfolio
8. R U Still In 2 It
9. A Cheery Wave From Stranded Youngsters
10. Mogwai Fear Satan

Mogwai

Young Team

I Mogwai sono il post-rock. Inutile avere dubbi a riguardo.
Alunni indisciplinati del noise e allo stesso tempo figli del rock svuotato e minimale degli Slint, gli scozzesi rappresentano il punto di partenza di quel processo sperimentale d'evoluzione stilistica sfociata alle soglie del 2000 nella grande esplosione del post-rock. Prima del cambio di millennio, infatti, tale definizione non godeva ancora di alcun significato ben preciso, raccogliendo tra le sue fila miriadi di complessi tra loro estremamente differenti. Poi, nel 1997, avviene un piccolo terremoto, prende vita una scossa sotterranea che da quel momento in poi continuerà a far tremare la terra nella sua inesauribile forza creatrice. Perchè se da una parte è vero che le basi del post-rock affondano nelle geniali intuizioni di Slint, Codeine e Talk Talk, dall'altra è palese che i più grandi sviluppi del genere - come lo si intende adesso - derivano essenzialmente dalle invenzioni di un allora sconosciuto gruppo scozzese e dal loro primo album, prodotto per l'appunto in quel lontano 1997.

Young Team è, senza mezzi termini, il disco post-rock per eccellenza, la pietra miliare che ne svela i significati intrinsechi e che ne esprime universalmente canoni, atmosfere, forme e contenuti. Per non parlare dell'influenza che tale disco ha avuto ed ha tutt'ora sulle sperimentazioni rock indipendenti di tutto il mondo; centro nevralgico in cui il minimalismo strumentale degli Slint si incontra con il vigore atmosferico di certo noise-shoegaze e con un piglio malinconico quasi cantautorale, Young Team sfonda completamente le barriere della popular music moderna, fissandosi in una dimensione musicale nuova e sconosciuta, oltre che contemporaneamente legata tanto all'indie rock underground quanto alla sperimentazione colta.
L'arte dei Mogwai è un elogio della tristezza narrato attraverso le voci di una musica unica, le sue espressioni più crude e ostiche ma al contempo estremamente toccanti: non solo Young Team ma tutta la carriera discografica del gruppo scozzese si esprime infatti in questo perenne contrasto di tenui malinconie e urticanti esplosioni noise.

Lenti crescendo di atmosfere e melodie (l'opener Yes, I'm a Long Way From Home), continui passaggi tra quiete e distruttive elevazioni strumentali (il capolavoro noise Like Herod): queste formule, ormai assorbite in maniera universale dalla maggior parte dei complessi post-rock (dai più elettronici 65daysofstatic fino a Mono, Explosions In The Sky, Red Sparowes et similia) trovano in Young Team la loro prima completa espressione, il loro vero paradigma tematico, alimentato da un inesauribile impeto melodico in cui il noise viene ripulito e atmosfericizzato e in cui la matrice post-rock d'impronta slintiana viene splendidamente arricchita nei fraseggi strumentali e nelle struggenti trame melodiche.

Young Team concentra tutto questo in una strepitosa ora di sperimentazione e di emozioni impossibili da descrivere: nonostante la (a volte ostica ma sempre fascinosa) ricerca stilistica risulti piuttosto evidente, il disco è un susseguirsi continuo di melodie struggenti e atmosfere provenienti da un'altra dimensione, ritratta e narrata attraverso una serie di intuizioni e di evoluzioni strumentali d'incalcolabile spessore. I toni cupi e trascinanti di Katrien e Summer (Priority Version), il più sognante mood dell'esperimento ambientale Tracy, o ancora la commovente ballata post-rock R U Still In 2 It sono esempi lampanti di una proposta musicale ricercata ma al contempo estremamente attenta alle emozioni, emozioni che di fatto vengono racchiuse in morbidi involucri di suoni spezzati, melodie deturpate e arrangiamenti minimalisti (il lento pianoforte di Radar Maker e lo sraziante finale noise di With Portfolio) che si frantumano in pura poesia non appena entrano in contatto col cuore di chi ascolta. Young Team travolge senza tregua ad ogni suo più piccolo movimento, rendendo sempre più evidenti le qualità che lo hanno reso un gioiello senza tempo: l'intenso gusto melodico, l'emblematica sperimentazione strumentale di cui ogni singolo brano è pervaso, la capacità di trascinare e commuovere con una facilità semplicemente disarmante. Fino a che non si arriva a quell'imparagonabile capolavoro che porta il nome di Mogwai Fear Satan, simbolo assoluto e testamento spirituale della band di Glasgow: attraverso i soliti crescendo e i continui contrasti atmosferici, il brano conclusivo del disco mette in vetrina tutte le sue migliori qualità, commuovendo, trascinando, trasportandoci in uno stato onirico dai poteri devastanti. Malinconia, esplosioni elettriche, ritmiche veloci e improvvise pause meditative: Mogwai Fear Satan, anche e soprattutto nei suoi chiari riferimenti progressive (struttura da suite con i suoi 16 minuti, incastro tra le singole parti tipicamente settantiano nelle sue variazioni su tema, snodature strumentali quasi 'sinfoniche'), è l'emblema dello stile mogwaiano e del post-rock stesso, un gioiello di indefinibile bellezza che, per impostazione formale e ricerca melodica, ha letteralmente dato il via ad un nuovo modo d'intendere il rock inteso come vero e proprio compito di elevazione artistica.

Capolavoro senza eguali nella storia del genere e della musica popolare tutta, Young Team rimane una delle espressioni più affascinanti del rock moderno sperimentale, tanto per la sua incalcolabile portata innovativa e seminale quanto nella sua perfezione estetica. Struggente ritratto di un'epoca e dei suoi fermenti/contrasti artistici (gli anni '90 frantumati tra le avanzate del music business e i lamenti di un sottobosco musicale sempre più elitario e autoreferenziale), la pietra miliare dei Mogwai è una luce la cui forza vitale risulta tutt'ora dannatamente esplosiva, inestinta, immortale.

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