Voto: 
8.0 / 10
Autore: 
Riccardo Carcano Casali
Genere: 
Etichetta: 
Sony
Anno: 
2003
Line-Up: 

- Jonas Bjerre - Voce, chitarra
- Bo Madsen - Chitarra
- Silas Utke Graae Jørgensen - Batteria
- Johan Wohlert - Basso

Tracklist: 


1. Am I Wry? No – 4:54
2. 156 – 4:55
3. Snow Brigade – 4:22
4. Symmetry – 5:39
5. Behind the Drapes – 3:40
6. Her Voice Is Beyond Her Years – 2:48
7. Eight Flew Over, One Was Destroyed – 4:48
8. She Came Home for Christmas – 3:55
9. She Spider – 4:44
10. Comforting Sounds – 8:58

Mew

Frengers

Indie rock è un’etichetta forse un po’ abusata e fumosa, ma ha il pregio di indicare, più che un modo di fare musica, l’atteggiamento mentale, l’approccio estetico e un generico feeling sonoro che hanno caratterizzato un’intera generazione dell’alternative, spingendola a tenere in salute l’eredità spirituale del rock – quello vero- nel corso degli ultimi dieci anni.
Che si tratti di post punk alla Interpol, garage rock alla The Strokes o delle invenzioni degli Arcade Fire, le band che hanno portato l’indie ai fasti attuali del mainstream hanno tutte in comune almeno tre cose: un sostrato musicale comune a cui fare riferimento (i due decenni precedenti), un look preciso (o  volutamente impreciso, anche questo conta) e un approccio, almeno nelle intenzioni, underground e “contro”.

Nel boom indie di inizio millennio sono esplosi anche i danesi Mew, che nel 2003 pubblicavano il loro terzo album, Frengers. Il neologismo che dà il nome all’album è spiegato nel booklet come "not quite a friend but not quite a stranger", ed è curioso che, se fino a quel momento i Mew erano effettivamente stati degli stranieri conosciuti da un pubblico ristretto, da lì in poi il successo li avrebbe portati ad essere un riferimento per la scena rock indipendente.

Uno dei punti forti di Frengers è la riproposizione, spesso rivisitata, di alcune tracce già apparse sui precedenti A Triumph for Man e Half the World is Watching Me, dovuta al nuovo contratto con la Sony, che non si è fatta sfuggire l’occasione per lanciare una band dal sicuro futuro sfruttando quanto di buono avevano già prodotto. La maggiore visibilità di una grande dell’industria discografica rappresenterà una rampa di lancio privilegiata per i danesi, come già è accaduto, e accadrà, a molte altre band dopo la gavetta.

La opener Am I Wry No dà immediato risalto alle armi più efficaci del combo danese: la capacità di unire basi ritmiche incisive su dolcissimi ed evocativi innesti melodici di tastiera -in uno stile mutuato da alcuni acts shoegaze- e l’apporto dell’eccezionale timbro androgino da bambino saggio del frontman Jonas Bierre regalano ai brani un’essenza fantasiosa e sognante che è il vero marchio di fabbrica Mew. Questi elementi sono composti con creatività nel songwriting, in cambi di tempo e melodia che senza rendere meno diretto l’ascolto, ne aumentano la profondità.
In 156, un vero manifesto di quello che è lo stile Mew, queste caratteristiche sono ancora più evidenti, grazie alla riuscita fusione delle strofe melodicissime e del ritornello catchy, interpretati da Jonas con trasporto. Il sound dei Mew si appoggia alla facilità d’ascolto del britpop nordico d’autore, ma lo elabora con la vivacità del rock e la sensibilità dello shoegaze per raggiungere una raffinatezza superiore.
Nel resto dell’album si susseguono atmosfere sognanti e rarefatte, che si condensano nel morbido duetto con la quattordicenne Becky Jarrett in Symmetry e nella soave She Came Home For Chrismas, senza risparmiare momenti in cui prevalgono riffate solari e ritmiche più decise, come in Behind The Drapes, arricchita dalla splendida tastiera in apertura.
Il sound dei Mew sembra il sogno invernale di un bambino, illuminato da un sole sfavillante e coperto da una pacifica coltre di neve. Non senza una vena di malinconia, di una solitudine che non lascia scampo (“why are we so alone even with company”, si domanda il gruppo in Behind the Drapes).
A superba chiusura Frengers presenta una vera perla, Comforting Sounds, che con i suoi otto minuti di disarmante crescendo melodico, dapprima sommesso e intimo come l’accordo iniziale, poi arricchito da inserti sinfonici e da sovrapposizioni sonore di chitarre e tastiere che conducono al glorioso climax, rivela la maturità artistica già raggiunta dai Mew.

I fasti del successivo e più sofisticato And the Glass Handed Kites non faranno che confermare l’entrata dei Mew nel gotha dell’indie rock più elaborato, ma Frengers rimane un album seminale, un classico accessibile a tutte le orecchie, non solo a quelle più educate.


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